Partenza dal Municipio di Grenoble con, da sinistra, Pascal Bornoz, console generale di Svizzera a Lione; Eric Piolle, sindaco di Grenoble e l’ambasciatore Roberto Balzaretti

Ambasciatore in doppia veste

Incontri – Il ticinese Roberto Balzaretti, nostro più alto rappresentante diplomatico in Francia, viaggia in bicicletta  per promuovere nell’Esagono una Svizzera che coniuga tradizione e innovazione
/ 12.09.2022
di Stefania Hubmann

Un ambasciatore in bicicletta. Può sembrare insolito e curioso. Suscitare quest’ultima reazione è però intenzionale, perché il binomio riflette la necessità di tenere in considerazione le mutate esigenze e sensibilità della società nella quale un rappresentante diplomatico è chiamato a operare. E il progetto su due ruote lanciato quest’anno da Roberto Balzaretti, ambasciatore svizzero in Francia e nel Principato di Monaco, nato e cresciuto in Ticino, non manca di destare interesse, sia nel territorio che sta esplorando, sia in Svizzera.

Le prime tre tappe del tour En route avec la Suisse. Un vélo, un ambassedeur, des rencontres hanno toccato con successo fra marzo e luglio altrettante regioni dell’Esagono. L’accento è posto, come lo indica il titolo, sugli incontri con esponenti di collettività che con il loro operato incarnano le relazioni franco-svizzere nella vita quotidiana. Relazioni intense, considerato che la Francia ospita la maggiore comunità svizzera all’estero, pari a oltre 200mila persone. Durante il tour l’ambasciatore si sposta in gran parte utilizzando una bicicletta da corsa con assistenza elettrica accompagnato per qualche tratto da alcuni dei suoi interlocutori: autorità locali, operatori economici e culturali, ricercatori, studenti, artisti. Tutte persone con le quali poter tessere preziose relazioni per la promozione della Svizzera in Francia e per le relazioni bilaterali in generale. Un punto centrale sul quale l’ambasciatore Balzaretti torna a più riprese durante l’intervista concessa ad «Azione» in quello che resta il suo abituale luogo di lavoro, l’Ambasciata svizzera a Parigi.

Ambasciatore Balzaretti, come si è sviluppato questo originale progetto nel quale unisce attività professionale e passione sportiva?
Uscire dalla capitale nella quale risiede per conoscere le regioni del Paese d’accoglienza è compito di ogni ambasciatore. Anche in zone lontane dalla fascia di confine e da Parigi, la Svizzera in Francia ha interessi importanti in più ambiti, dall’industria alla scienza, dallo sport all’arte, alla cultura in generale. Scegliere di andare a scoprire queste realtà utilizzando la bicicletta su un arco di tempo lungo – dodici settimane suddivise in altrettante tappe previste metà quest’anno e l’altra metà nel 2023 – è invece una novità. L’idea mi è venuta perché volevo mostrare alcune peculiarità della Svizzera. Una bicicletta moderna e sofisticata (messa a disposizione dalla ditta svizzera maxon con filiale vicino a Lione) rappresenta nel contempo la tradizione e l’innovazione. Desideriamo infatti posizionarci in Francia come un Paese legato alle sue tradizioni, ma anche rivolto al futuro. La bicicletta permette inoltre di veicolare un doppio messaggio, di prossimità e sostenibilità.

Le prime tre tappe – Aigle (Canton Vaud)-Lione, Bordeaux-Pau e Grenoble-Arles – hanno confermato la sua intuizione, suscitando l’interesse auspicato. Cosa l’ha colpita maggiormente?
In tutte le regioni, da quella di confine alla costa atlantica e lungo il Rodano, ho notato che grazie alla bicicletta è possibile avviare una discussione in modo quasi informale, vicinanza che a sua volta favorisce il confronto su temi complessi. I dossier delicati sono infatti parte integrante del progetto. Durante l’ultima tappa, ad esempio, ho incontrato i responsabili della Centrale idroelettrica André Blondel a Bollène gestita dalla Compagnie nationale du Rhône, primo produttore francese di energia esclusivamente rinnovabile. Con loro abbiamo discusso di acqua e produzione di energia elettrica, due delle sfide presenti e future.

In effetti nei programmi delle visite – una ventina per ogni tappa – ambiente, ricerca e innovazione sono temi che figurano in primo piano. Con quali priorità sono preparati gli itinerari?
Nell’organizzare En route avec la Suisse – in stretta collaborazione con i tre consolati di Lione, Marsiglia e Strasburgo – siamo partiti dai dati economico-sociali sulla presenza svizzera in Francia per tracciare delle linee ideali. Basti pensare che a fine 2021 risultavano investimenti dell’industria svizzera in Francia per oltre cento miliardi di franchi, posizionando la Svizzera alle spalle solo di Stati Uniti e Germania. Questo attraverso oltre mille imprese che hanno creato quasi 300mila posti di lavoro. Il tour, inaugurato al Centro mondiale di ciclismo dell’Unione ciclistica internazionale (UCI) di Aigle, ha toccato dapprima il lato francese del Lemano caratterizzato appunto da una forte presenza svizzera e dove è pure rilevante il tema della cooperazione transfrontaliera. Altra regione caratterizzata da scambi intensi è quella fra Basilea e Strasburgo, che visiterò a inizio ottobre. Lungo i percorsi, focalizzati sui dossier che interessano il nostro Paese, scopriamo di volta in volta attività meno conosciute che meritano però attenzione e quindi una sosta. Scienze del futuro, ricerca e innovazione sono settori nei quali la Svizzera si distingue e sui quali pure ci concentriamo.

