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GOAT
Simona Ravizza
«Che GOAT!». A seguire l’emoji di una capra. Siccome goat in inglese significa letteralmente capra, Le parole dei figli possono trarre facilmente in inganno il boomer più sprovveduto. Mi auto-denuncio: la prima volta che l’ho sentito pronunciare dalla mia 16enne Clotilde, riferito a se stessa, ho pensato che si stesse dando dell’imbranata. Giù a ridere! Vi ricordate quando abbiamo parlato di Tea, il termine che la Gen Z usa per riferirsi al gossip e non certo al tè delle cinque? Ecco, anche GOAT (che nelle chat degli adolescenti si scrive rigorosamente in maiuscolo) rientra nella categoria dei boomer-stumping words, ovvero quelle parole capaci di mettere in imbarazzo un adulto. Perché le capre, qui, non c’entrano nulla!
GOAT è l’acronimo di «Greatest of All Time», ovvero il «Più Grande di Tutti i Tempi». Si usa per celebrare chi è considerato il migliore in un campo, dallo sport alla musica, ma anche per farsi un complimento. Un po’ come dirsi «Sono una leggenda!» o semplicemente «Brava!». Lo stesso vale per gli amici: «Sei un GOAT!» è un elogio, altro che insulto. Essere un GOAT significa eccellere, distinguersi e avere il coraggio di essere unici. Nella vita quotidiana degli Gen Z, non serve essere una celebrità per essere un GOAT! Basta distinguersi in un contesto, piccolo o grande, dimostrando carisma e capacità. Sei un GOAT se: fai sentire la tua opinione, anche quando non è richiesta; hai un talento particolare (che sia cucinare, recitare, cantare, fare sport, ecc.); il tuo carattere si distingue per una forte personalità; il tuo modo di fare è unico e lascia il segno; non hai paura di metterti in gioco, in pubblico o in situazioni sociali.
Chiedo a Clotilde qualche esempio pratico: parli con sicurezza in una discussione di classe; balli senza timore a una festa; sei amichevole e spigliato nei contesti sociali; fai scherzi divertenti e coinvolgi gli altri; non hai paura di esibirti davanti a un pubblico. Una volta compreso il significato di GOAT, può essere interessante girare la domanda ai vostri figli: «Chi è per te un GOAT?». La risposta potrebbe svelare molto sulla loro scala di valori, su chi ammirano e perché. Quello che probabilmente non sanno – e che potreste utilizzare per sorprenderli – è l’origine del termine. L’espressione GOAT nasce dalla figura leggendaria del pugile Cassius Clay-Muhammad Ali: «I Am the Greatest», è un album musicale, pubblicato un po’ per scherzo nell’agosto del 1963, sei mesi prima di vincere a 22 anni il campionato mondiale dei pesi massimi contro il campione in carica Sonny Liston. La sfida avviene a Miami Beach (Florida) il 25 febbraio 1964. Clay, che da quel giorno cambia nome in Muhammad Ali (a seguito della sua conversione all’Islam), è sfavorito 8:1, ma riesce a vincere costringendo Liston ad arrendersi al settimo round. La vittoria segna l’inizio della leggenda e lui si definirà «Greatest of All Time».
«Ho pensato che se lo avessi detto abbastanza, avrei convinto il mondo che ero davvero il più grande». Ecco come il 6 aprile 2009 si racconta alla National Public Radio (NPR) : «Ho sempre creduto in me stesso, sin da quando ero un bambino che cresceva a Louisville, Kentucky. I miei genitori mi hanno instillato un senso di orgoglio e fiducia in me stesso e hanno insegnato a me e a mio fratello che avremmo potuto essere i migliori in qualsiasi cosa. Devo averci creduto, perché ricordo di essere stato il campione di biglie del quartiere e di aver sfidato i miei amici a vedere chi riusciva a saltare le siepi più alte o a correre una gara di velocità per l’intero isolato. Ovviamente, quando lanciavo la sfida, sapevo già che avrei vinto. Al liceo mi vantavo ogni settimana che un giorno sarei diventato il campione del mondo dei pesi massimi. Come parte del mio allenamento di boxe, correvo lungo Fourth Street, nel centro di Louisville, entrando e uscendo rapidamente dai negozi locali, giusto il tempo di dire che mi stavo allenando per le Olimpiadi e che avrei vinto una medaglia d’oro. E che, una volta tornato a casa, sarei diventato professionista e avrei conquistato il titolo mondiale dei pesi massimi. Non ho mai pensato alla possibilità di fallire. Quando proclamai di essere il “Più Grande di Tutti i Tempi”, credevo in me stesso. E ci credo ancora».