Il bambino: l’iperteso che non ti aspetti

Rarissima nel neonato, l’ipertensione infantile sotto la lente del pediatra
/ 22.05.2023
di Maria Grazia Buletti

Sì: anche i bambini possono avere la pressione alta. E il problema è che un bambino davvero iperteso potrebbe molto probabilmente diventare un adulto iperteso, quindi con un rischio maggiore di avere una malattia cardiovascolare, prima causa di morte e di spesa sanitaria nei Paesi occidentali. Secondo la Società Europea dell’Ipertensione (ESH) il 5-6 per cento dei bambini e degli adolescenti in apparente buona salute del Vecchio Continente in realtà risulta iperteso, percentuale che sale fino al 22 per cento nei bambini obesi. L’ESH considera questa patologia in continua crescita e perciò ha emanato delle Linee guida rivolte all’età pediatrica. Su questo tema, il pediatra Giacomo Simonetti, direttore medico e scientifico dell’Istituto Pediatrico della Svizzera Italiana, illustra la situazione della Svizzera e del Canton Ticino, partendo dall’importante premessa che vede l’ipertensione neonatale come «rarissima e praticamente inesistente»: «Se un neonato è iperteso, la causa è da ricercare nelle malattie congenite (ndr: malattie e malformazioni già presenti nel feto al momento del parto), ad esempio a reni o cuore, oppure si tratta di un neonato o un prematuro malato sottoposto a determinate terapie che ne hanno provocato uno stato ipertensivo definito come secondario». Di fatto, per ipertensione secondaria si intende uno stato ipertensivo che insorge come conseguenza di una specifica malattia o circostanza, dunque imputabile a una causa ben definita e riconoscibile, al contrario dell’ipertensione primaria che non è scatenata da fattori secondari (come patologie a carico di alcuni organi), ma è dovuta a cause non ancora identificate. A questo proposito, lo specialista sottolinea come l’ipertensione arteriosa nell’adulto sia per il 90 per cento delle volte di tipo «primario o essenziale», mentre quando si manifesta nel neonato è sempre ipertensione «secondaria». Inoltre: «Più il bambino cresce e più diminuiscono le cause secondarie che però rimangono sempre prevalenti; nell’adolescente siamo a un 50 per cento fra primarie e secondarie, mentre nell’adulto prevale quella di tipo primario. Ciò significa che più il bambino è piccolo, maggiore è la probabilità di trovare una causa specifica all’ipertensione che dovesse manifestarsi, seppur raramente». Ad ogni modo, Simonetti rimane rassicurante sull’ipertensione arteriosa nell’infanzia in Svizzera: «Gli elementi più recenti di cui disponiamo riguardano la misurazione di dati epidemiologici di bambini in età scolastica effettuati a Losanna (ndr: basati sulla misurazione della pressione nella popolazione pediatrica) che indicano solo il 2 per cento dei bambini con un’ipertensione arteriosa». Un dato che non dovrebbe riservare sorprese future e che secondo lui dipende da nazione a nazione. Ciò permette di relativizzare l’aumento paventato dalla Società Europea dell’ipertensione: «Non dobbiamo dimenticare che l’aumento dell’ipertensione è relativa pure all’incremento dei controlli di oggi rispetto a 30-40 anni fa. È pure certo che se l’obesità aumenta, anche l’ipertensione subisce un incremento».

Ora bisogna capire cosa si intende per ipertensione in età pediatrica: «In pediatria i valori di pressione arteriosa sono legati ai dati statistici epidemiologici, dunque si basano sulla misurazione della pressione nella popolazione. I valori di riferimento sono completamente diversi da quelli che abbiamo nell’adulto per il quale vale il 140 su 90». Una differenza sostanzialmente dovuta al fatto che «a differenza di quanto accade nell’adulto, dove la condizione viene rilevata oltre un valore limite, nei bambini non è possibile stabilire oltre quale soglia l’aumento pressorio determini un incremento del rischio cardiovascolare». Perciò, oltre a valutare il peso e l’altezza, si ragiona in termini di percentili: «Con l’ausilio di tabelle, si valuta se i valori di pressione sanguigna sono più alti rispetto a quelli rilevati in una quota di coetanei (ndr: in questo caso il 95 per cento)». La pressione arteriosa nei bambini va misurata con l’uso di un bracciale di adeguate dimensioni ed è per questo motivo che va sempre fatto dal medico: «Le indicazioni pediatriche consigliano la misurazione della pressione arteriosa a partire dai 6 anni, durante le visite di controllo dal pediatra». Nell’adolescenza i parametri di riferimento cambiano, avvicinandosi ai valori dell’adulto di 140 su 90: «A questo punto, è importante assicurare la raccolta del testimone dal pediatra al medico di medicina generale per l’assistenza dell’adolescente – giovane adulto». Il nostro interlocutore, pure specialista in nefrologia pediatrica, ci mostra una tabella di screening veloce da lui stesso adattata e basata solo sui dati dell’altezza: «Un riferimento semplice a disposizione del medico che misura la pressione al suo piccolo paziente, che gli permette di individuare i bambini normotesi (che non necessitano di approfondimenti), riservando quindi un follow up solo a quelli probabilmente ipertesi».

Sono noti i fattori di rischio che possono portare all’ipertensione infantile, fra i quali spiccano l’obesità, la sedentarietà e una scorretta alimentazione: «Elementi sui quali si può reagire con l’aiuto di nuove abitudini e uno stile di vita sano che il pediatra saprà pure suggerire e discutere durante le visite di routine del bambino». Generalmente, l’ipertensione nei bambini non si manifesta con sintomi riconoscibili: «Tuttavia, possono presentarsi segni generici come astenia, cefalea, epistassi (sangue da naso), nausea, tinnito, per portare qualche esempio». Di norma, raramente bisogna fare capo immediatamente a farmaci antiipertensivi : «L’aspetto positivo è che nei bambini con un’ipertensione primaria e senza danni agli organi bersaglio si inizia quasi sempre con un intervento sugli stili di vita per far regredire l’ipertensione». Per quanto attiene alle terapie farmacologiche, «sono state riprese dagli adulti, ma oggi FDA e EMEA hanno emanato una direttiva secondo cui ogni medicamento potenzialmente utile anche in età pediatrica deve essere comunque testato dalle ditte farmaceutiche anche per i bambini, e qui rientrano pure quelli per ipertensione arteriosa». Ma per l’infanzia Simonetti rimanda una presa a carico farmacologica solo al momento in cui dovesse comparire un danno d’organo provocato dall’ipertensione o con una causa secondaria come malattie renali. Resta il fatto che «mai come nel bambino bisogna ricordarsi l’importanza della valutazione nel complesso e nel tempo; i genitori non devono farsi carico di misurarne la pressione a casa e, in presenza di sintomi specifici, sarà il pediatra a visitare il paziente con i controlli del caso. Un bambino sano che si sottopone ai regolari controlli di crescita è comunque già monitorato dai 6 anni di età anche nell’ambito della pressione arteriosa, e dovrà essere preso a carico con ulteriori indagini se presenta sintomi come ad esempio un mal di testa persistente (sintomo però generico anche di altre patologie che andranno indagate)».