Le giornate in doppia veste di ambasciatore e ciclista sono di sicuro intense e in gran parte pianificate. Resta spazio per qualche sorpresa o aneddoto?
Ammiccare alla corsa ciclistica per eccellenza quale è il Tour de France implica soddisfazioni, ma anche uno sforzo fisico, in particolare in alcune giornate. Nell’ultima tappa abbiamo inserito il mitico Mont Ventoux con arrivo a 1910 metri s.l.m. dopo oltre venti chilometri di salita. Sulla bicicletta da corsa l’intensità dell’assistenza elettrica è proporzionale allo sforzo compiuto nella pedalata, per cui quando la strada sale non si scappa, se non si pedala non si avanza. L’obiettivo non è però la performance sportiva, bensì la promozione del nostro Paese sfruttando canali indiretti nell’ambito di occasioni meno formali.Nella tappa inaugurale è stato interessante sperimentare come la pista ciclabile che collega Annemasse e Ginevra-Eaux-Vives permetta di attraversare la frontiera, all’interno di un territorio integrato, senza percepirla. Un ricordo è invece affiorato alla maniera di una madeleine di Proust pedalando in mezzo ai vigneti attorno a Saint-Émilion nei pressi di Bordeaux. Mi sono rivisto cinquant’anni fa nel mio Mendrisiotto, tra Stabio e Ligornetto, Meride e Tremona. Questa giurisdizione francese, iscritta nel Patrimonio mondiale dell’UNESCO, è rimasta come il Mendrisiotto di allora: le vigne, i campi, poche strade, i villaggi densi ma non diffusi sul territorio. È una zona bellissima e preservata.

Ha citato il Mendrisiotto, dove è nato e cresciuto, prima di proseguire gli studi fino al dottorato in diritto all’Università di Berna e intraprendere la carriera diplomatica. Nel suo personale tour de France ha già trovato anche tracce ticinesi?
Sì, non lontano dal villaggio di Saint-Émilion ho visitato la tenuta vinicola Château Faugères dell’imprenditore basilese Silvio Denz. Emblema della denominazione è la cantina progettata dall’architetto Mario Botta nel 2005 in posizione dominante sulla collina. Botta aveva già firmato negli anni Ottanta la mediateca di Villeurbanne visitata durante la prima tappa. Ci sono inoltre aziende ticinesi che lavorano in grandi cantieri francesi nel settore dei trasporti come il Grand Paris Express o la linea Lione-Torino, cantieri che ho visitato, ma non nell’ambito del tour à vélo. Può essere utile menzionare al proposito l’appoggio fornito alle imprese svizzere che desiderano installarsi in Francia dal servizio Swiss Business Hub France (situato all’Ambasciata), filiale di Switzerland Global Enterprise con sede a Zurigo ma con un ufficio anche a Lugano.

In questo singolare viaggio lei pratica una diplomazia sul territorio, una forma di public diplomacy coinvolgente e di facile comprensione per il pubblico. Appare più trasparente della diplomazia tradizionale. È così?
Direi che oggi tutta la diplomazia è improntata a una maggiore trasparenza. A ogni livello istituzionale l’obiettivo rimane il medesimo, ossia difendere i propri interessi cercando di capire quelli della controparte per trovare una convergenza su un interesse comune. A volte non è possibile scoprire tutte le carte o rivelare determinate informazioni per non compromettere la trattativa, perché una decisione non è ancora stata presa o per garantire la protezione delle persone coinvolte. Ritengo comunque che la diplomazia del futuro sia quella aperta, trasparente, che permette a chi discute e prende decisioni di spiegare alla popolazione cosa sta facendo. Questo per mantenere a lungo termine la fiducia di cittadine e cittadini nelle istituzioni e in coloro che li rappresentano. Un aspetto ancora più rilevante in una democrazia come la nostra, nella quale il popolo si esprime sovente attraverso il voto.

Tornando al tour En route avec la Suisse, può già trarre un primo bilancio dalle tappe iniziali?
Malgrado gli intensi rapporti fra Svizzera e Francia a tutti i livelli, la consapevolezza della loro portata è invece piuttosto limitata. Vi è quindi un interesse evidente a mantenere e sviluppare queste relazioni, ma anche a raccontarle come avviene durante questo viaggio. Dopo ogni tappa aggiorniamo la mappa delle nuove relazioni collegandole ai rispettivi settori di interesse a livello di Ambasciata e sul piano svizzero. Si tratta del primo obiettivo del progetto. Attraverso questo approccio meno convenzionale nella forma ma sostanziale nei contenuti si può sfruttare meglio ogni occasione di cooperazione contribuendo a costruire quella rete di contatti utile a ogni Paese per preservare e favorire i propri interessi. Le decisioni continuano a essere prese in modo formale dalle istituzioni competenti nelle sedi adeguate, ma una solida e vasta rete può facilitare la preparazione del processo che conduce a tali risoluzioni.