Il virus accelera

Covid-19 - Salute psicofisica dei bambini e della società sotto la lente
/ 26.10.2020
di Maria Grazia Buletti

A Zurigo, il 19 settembre scorso, circa 500 persone hanno protestato contro la «bugia del coronavirus» senza indossare, per principio, una mascherina, condizione invece imposta per autorizzare l’evento. La scorsa settimana, a Praga in migliaia hanno manifestato contro le restrizioni della Repubblica Ceca, che peraltro ha il più alto tasso di contagio in Europa. Malgrado la tendenza al rialzo dei contagi, molti oggi reagiscono con rabbia e malessere: chi ribellandosi alle autorità, chi negando, talvolta, le evidenze scientifiche sulla pandemia, chi prendendo sottogamba le indicazioni, fra ansiosi, depressi, tendenze suicidali e persone fuori controllo.

«Psicologicamente, questa situazione di allerta sta creando una controreazione, quasi un rifiuto di ciò che succede: in effetti, più a lungo durano allarme e allerta e più sarà complicato gestire l’irritabilità dilagante e lo stato psicologico interiore», dice lo psichiatra e psicoterapeuta Michele Mattia che conferma la stanchezza di chi riesce sempre meno a seguire le indicazioni delle autorità, portando poi l’attenzione pure su chi manifesta conseguenze ben più gravi come depressione, tendenze suicidali e quant’altro: «Anche perché complottisti e negazionisti cominciano a rafforzarsi; mentre alcune personalità politiche di altri paesi deformano la vera portata dei fatti inerenti il virus, alimentando la confusione e le difficoltà delle persone già dubbiose. Così si causa inquietudine, difficoltà a seguire le linee guida e quant’altro. Oggi ci rendiamo conto della mancanza di quell’unità che aveva contraddistinto il lockdown e viviamo una disunità corrispondente sì alla democrazia e al pluralismo, ma che psicologicamente disgrega e può andare ad alimentare le fragilità delle persone».

Molto preoccupata per l’aumento repentino di casi positivi al coronavirus dei suoi piccoli pazienti (che rispecchiano la curva in ascesa dei dati nazionali) la pediatra ticinese Patrizia Tessiatore esorta alla responsabilità individuale: «Sul sito UFSP (Ufficio federale della sanità pubblica) troviamo, suddivisi per sesso ed età, il numero di casi positivi dall’inizio della pandemia fino a oggi: si osserva un netto aumento di quelli nella fascia pediatrica, in modo preoccupante dall’inizio di ottobre. Ad esempio, dal primo ottobre a oggi, in Ticino, il 14 ottobre la media dei positivi, da 0 a 9 anni, è di 3 nuovi casi al giorno; tra 10 e 19 anni, ne abbiamo 12, quando prima non c’erano dati così alti. Pur considerando le fluttuazioni, il numero di tamponi e il contact tracing, non possiamo negare la tendenza in aumento anche nei bambini e nei giovani. Anche il nostro servizio di sentinella pediatrica ticinese (tutti i pediatri del territorio possono inviare in forma anonima le schede relative ai loro casi positivi) rispecchia questa propensione».

La pediatra è in allerta più che per il decorso della malattia nei bambini, per l’impennata del numero di casi positivi (che denota un allentamento delle regole di protezione da parte degli adulti) e delle relative ripercussioni sulla loro salute psicofisica: «Non cediamo all’allarmismo, ma è necessario aumentare il nostro livello di responsabilità personale: adesso ciascuno, per il proprio ruolo, deve fare il meglio per dare il proprio contributo e, di riflesso, proteggere l’equilibrio psicofisico di quelle fasce più vulnerabili tra le quali i nostri bambini».

Se arrivasse una nuova chiusura, dice, ai bambini e ai giovani verrebbero nuovamente tolti «elementi essenziali di crescita come la scuola e lo sport, il loro benessere psicofisico potrebbe vacillare». Ora la stanchezza generale pare alleggerire le energie da investire nella protezione dei singoli e della collettività. Perciò la dottoressa Tessiatore si rivolge direttamente ai bambini: «Siate di stimolo per farci riflettere sulle rinunce che possiamo mettere in atto per il vostro benessere, non per il Covid, ma per le conseguenze psicologiche che un aggravamento della pandemia comporterebbe anche per voi ragazzi».

Secondo lei, i bambini ci possono dare la «risposta» alle difficoltà che il coronavirus ci sta imponendo: «Se li sappiamo osservare e ascoltare, loro ci parlano e ci chiedono di riscoprire il valore delle piccole rinunce e del tempo in famiglia. Oggi li vediamo andare nuovamente a scuola, praticare sport, vivere. Chiediamoci se desideriamo che tutto ciò subisca una nuova interruzione e pensiamo, oltre alle ripercussioni di tipo economico, anche alle conseguenze psicofisiche di tutti, compresi i nostri figli per i quali vorremmo il meglio». Dal canto suo, lo psichiatra conferma che i bambini sono sicuramente in grado di comunicare «attraverso la parte sensoriale, con le emozioni e le relative reazioni comportamentali. Dobbiamo ascoltarli perché vivono comunque il disagio degli adulti e della società che si è “mascherata”. I bambini si chiedono dove sia il grande mostro che arriva? Dove si nasconde?, e si trovano nella “terra di mezzo” per rapporto agli adulti».

I due specialisti sono concordi sull’importanza di cogliere il malessere psicofisico dei nostri giovani, ma il dottor Mattia puntualizza: «È essenziale ascoltarli, assicurare loro la libertà che devono avere e permettere loro di mantenere sane abitudini e necessità fra cui il gioco, ad esempio. Poi, però, dobbiamo entrare nel loro mondo attraverso i nostri strumenti di adulti, senza seguirli nelle loro sensazioni perché verrebbe a mancare la capacità panoramica della società. Ciò permetterà all’adulto di prendere decisioni migliori secondo una sensibilità più profonda». Il dottor Mattia auspica che non si giunga a un secondo lockdown, concorde che questo potrebbe minare pure le necessità psicofisiche dei bambini e degli adolescenti.

L’incognita sta nel non sapere, in termini di equilibrio psicofisico, se la gente riuscirebbe a sopportare una nuova chiusura: «Sarebbe tollerata, ma aumenterebbero le crisi relazionali, i disagi e le tensioni a livello di micro e macro società. Andremmo verso un condizionamento significativo del vivere quotidiano e le relazioni sociali sarebbero messe a rischio, con conseguenze psichiche che non dobbiamo sottovalutare». La ricetta sta nella tanto evocata responsabilità individuale e nell’essere coscienti che non esiste solo il Covid: «Valutiamo attentamente tutto sui piatti della bilancia, altrimenti corriamo il rischio di dare troppa attenzione al coronavirus sottostimando le problematiche di salute connesse ad esso: parliamo di parecchie sofferenze psicofisiche che possono tramutarsi in psichiatriche forti, fino all’aumento di suicidi. Maggiore è la pressione e più aumenteranno le contro-reattività aggressive».

Molto di quel che sarà della nostra salute psicofisica nelle prossime settimane dipenderà dunque sempre e solo da tutti noi.