La Francia ha firmato di recente un grosso accordo militare con la Grecia del valore di 2-3 miliardi di euro che include l’acquisto da parte di Atene di almeno tre navi da guerra. «È un segnale di fiducia nella qualità della produzione francese», ha detto Emmanuel Macron annunciando l’accordo all’Eliseo insieme al premier greco, Kyriakos Mitsotakis, che ha commentato: «I nostri Paesi hanno fatto un primo passo nella direzione di un’autonomia strategica dell’Europa». Il patto tra Francia e Grecia prevede anche il sostegno militare reciproco «con ogni strumento a disposizione, compresa se necessaria la violenza armata», in caso di invasione dei rispettivi Paesi. Questa clausola è particolarmente importante per i termini utilizzati e per il legame militare e armato che introduce nella relazione di due Nazioni che fanno parte dell’Alleanza atlantica. Macron ha detto di volersi «impegnare per proteggere la Grecia in caso di intrusione, attacco o aggressione: questa è la mia idea di amicizia e di indipendenza europea e di unità territoriale europea, che per noi è un valore».
Poiché le dispute greche riguardano per lo più la Turchia, il messaggio francese è stato letto con preoccupazione e intransigenza da Ankara. Ma anche i diplomatici dell’Ue sono in parte scettici. Uno di loro ha parlato in forma anonima e ha dichiarato: «È bizzarro dire che questo patto contribuisce alla sovranità europea. Si tratta di un patto di difesa da Diciannovesimo secolo tra poteri europei, ha molto più a che fare con un interesse nazionale circoscritto che non con gli interessi dell’Unione». L’accordo arriva dopo l’ira francese per la nascita di Aukus, l’alleanza tra Australia, Usa e Regno unito, e per l’acquisto di sottomarini con tecnologia militare in chiave anti-cinese. Il 20 settembre il Governo di Canberra aveva annunciato di aver stracciato il contratto d’acquisto di una decina di sottomarini non nucleari già negoziato con la Francia. Parigi l’aveva definito «un colpo alle spalle». Il Governo di Macron aveva fatto sapere di non essere stato informato dell’esistenza di un patto di difesa nel Pacifico da parte non soltanto dell’Australia, che comunque era impegnata in un altro progetto con la Francia, ma nemmeno da parte degli Usa e aveva ritirato i propri ambasciatori nei due Paesi.
Il fatto che Parigi non abbia citato il Regno unito e non abbia fatto rappresaglia diplomatica nei confronti di Londra non deve far pensare che ci sia maggiore tolleranza verso i vicini oltre Manica, tutt’altro. Per Macron si è trattato di un atto di disprezzo verso il Governo di Boris Johnson. Come a dire: voi non contate niente, non ci scomodiamo nemmeno a prendercela con voi. Le relazioni tra Parigi e Londra sono gelide. C’entra la Brexit e c’entra anche il caos della questione AstraZeneca della primavera scorsa. Ma anche le relazioni transatlantiche sono piuttosto meste. C’è stato un incontro la settimana scorsa a Pittsburgh per inaugurare il Trade and tech council (Ttc) e gli obiettivi erano ridimensionati rispetto alle attese del passato. Già riuscire ad incontrarsi, in questo momento, costituisce un successo. Ma per il resto sono più importanti le cose che non sono successe: gli Usa non si sono impegnati a rivedere i dazi su ferro e alluminio, né ci sono stati sforzi per restaurare il potere dell’Organizzazione mondiale del commercio che era stato ridotto da Donald Trump.
Dal canto suo, l’Ue non ha voluto riprendere l’accordo sul trasferimento di dati che era stato bocciato dalla Corte di giustizia europea perché le condizioni di privacy americane non sono considerate sufficienti. E, su precisa iniziativa della Francia che ha tentato di boicottare questo incontro in molti modi, nulla è stato deciso sul settore dei semiconduttori che, come si sa, è centrale nelle relazioni tra Occidente e Cina. Secondo Parigi, qualsiasi accordo con gli americani minerebbe la possibilità degli europei di avviare e consolidare la produzione sul Continente di semiconduttori, che è un obiettivo dell’autonomia strategica dell’Ue. Bruxelles sta pianificando un ampio programma di sussidi per la produzione di microchip e anche la Germania ha annunciato di voler dare contributi al settore nel suo territorio. Il gelo si sente insomma e, anche se adesso è esasperato dalla rabbia francese, non è nuovo e probabilmente non sarà di breve periodo. Il prossimo incontro del Ttc è previsto nel 2022 in Francia (Paese che presiederà l’Ue il primo semestre dell’anno prossimo, anno in cui si svolgeranno le elezioni per l’Eliseo). Si vuole scegliere una zona simbolo come sede del vertice, per far vedere che l’Europa si sta modificando: un’ex zona industriale trasformata in hub digitale sarebbe il massimo per Parigi, per mostrare agli americani che il Continente può farcela anche senza di loro.
Tristi relazioni transatlantiche
/ 04.10.2021
di Paola Peduzzi
di Paola Peduzzi