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La solitudine e l’universo delle romance scam

/ 23/06/2025
Benedicta Froelich

Dal momento che il maggior tratto distintivo del XXI secolo appare risiedere nella trasformazione delle nostre attività quotidiane in compiti da svolgersi quasi esclusivamente online, non suscita troppa meraviglia il fatto che anche la ricerca di partner romantici sia ormai divenuta un processo prevalentemente digitale – soprattutto per le persone non più giovani, le quali sembrano ritenere che le dating app proteggano da incontri sgraditi e potenzialmente pericolosi, possibili in contesti sociali più esposti.

Eppure, la stessa distanza che garantisce l’apparente sicurezza di chi si avventura su app come Tinder, Match.com e Badoo è anche ciò che rende impossibile agli ignari utenti scoprire con chi davvero si abbia a che fare; dando così vita al fenomeno oggi noto come catfishing – ovvero, l’atto di creare una falsa identità online al fine di approfittarsi di chi, dall’altra parte dello schermo, pensa di aver intrapreso una genuina relazione con il mistificatore.

Una vera e propria forma d’abuso, che ha mietuto talmente tante vittime da meritare innumerevoli inchieste giornalistiche dirette a denunciarne i nefasti effetti: una delle espressioni più intriganti di tale interesse è quella offerta da un servizio investigativo statunitense dall’eloquente nome di Social Catfish, che vede un team di giovani «investigatori digitali» mettersi al servizio delle vittime di frodi online tramite un visitatissimo sito web e un’app che il grande pubblico può utilizzare per cercare di proteggersi – e, soprattutto, un canale YouTube provvisto di centinaia di video, ognuno dei quali rappresenta un’inchiesta svolta per conto di una vittima delle varie truffe oggi note con il nome di romance scam.

E non c’è da stupirsene, dato che le necessità dell’epoca attuale hanno normalizzato le relazioni a distanza, facendo sì che sempre più persone si convincano di amare qualcuno conosciuto soltanto tramite fotografie, e-mail e (forse) telefonate.

Del resto, è proprio la mancanza di contatto diretto a impedire alle vittime (negli Stati Uniti se ne contano circa 64’000 all’anno) di scoprire come l’avvocato cinquantenne di New York con cui credono di parlare sia in realtà uno scammer di poco più di vent’anni che, da un computer in Nigeria, impersona con vera maestria l’uomo dei loro sogni – il tutto grazie a dating app e social network, dai cui profili gli scammer rubano foto e filmati al fine di imbastire una biografia sufficientemente credibile da giustificare la prolungata impossibilità a incontrarsi di persona con l’oggetto del loro amore.

Il risultato? Migliaia di vite distrutte: persone sole che, irretite dalle parole melliflue e promesse irreali del compagno virtuale, finiscono per credere a ogni sua contorta bugia e storia strappalacrime, ritrovandosi così a elargirgli i risparmi di una vita, spesso al punto da dover dichiarare bancarotta.

Oggi, il fenomeno si è talmente ingigantito da assumere proporzioni preoccupanti, in una progressione che sembra legata alla natura fortemente individualista della società occidentale, in cui l’immane solitudine di molte donne single diventa il comune denominatore: un fattore che, per molti individui senza scrupoli, è fin troppo facile volgere a proprio vantaggio – ben sapendo come, pur di non perdere l’affetto dell’etereo compagno, la vittima sia disposta a donargli tutto quello che possiede.

Allo stesso tempo, resta l’impressione che al nostro odierno tessuto sociale manchi perfino l’educazione sentimentale di base, senz’altro necessaria per rendersi conto di quanto pericolose tali «relazioni» possano essere.

O forse, come una delle vittime ha fatto notare, ciò che davvero spinge una persona a tali rischi è soprattutto una forma di paura: quella di trovarsi un giorno a condividere il destino della protagonista della celebre canzone firmata dai Beatles che, da quasi 60 anni, terrorizza chiunque senta di vivere una condizione di grave solitudine: «Eleanor Rigby / morì in chiesa e venne sepolta, il suo nome sulla lapide / ma nessuno si presentò». E finchè il timore di quella fatidica parola – «nessuno» – continuerà a esercitare tanto potere su di noi, ci sarà sempre il rischio che qualcun altro se ne approfitti.