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La coda è un indice di scarsità

/ 30/06/2025
Angelo Rossi

È estate, l’economia va in vacanza. Ma non è sicuramente tranquilla. Infatti, anche a metà anno, le previsioni sono state riviste verso il basso. Per la terza volta. E questo per colpa dell’insicurezza creata dagli ordini e contrordini del testone-Maga della Casa Bianca. Meglio parlar d’altro. Per esempio delle code. Fino all’altro ieri, nelle economie del mondo occidentale, l’aggiustamento della domanda all’offerta veniva effettuato dal mercato attraverso i prezzi. Nei Paesi del blocco comunista invece l’aggiustamento citato si effettuava per mezzo delle code. Era la lunghezza delle code davanti ai negozi, o alle sedi delle aziende fornitrici di servizi, che, più in male che in bene, informava gli esperti della pianificazione su quanto ampia era o poteva essere la domanda per un bene o servizio. Oggi, se trascuriamo la Corea del nord, non c’è più un’economia nella quale la coda serva da indicatore per l’aggiustamento tra la domanda e l’offerta perché anche i Paesi comunisti che ancora sussistono hanno adottato l’economia di mercato.

Aspettiamo un momento, però, prima di formulare lodi troppo sperticate sull’efficacia dei prezzi. In effetti dovrebbe essere chiaro, anche al più robinsoniano dei consumatori, che nel corso degli ultimi tre o quattro decenni la coda è stata adottata anche dalle economie di mercato. Ci siamo così abituati a fare le code non solo davanti agli stadi, ai musei o in altri posti dove si organizzano eventi speciali. No, la coda oggi è diventata, per tutti noi, un aspetto poco simpatico ma comune della quotidianità. La facciamo alla posta, nelle farmacie, nelle amministrazioni e davanti alle casse del supermercato. Non parliamo poi di studi medici e specialistici. O delle stazioni ferroviarie, di quelle dei bus e degli aeroporti. Negli ultimi anni mi è capitato più di una volta, facendo voli continentali, di passare più tempo nelle code degli aeroporti che sugli aerei. E ancora non esistevano i divieti e i controlli introdotti da chi oggi vuole ricominciare a controllare partenze e arrivi. Particolarmente nefasta è la situazione in quei casi in cui l’acquisto del bene desiderato dipende anche dalla fornitura di servizi come avviene alla cassa dei supermercati, appunto nei check-in degli aeroporti e nelle amministrazioni pubbliche.

Delle code sulle autostrade si fa addirittura una statistica annuale: 55’569 ore di coda sulle strade svizzere nel 2024. A 24 franchi per ora (il salario minimo del Canton Ticino) sarebbero ore di lavoro perse dalla nostra economia per un totale di 1,3 milioni di franchi. Osserviamo che la cultura delle code varia da un Paese all’altro. I più disciplinati a fare la coda sono gli inglesi e i giapponesi. Mi ricordo che, prima che introducessero le biglietterie automatiche, non era raro in una stazione inglese, per esempio quella di Vittoria a Londra, di dover chiedere quale fosse la coda giusta perché le code davanti agli sportelli si incrociavano con quelle davanti alle entrate dei binari così da non lasciar capire per quale destinazione si fossero formate. Ciò non toglie che proprio questi Paesi siano stati tra i primi a introdurre misure efficaci per organizzare le code come l’estrazione di un numero, nelle amministrazioni inglesi, o la riservazione obbligatoria con entrate fisse all’altezza del posto riservato sui marciapiedi delle stazioni giapponesi.

È giusto poi ricordare che vi sono anche persone che non hanno ancora imparato a fare la coda perché non è nel loro DNA. Nelle economie di mercato la coda ha un significato diverso che in quelle pianificate. Mentre in queste ultime la coda è indice di scarsità dell’offerta, nelle economie di mercato essa può essere dovuta al tentativo di riversare parte dei costi sui consumatori. Terminiamo ricordando che, in entrambi i casi, la coda è un indice di scarsità. Ma non solo dell’offerta. Può anche indicare scarsità nel potere di acquisto. In una barzelletta che circolava nei primi anni Novanta dello scorso secolo in Polonia si affermava che tra comunismo e capitalismo non c’era differenza: in ambedue i sistemi la scarsità faceva nascere le code. Nei Paesi comunisti si faceva la coda davanti alla porta dei negozi perché scarseggiavano i beni, mentre nel capitalismo la coda si faceva davanti alle vetrine perché, scarseggiando i mezzi finanziari, ci si doveva contentare di ammirare i beni esposti.