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Mogli, buoi… e capitali dei paesi tuoi

/ 02/06/2025
Giancarlo Dionisio

Da un paio di decenni, il calcio europeo viene colonizzato da capitali americani e asiatici. Sono poche le grandi società calcistiche del nostro continente gestite autarchicamente.

Perché lo sceicco di Abu Dhabi dovrebbe avventurarsi in un’operazione miliardaria con il Manchester City? Chi spinge colossi come le statunitensi RedBird Capital Partners e Oaktree Capital Management a investire su Milan e Inter? Che dire della Qatar Sports che ha puntato i fari sul Paris Saint-Germain? I grandi club, e non solo quelli, sono pesantemente indebitati. Ciò nonostante, la caccia alla società sportiva su cui lucrare, sembra non avere sosta. Da alcuni anni, il fenomeno è giunto anche dalle nostre parti. Sul piano teorico, il giochino è semplice. Si tratta di scoprire giovanissimi talenti. Questi, non potendo essere messi sotto contratto in età giovanile, vengono coccolati, aiutati nella crescita sportiva e nella formazione. Poi, giunti all’età di sedici anni, ecco il documento che li vincola al club. A meno che non si tratti di un fenomeno come Lamine Yamal, il primo contratto non è certo milionario. Da lì, sotto con il duro e paziente lavoro per formare un futuro campione. L’operazione, ovviamente, non va sempre a buon fine. Le vie del grande calcio sono lastricate di giovani ambiziosi che si sono persi per strada.

Se però il giochino funziona, si vende a cento, dopo aver investito dieci.

Da anni, questo meccanismo si è insinuato anche nel calcio svizzero, che apparentemente non sembrerebbe la classica gallina dalle uova d’oro. Accade nella Super League, dove la metà dei club sono nelle mani di capitali stranieri. Capita anche nella Challenge League. In Ticino, questo sistema non ha portato grandi frutti. Una delle più clamorose operazioni di mercato risale ancora all’inizio del millennio, quando un FC Chiasso autarchico, con pochi soldi, lancia in Super League Raffael Caetano de Araújo, un diciottenne brasiliano proveniente da Fortaleza. Incanta le platee, e anche l’anima di Lucien Favre, fine intenditore. Se lo prenderà con sé dapprima a Zurigo, poi in Bundesliga, dove Raffael costruirà una brillante e ricca carriera. Un’eccezione.

Purtroppo, in Ticino, le cordate straniere, finora hanno causato più danni che benefici. Ha corso dei rischi, ancora una volta, l’Associazione Calcio Bellinzona. Dopo un periodo di trepidazione, il club granata ha ottenuto dalla Lega Calcio la licenza per potersi iscrivere al prossimo campionato di Challenge League. Il verdetto non era scontato. Ballava una cifra di circa mezzo milione. Briciole, ma nel nostro calcio, abbastanza per fungere da spartiacque tra uno stop e un via libera.

Non deve essere stato facile, per una piazza che è sempre stata un modello di simbiosi tra sostenitori e calciatori, che oggi si ritrova con una tifoseria divisa, e un rapporto conflittuale con parte della città. A sud delle Alpi, le risorse scarseggiano. L’ex presidente del FC Lugano, Angelo Renzetti, sostiene che in Ticino ce ne siano a sufficienza per un solo club di vertice. Quindi, parrebbe inevitabile bussare alla porta di investitori stranieri. Tuttavia, in Svizzera, qualche esempio virtuoso l’ abbiamo sotto gli occhi.

Lo Young Boys è tornato a volare da quando le redini sono state assunte dall’industriale Andy Rihs. Uscito deluso dal ciclismo, si è votato alla causa dei Gialloneri. Nella stagione 2017-2018 hanno vinto il campionato. Non accadeva dal 1986. Nelle ultime otto stagioni, pilotati dagli eredi di Andy, si sono imposti per sei volte, con un organico che comprende molta Svizzera, sia in campo, sia negli uffici del club. Le grandi rivali dello Young Boys sposano una filosofia simile. Lo Zurigo, fa capo a capitali svizzeri controllati dalla famiglia del presidente Ancillo Canepa. Il Basilea si appoggia a una Holding con fondi prevalentemente svizzeri. Solo recentemente si è inserito anche Bitpanda, fornitore di servizi finanziari con sede a Vienna. Dal canto suo il Servette si appoggia su una solida fondazione locale.

Insomma, a mettere le loro sorti in mani estere sono soprattutto le società piccole e medie, con sede in città di piccola o media dimensione. Ad esempio, Losanna, Lugano, Yverdon in Super League. Bellinzona e Stade Losanne in Challenge League. In sostanza, le grandi vincono con capitali svizzeri. Le piccole, con l’eccezione del Lugano di queste ultime stagioni, arrancano con capitali esteri. Viene da dire: parliamone. Ma probabilmente ha ragione Renzetti. Siamo «poveri». E molto probabilmente lo resteremo.