Il 24 maggio letture per tutti

Leggere ad alta voce è uno dei modi più semplici ed efficaci per educare alla lettura e avvicinare i più giovani a quel mondo di storie delle quali, come dice nell’intervista qui a fianco Alice Bigli, noi esseri umani abbiamo un connaturato bisogno. Inoltre, molti studi confermano che la lettura ad alta voce rappresenta un fattore sostanziale per lo sviluppo cognitivo dei bambini e ha molteplici effetti positivi. Per questi motivi da alcuni anni l’Istituto svizzero media e ragazzi ISMR propone su tutto il territorio nazionale la Giornata svizzera della lettura ad alta voce durante la quale si svolgono eventi di lettura ad alta voce organizzati da biblioteche, musei, editori o librerie, ma anche da privati, scuole, asili, associazioni, singole famiglie. Quest’anno gli organizzatori puntano a coinvolgere maggiormente il pubblico maschile. Per i bambini è infatti importante poter sperimentare varie forme di lettura proposte da differenti figure di riferimento. L’invito è dunque rivolto a zii, padri, fratelli e nonni perché «leggendo storie si contribuisce in prima persona a diffondere il piacere per questa attività». Come ogni anno, inoltre, anche per questa edizione molte personalità pubbliche si impegnano al fianco dell’ISMR mettendosi a disposizione per letture ad alta voce. Una mappa generale degli eventi pubblici di lettura può essere consultata sul sito www.giornatadellalettura.ch / Red.


Insegnare la passione per i libri

Intervista – Alice Bigli è un’«allenatrice di lettura». In un testo appena pubblicato, offre consigli e spunti per avvicinare i più piccoli alle pagine scritte
/ 22.05.2023
di Stefania Prandi

«Ma perché leggi così tanto?» si sente spesso chiedere Alice Bigli durante i suoi incontri con i ragazzi e le ragazze. Alice è un’«allenatrice di lettura». Fin da bambina si perdeva, per ore, nelle pagine dei romanzi. Diventata adulta ha deciso di trasformare la sua passione in un lavoro. Da vent’anni si occupa di formazione e aggiornamento di insegnanti, librai, bibliotecari e genitori sui temi dell’educazione alla lettura e della letteratura per bambini e adolescenti. Ha appena pubblicato un libro intitolato Leggere piano, forte, fortissimo. Come allenare alla lettura (Mondadori). Una guida per grandi e piccoli, con riflessioni, suggerimenti pratici, consigli e spunti per coinvolgere anche i più restii.

Alice Bigli, lei inizia il suo libro dichiarando che leggere è faticoso. Perché è importante ricordarlo?
Anni fa è entrata in voga l’idea che leggere sia soprattutto un piacere. Un modo di pensare che viene, forse, da un’enfasi eccessiva data alle parole del romanziere Daniel Pennac contenute in Come un romanzo. Secondo me, il piacere di leggere è un obiettivo, e non sempre può essere il punto di partenza. Se abbiamo di fronte un ragazzino a cui non piacciono i libri, non possiamo credere che ci sia qualcosa di sbagliato in lui e che non ci sia speranza. E non possiamo nemmeno sperare che basti raccontargli tutta la nostra passione per i libri per permettergli di diventare un amante della lettura. La fatica che si fa per imparare a leggere da piccoli resta presente nel corso della vita. Come spiegano i neuroscienziati, leggere è un processo molto impegnativo per il nostro cervello e richiede allenamento. Penso alla scienziata Maryanne Wolf che tutti i giorni dedica un’ora alla lettura di testi difficili, proprio per tenersi in esercizio.

Quindi l’amore per la lettura non si attiva con un «clic»?
Non credo all’idea del «clic» perché alimenta una visione estemporanea. Può succedere che un bambino o una bambina si appassionino a un libro, ma una volta finito non sentano alcuna esigenza di cercarne un altro. Diventare lettori è un percorso. Ci sono momenti in cui leggiamo con fatica, anche lo stesso libro, dipende magari dalle pagine o dai capitoli. Io credo che una metafora utile sia quella del fiammifero. Se non incendiamo un legnetto e poi la legna nel camino, il fiammifero si spegne.

