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Il calcio in balia di un algoritmo travestito da arbitro
Ovidio Biffi
Almeno mezzo secolo fa su una pagina del «Corriere della Sera» c'era un articolo con la firma di un noto scrittore. Sono quasi certo che fosse quella di Mario Soldati, ma la memoria non mi offre appigli sicuri. Lo scrittore raccontava di essere rientrato in serata dallo stadio e di aver visto sul televisore di casa sua che la partita a cui aveva assistito nel pomeriggio allo stadio stava iniziando. Era una delle prime trasmissioni televisive «in differita» e, dato che allo stadio la partita era finita con la sconfitta della sua squadra del cuore, lo scrittore «giocava» sulla novità tecnica augurandosi per quella che stavano trasmettendo in differita potesse concludersi con un risultato diverso, ovviamente favorevole alla sua squadra.
Quell'articolo e la sua surreale conclusione mi sono tornati in mente più volte dopo aver visto partite di calcio in televisione interrotte da lunghissime attese per la convalida (fatta di immagini rallentate e righe invisibili) di una rete o di un rigore concessi o annullati dal Var che dettava implacabilmente, anche all'arbitro, il giudizio definitivo. Avrete già capito: sono nemico del Video assistant referee, ovvero della stupidissima macchina che il gioco del calcio conosce come «algoritmo travestito da arbitro, moviola con l’autostima di un notaio, torre d’avorio tecnologica». Come minimo avrebbe dovuto essere testato meglio, invece è stato insediato quasi d'ufficio, esattamente come ora si farà con le bodycam degli arbitri sul campo. Un sovrapprezzo c'è già: il limite ai portieri di trattenere con le mani la palla a 8 secondi punito, se oltrepassato, con un corner, vale a dire con aumento esponenziale di balletti indecenti, sceneggiate fasulle e arbitri in frenesia in area. Il Var che avrebbe dovuto porre fine alle polemiche, le sta invece decuplicando senza curarsi di distruggere, oltre ai miti legati a epiche contese del passato, anche il ruolo dell'arbitro che, proprio con i suoi errori, «ha insegnato la fede laica nel destino, la capacità di digerire l’ingiusto, il romanticismo dell’inspiegabile» a milioni di giocatori, tifosi e sportivi che vivevano il calcio come una festa pagana e vedono «ogni tentativo di purificarlo con strumenti tecnici come un sacrilegio». Sto rubando i virgolettati a uno dei più implacabili articoli contro l'uso del Var scritto (nell’aprile scorso su «Il Foglio») non da un esperto di calcio, ma da una AI, un'intelligenza artificiale imbottita di memoria calcistica. Anche qui siamo al surreale con il Var della Fifa giudicato da un Var del giornalismo sportivo!
Mi sono sempre chiesto il perché di questa adozione calata dall'alto dai soliti «balivi imperiali» della Fifa. Certo, con il Var il calcio ora potrà essere più giusto. Ma, come sosteneva il citato articolo de «Il Foglio», «la giustizia non è mai stata il cuore del pallone»: basato su algoritmi travestiti da arbitri e da super controllori il Var ora è più che altro «figlio dello stesso spirito che vuole algoritmi per scegliere i libri, intelligenze artificiali per scrivere le poesie (…) Ha rubato al calcio la sua metafisica (…) L’ha fatto diventare un fascicolo, una pratica da archiviare dopo l’ultima revisione». Dobbiamo proprio perdere ogni speranza? Forse no: sta muovendo i primi passi proprio in Svizzera un'iniziativa che, grazie a referendum voluti da un semi-clandestino Partito Pirata, chiede di inserire fra i diritti costituzionali anche il rispetto dell'«integrità digitale» dell'individuo. In vigore per ora solo a Ginevra e Neuchâtel, la norma difende il diritto di tutti i cittadini – quindi anche dei calciatori – «a non essere tracciati, misurati o analizzati» e «a non essere giudicati da una macchina». Questo principio di «integrità digitale» in autunno dovrebbe essere sottoposto al voto anche a Zurigo. Strano che il mega presidente Infantino – forse perché troppo impegnato nei maneggi del suo «mondialone» per club, competizione ideale per iniettare milioni alle società e imporre così altri impegni a giocatori sempre più spompati – non se ne sia ancora accorto. Altrimenti avrebbe già sfoderato di nuovo la sua super arma: via la sede della Fifa da Zurigo con progetti di trasloco a Mar-a-Lago, in Florida.