Massimo Polidoro, giornalista e divulgatore, è uno fra i membri fondatori del CICAP

Le bufale esistono da sempre

Intervista – Massimo Polidoro ci parla dei meccanismi psicologici che stanno dietro alle fake news
/ 23.04.2018
di Laura Di Corcia

Le fake news esistono da sempre, ma negli ultimi anni, soprattutto attraverso i social media, sono diventate uno strumento molto efficace per alterare la percezione della realtà della popolazione. Per diventare cittadini e cittadine consapevoli è necessario aguzzare le antenne, in modo da schermarsi rispetto alle manipolazioni del potere senza però cadere nella fin troppo semplicistica trappola del complottismo. In occasione di «Communico 2018», la giornata dedicata alla comunicazione e organizzata da Syndicom (sabato 28 aprile alle 15, Aula Magna della Supsi di Trevano) il giornalista del «Corriere del Ticino» Carlo Silini dialogherà con uno dei più grandi esperti sul tema, Massimo Polidoro, psicologo, giornalista e divulgatore, uno fra i membri fondatori del CICAP (modera il dibattito la giornalista RSI Isabella Visetti). Lo abbiamo raggiunto per capire quali sono i meccanismi psicologici che ci portano ad accogliere alcune informazioni come buone.

Massimo Polidoro, si parla tanto di fake news in questo periodo, che però non sono un’invenzione di questi anni e al contrario fanno parte della storia dell’umanità. Qual è una delle più antiche bufale?
In effetti le fantasie e le falsità sono qualcosa che ci accompagna da sempre. Una delle più antiche probabilmente risale all’epoca di Nerone, in relazione all’incendio che aveva devastato Roma e in seguito al quale l’Imperatore si è costruito la sua splendida Domus Aurea. Ebbene, era circolata la voce che fosse stato proprio Nerone ad appiccarlo per liberare i terreni. A tutt’oggi non è chiaro chi sia stato l’autore dell’incendio: quello che è assolutamente chiaro è che gli diede fastidio essere tacciato di tale colpa e per questo intervenne inventando una falsa notizia, secondo la quale l’artefice del misfatto sarebbe stata da rintracciare in una setta non particolarmente gradita ai Romani, i Cristiani. Questa notizia falsa diede avvio alla prima persecuzione nei loro confronti. Ma nel corso della storia di fake news ce ne sono state tante: un altro falso colossale è la donazione di Costantino, in base alla quale l’imperatore avrebbe regalato tutti i beni dell’Impero alla Chiesa. 

Nel corso dei secoli le fake news hanno cambiato faccia? Sono diventate più o meno politiche, più o meno ideologiche?
Indubbiamente le fake news di tipo politico continuano a vivere, come strumento per manipolare la democrazia: basti pensare alla campagna elettorale americana o alla Brexit. Qualunque evento politico è accompagnato da false notizie, da esagerazioni, da vere e proprie calunnie a volte, da cui è difficile difendersi. Ma recentemente si sono aggiunte altre falsità, che riguardano più da vicino la vita quotidiana delle persone. Per esempio le bufale sui vaccini, gli allarmismi creati sul nulla, come per esempio le scie chimiche o i chip sottopelle – tutto campato per aria, naturalmente.

A queste «bugie colossali» siamo esposti tutti allo stesso modo o ci sono persone maggiormente sensibili? In altre parole, esiste il prototipo del credulone?
In generale direi che tutti quanti cerchiamo una conferma alle nostre convinzioni, alle nostre credenze, ai nostri pregiudizi. Prendiamo per buono tutto ciò che convalida la nostra visione del mondo, senza interrogarci sulle fonti e sulla veridicità dell’informazione. Il tranello c’è anche all’opposto: quando troviamo una notizia che decostruisce le nostre certezze, la bolliamo subito come falsa e la rubrichiamo sotto l’etichetta fake news.

Spesso le tesi proposte dall’area complottista sono frutto dell’immaginazione, ma bisogna anche dire che i meccanismi dell’economia e della politica non sono candidi come gigli. Non è che a volte le fake news si avvicinano pericolosamente alla verità?
Mi viene in mente tutta la vicenda del Watergate, dove il sospetto che ci fosse sotto qualcosa di losco era molto forte. Alla fine, nonostante queste voci fossero state bollate come false, si scoprì che era tutto vero a tal punto che il Presidente Nixon fu costretto a rassegnare le dimissioni. Questa è la prova che quando le imposture e i complotti raggiungono certi livelli, è difficile mantenere il silenzio assoluto. Chi crede che l’uomo non sia mai stato sulla Luna, evidentemente ritiene possibile mantenere segreti che coinvolgono centinaia di migliaia di persone. Invece io credo proprio che sia impossibile che un piccolo gruppo di persone abbia il controllo di tutto e riesca a custodire segreti enormi. Per quanto mi renda conto che questa versione possa essere rassicurante: l’idea che tutto sia in balia del caso e che possa succedere qualsiasi cosa da un momento all’altro mette inquietudine e ansia.

Come si fa a distinguere una fake news?
Bisogna prendere l’abitudine ad analizzare e confrontare le fonti. Sul web ci sono degli elementi che dovrebbero saltare all’occhio: i titoli strillati, tutti in maiuscolo, le solite frasi del tipo «Nessuno dice nulla». Tutti campanelli d’allarme.

Credo che alla base di questa facilità nel bersi notizie false e spesso strampalate vi sia anche una sfiducia nei confronti dei media tradizionali. Secondo lei il mondo del giornalismo sta facendo qualcosa per recuperare il terreno perso?
Si sentono tantissimi discorsi sulla necessità di riportare il rigore nei media tradizionali, ma mi cascano le braccia quando si verificano fatti come quello accaduto l’altro giorno, quando sulla pagina online del «Corriere della Sera» è apparso un articolo dedicato alle «respiriane», due ragazze vicino a Torino che sostengono di vivere di sola aria. Non appena si è fatto notare che si trattava di una bufala, il «Corriere» ha tolto la pagina, senza aggiungere nulla. Non è che in questo modo la fiducia degli utenti aumenti, ecco.

È giunto il momento della confessione: lei una fake news se l’è mai bevuta?
Ma certamente. Quando ero ragazzino ero rimasto molto colpito e mi aveva affascinato una bufala clamorosa, ma anche molto divertente, secondo la quale Paul McCartney era morto ed era stato sostituito da un sosia. Siccome ero e sono ancora un grande fan dei Beatles, ho cercato prove nelle canzoni, come suggerito. Col tempo mi sono reso conto che si trattava di una falsità enorme. Ma ho potuto esperire una cosa importante per capire il fenomeno delle fake news: quando uno cerca indizi a sostegno di una tesi, li trova.