Sono ormai migliaia i gesti quotidiani che si compiono utilizzando con naturalezza le tecnologie senza fili definite con il termine wireless. Esso ha però una lunga storia e un lato materiale più ingombrante di quanto si sia indotti a credere da espressioni quali lo stesso wireless o cloud (nuvola) riferito allo spazio di archiviazione personale. A rendere visibile l’invisibile ci ha pensato il progetto congiunto di USI e SUPSI Decoding Wireless, un’iniziativa di comunicazione scientifica che ha interessato la scorsa estate le città di Lugano e Locarno. Ad attirare l’attenzione dei passanti sono state vivaci installazioni gialle e rosse pensate per un’esperienza immersiva alla scoperta del wireless. Un’esperienza assai diversificata e così concepita per ampliare il ventaglio dei potenziali interessati. Benché il progetto divulgativo sia ormai giunto al termine, i suoi contenuti rimangono consultabili sul sito www.decodingwireless.ch, mentre il concetto è replicabile grazie ad un apposito manuale on line disponibile da inizio dicembre.
«Con Decoding Wireless l’università è uscita dai suoi spazi per un incontro diretto con la società su un tema di grande attualità al quale abbiamo dedicato vari anni di studi», spiega il prof. Gabriele Balbi, vice direttore dell’Istituto di media e giornalismo (IMeG) dell’USI, responsabile del progetto unitamente al prof. Jean-Pierre Candeloro, quest’ultimo alla guida del Laboratorio di cultura visiva della SUPSI. Il viaggio pubblico alla scoperta del mondo della comunicazione senza fili è stato, infatti, finanziato dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca sientifica attraverso la sezione Agorà che si occupa proprio di promuovere il dialogo fra comunità scientifica e collettività. Gli studi menzionati dal prof. Balbi riguardano il progetto di ricerca «Inventing European Wireless», che ha indagato la dimensione storica del wireless e che si è svolto all’USI dal 2014 al 2018.
Cosa emerge da questa ricerca e soprattutto dove conduce il viaggio di Decoding Wireless? Risponde il prof. Balbi: «Attraverso le installazioni, un magazine cartaceo, passeggiate urbane ed eventi mirati a Lugano e Locarno, abbiamo esplorato tre dimensioni del wireless: la storia, la vita quotidiana e le infrastrutture. Il primo è un viaggio nel tempo che risale alla fine dell’Ottocento con la prima trasmissione wireless in genere attribuita a Guglielmo Marconi. Si tratta quindi di una storia lunga, ricca di avvenimenti e momenti di svolta, alcuni dei quali poco conosciuti. Una storia composta da avvenimenti sia di portata mondiale, sia specifici della realtà svizzera o locale, come la filodiffusione (detta radiotelefono) che all’inizio degli anni Trenta ha permesso di ascoltare nella Svizzera italiana i programmi radio via filo telefonico». Da ricordare che il termine wireless nel corso del tempo è stato impiegato per varie tecnologie, tra cui radio, televisione, internet e telefonia mobile. Non va confuso con altre sigle (vedi Wi-Fi) legate a forme specifiche di questo tipo di connessione.
Grazie a Decoding Wireless si può inoltre acquisire consapevolezza riguardo all’uso del wireless nella vita quotidiana. Esso ci accompagna infatti senza sosta lungo l’intero arco della giornata. Se smartphone e tastiere sono esempi riconoscibili, altri apparecchi come il forno a microonde e il bancomat (che pure usano tecnologie senza fili) tendiamo a dimenticarli, perché sono così integrati nelle abitudini da passare inosservati. Per richiamare l’attenzione sul tempo trascorso immersi nella rete senza fili, il progetto ha inserito nei due eventi cittadini – organizzati a Lugano in Piazza Indipendenza in concomitanza con il Longlake Festival e a Locarno nei pressi della rotonda di Piazza Castello durante il Film Festival – le panchine della «No Wi-Fi Zone». Cosa succede quando non abbiamo accesso alle reti wireless? Come cambia la nostra esperienza quotidiana? Cosa possiamo fare senza wireless? Sono interrogativi sollevati dal progetto in questo ambito e sottoposti all’attenzione del pubblico. Anche indossare le cuffie wireless messe a disposizione per ascoltare programmi radiofonici del passato o per ballare senza che la musica si diffonda nell’ambiente sono esperienze che modificano le percezioni e inducono alla riflessione.
Prosegue Gabriele Balbi: «Le passeggiate urbane sulle tracce del wireless sono state una delle proposte più stimolanti non solo per il pubblico ma anche per noi che le abbiamo guidate. Identificare le infrastrutture non visibili e confrontarsi con l’influenza del wireless sui nostri comportamenti, ad esempio osservando i passanti che interagiscono con strumenti senza fili, sono esperienze che hanno avuto un ottimo riscontro da parte dei partecipanti, favorendo quell’interazione fra mondo accademico e società auspicata dai progetti Agorà».
Se pensiamo, infine, che il wireless sia etereo, leggero, quasi immateriale, commettiamo un enorme errore, prontamente corretto dal progetto divulgativo di USI e SUPSI. Decoding Wireless evidenzia infatti anche la presenza delle infrastrutture indispensabili al funzionamento del wireless. Apparecchi, cavi, server, antenne, sono in realtà piuttosto ingombranti, senza dimenticare che i dispositivi contribuiscono ad accrescere la spazzatura digitale. Ogni anno, ad esempio, nel mondo vengono venduti oltre un miliardo di smartphone di cui la maggior parte sostituiti entro pochi mesi.
Le ricerche in numerose istituzioni – dalla Fondazione e Museo Guglielmo Marconi all’archivio PTT, dal Museo della comunicazione di Berna a quello della radio, sul Monte Ceneri, alla RSI – hanno permesso di svelare anche al pubblico i lati nascosti delle tecnologie senza fili. Un viaggio compiuto fra passato e presente, fra dati impressionanti e aneddoti, fra attualità e riflessione. «L’obiettivo – osserva in conclusione Gabriele Balbi – era di offrire un accesso rapido e ludico alle informazioni, affinché la tecnologia che usiamo ogni giorno non sia data per scontata, perché in realtà è frutto di un progresso sviluppatosi per oltre un secolo. Uno dei punti di forza del progetto è sicuramente la varietà delle esperienze proposte, varietà che permette di raggiungere un pubblico diversificato». Nel frattempo altri importanti archivi attendono i ricercatori dell’USI guidati dal prof. Balbi. Sono quelli del CERN (Organizzazione europea per la ricerca nucleare) di Ginevra per la prima volta accessibili per uno studio sulla nascita, lo sviluppo e la diffusione del World Wide Web, tecnologia creata per esigenze interne al centro di ricerca e divenuta dirompente a livello globale. Anche in questo caso un progetto divulgativo Agorà risulterebbe di grande interesse.