«Londra ci crede, ma ci crediamo pure noi!», così Paolo Riva che, con il suo cane Hulk, è attivo presso la Detection Dogs Ticino (DDT) che si occupa di «formazione di cani per la discriminazione olfattiva». A lui ci rivolgiamo per sapere cosa ne pensa quando a metà maggio rimbalza una notizia molto interessante: nel Regno Unito inizia la sperimentazione per capire se i cani possono fiutare la presenza di Coronavirus nell’uomo.
La prima fase del progetto – che ha ricevuto finanziamenti governativi per 500mila sterline – sarà guidata dalla London School of Hygiene & Tropical Medicine, insieme alla Durham University. Coinvolgerà il personale del National Health Service degli ospedali di Londra che raccoglieranno campioni di odore da coloro che sono stati contagiati dal Coronavirus e da coloro che non sono infetti. «Il nostro lavoro precedente ha dimostrato che la malaria ha un odore particolare e, con i cani di rilevazione medica, abbiamo addestrato con successo quelli per rilevare accuratamente per l’appunto la malaria», spiega il professor James Logan, della London School of Hygiene and Tropical Medicine.
«Questo, unito alla consapevolezza che le malattie respiratorie possono cambiare l’odore del corpo, ci fa sperare che i cani possano anche rilevare Covid-19». In effetti, nell’arco di più di dieci anni di esperienza, le ricerche raccolte dal Medical Detection Dogs (Mdd) hanno dimostrato che i cani possono essere addestrati a fiutare l’odore di una malattia equivalente a un cucchiaino di zucchero diluito nell’acqua di due piscine olimpioniche.
La sperimentazione appena iniziata in Inghilterra verificherà se i «cani Covid», composti da Labrador e Cocker spaniel, possano individuare il virus nell’uomo da campioni da annusare prima che compaiano i sintomi. Se avessero successo, essi sarebbero in grado di arrivare ad «analizzare» fino a 250 persone all’ora. Tra circa sei mesi potrebbero entrare in servizio nei punti di accesso chiave del Regno Unito per effettuare screening rapidissimi dei viaggiatori provenienti dall’estero.
La rapidità degli attesi risultati è una speranza supportata dalle capacità mostrate da altri quattro zampe già addestrati che sono riusciti a rilevare gli odori di alcuni tumori, della malaria e del morbo di Parkinson. «Quando è uscita la notizia, ero molto scettico per via di questioni insolute che riguardavano la sicurezza di cani e persone; problematiche che ora sono risolte», racconta Paolo Riva dal quale ci aspettavamo che «sgonfiasse» la notizia britannica, mentre in realtà la vera grossa novità sta nelle parole che pronuncia appena gli parliamo di questa possibilità: «Risolte le questioni inerenti cani e persone, stiamo aspettando l’ok sanitario per cominciare qui da noi a realizzare un progetto analogo con i nostri cani di DDT. È un progetto maturato da un’esperienza avuta in una manifestazione organizzata dall’Unione Europea, EU versus virus: ci eravamo iscritti e ci hanno accettati, così, nei due giorni e mezzo dell’evento al quale abbiamo potuto partecipare, il nostro progetto “open source” ha preso forma e lo realizzeremo a livello locale».
I cani di Detection Dogs Ticino hanno tutti finalità operativa e si suddividono, per ora, in un gruppo di cinque soggetti che fiutano il tumore alla prostata, ci sono quelli specializzati a trovare muffe e quelli che scovano gli insetti nocivi: «I cani addestrati a questo scopo, trovano ad esempio sia le larve sotto terra che l’insetto adulto della Popilia japonica: un coleottero giapponese disastroso che abbiamo ora anche da noi». Gli chiediamo quanto tempo è necessario per la loro formazione: «Si comincia in una situazione da laboratorio dove il cane deve avere a disposizione un odore, per segnalare bene il quale impiegherà circa 6-8 settimane. Quando sarà pronto, si dovrà passare all’ambiente esterno dove dovrà imparare a concentrarsi sull’odore da cercare, facendo il più possibile astrazione di tutte le altre sollecitazioni olfattive». Ecco perché a Londra parlano di circa sei mesi prima che questi cani che fiutano il Coronavirus possano essere impiegati.
«Quando il cane è all’opera a contatto con la persona, è soggetto a parecchie influenze che vengono da questa, come paura, aggressività, socievolezza e via dicendo: tutte reazioni umane che i cani sanno leggere e per le quali hanno delle risposte». Abbiamo compreso che si dovrà fare una selezione per trovare i soggetti più idonei: «Ci saranno cani che non andranno bene perché si lasceranno influenzare troppo, mentre altri sapranno concentrarsi solo sull’odore richiesto».
Al netto di tutto ciò, Paolo Riva ribadisce di non nutrire alcun dubbio sul progetto londinese di riuscire ad addestrare con successo i cani a questo nuovo nobile compito. Però dovrebbero farcela anche i cani di Detection Dog Ticino ai quali non mancano i requisiti necessari al successo di questo tipo di impiego in questa disciplina tanto utile all’essere umano: «Si tratta in generale di cani curiosi, normalmente dinamici, meglio più vivaci che troppo poco svegli: insomma, cani che già dimostrano l’attitudine naturale di usare tanto il naso, strumento principale per riuscire a fiutare con successo ciò che insegniamo loro a cercare».
Nel nuovo caso specifico della ricerca di Coronavirus nelle persone, il fattore precisione sarà ancora più determinante, fanno sapere da Londra dove già sono certi del successo dei loro cani: «Saranno capaci di rilevare l’odore del Covid-19 e potremo presto dare il via alla seconda fase di test, in situazioni reali. Speriamo poi di poter lavorare con altre agenzie per addestrarne un numero ancora maggiore».
L’essere umano sarà ancora una volta incredibilmente fiero del fatto che il naso di un cane possa nuovamente contribuire a salvare altre vite.