Basta avere molti libri in casa per stimolare nei propri figli l’interesse alla lettura?
Sicuramente è una condizione che facilita lo stimolo alla lettura, eppure non è sufficiente. Serve, infatti, comunque un percorso, soprattutto al giorno d’oggi. Gli esseri umani hanno bisogno di storie, è una necessità connaturata. Ricordiamoci, però, che leggere è solo uno dei tanti modi in cui trovarle. Ce ne sono molti altri, dalle serie tv, ai film, ai racconti orali. Siamo nati per le storie, non per leggere.

Rispetto alla lettura, qual è il futuro dei bambini e delle bambine che vivono in case senza libri?
Per loro, ma anche per gli altri, la scuola ha un ruolo fondamentale. La scuola permette un accesso democratico alla lettura, ha una grandissima responsabilità in questo senso. E per educare alla lettura serve uno sguardo sistematico, come racconto nel mio libro: non esistono ricette veloci, non si può banalizzare. Occorrono diversi passaggi, fin dall’infanzia. La lettura ad alta voce, ad esempio, è uno di questi. Poi c’è la routine di lettura, che si può instaurare in casa e in classe. La scuola deve fare sia proposte di qualità, in grado di incoraggiare l’interesse dei più giovani, sia proposte individualizzate. Infatti, gli studenti hanno gusti, competenze e capacità di lettura diverse gli uni dagli altri. I classici sono un patrimonio da non perdere, non dobbiamo toglierli, ma va tenuto in conto che necessitano di un allenamento preliminare anche perché non sono tutti uguali e in certi casi hanno strutture particolarmente complesse. La scuola deve anche essere aperta al contemporaneo: le studentesse e gli studenti hanno il diritto di godere da subito della produzione letteraria di qualità del loro tempo. Purtroppo, però, a volte, non viene proposta a sufficienza perché non è abbastanza conosciuta dagli adulti. E invece suggerire libri appena usciti deve rientrare tra i compiti degli educatori.

Come si educa alla lettura?
Non è possibile rispondere a questa domanda in poche righe, in modo esauriente. Educare alla lettura è un processo lento e sistematico, nel quale sono coinvolti diversi attori, come la scuola, la famiglia, le biblioteche e le librerie. Soprattutto, secondo me, i tre elementi fondamentali sono: intenzionalità; progettualità; lungo termine. Sono gli stessi fondamenti insiti nel concetto di educazione. Non possiamo prescindere da un percorso a lungo termine e imporre ai ragazzi e alle ragazze di leggere. L’imperativo «leggi» si può usare, ma quando si è creata una quotidianità che dovrebbe riguardare la famiglia e anche la scuola, nella quale ci dovrebbero essere dei momenti per le letture libere.

Esiste un talento per la lettura?
Sì, questo è un aspetto da tenere sempre presente. Ci dobbiamo prendere cura di tutti e quindi anche degli studenti con un talento per la lettura, quelli con una particolare predisposizione, con una capacità di attenzione e abilità a entrare nei testi, estraendone i significati. Educare significa sostenere chi fa fatica, ma anche valorizzare chi è competente. Bisogna sapere dire: «Sei bravo a leggere».

Secondo lei, in futuro, ci sarà ancora posto per la lettura dei libri?
Posso soltanto augurarmi di sì, anche se non ho la sfera di cristallo. Sicuramente dobbiamo fare in modo che la lettura resti importante perché il contrario sarebbe una perdita incolmabile. Non ho mai creduto agli scenari catastrofici, ma certamente non possiamo dare nulla per scontato. I neuroscienziati ci hanno spiegato che leggere è un’attività complessa. Pur non essendo nato per farlo, il nostro cervello si è adattato incredibilmente bene a decifrare i testi scritti, con performance che possono farci sentire dei veri e propri campioni. La lettura è una sorta di miracolo.