Tifo sportivo tra divertimento e rabbia

/ 21.11.2022
di Giancarlo Dionisio

«Mourrons pour des idées, d’accord, mais de mort lente» («Moriamo per delle idee, vabbè, ma di morte lenta»). Così cantava Georges Brassens in una delle sue più celebri e intense chansons. Sugli spalti degli stadi, alcune persone non si sentono solo dei sostenitori o ambasciatori dei loro colori. Immaginano di essere eroi, partigiani, martiri. Pronti a tutto, anche a una morte (vio)lenta. Per una bandiera. Per una maglia.

Sembra una follia. Anzi, lo è. Ha dell’incredibile quanto è accaduto alcune settimane fa nella Curva Nord del Meazza di Milano, quella che ospita i tifosi dell’Inter. Sulle gradinate circola la notizia che uno dei Capi Curva storici, Vittorio Boiocchi, pregiudicato 69enne con 30 anni di carcere alle spalle, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco durante un regolamento di conti. Per rendergli omaggio, i suoi luogotenenti all’interno dell’impianto, non trovano nulla di meglio che far sloggiare tutti dal secondo anello. Uomini, donne, bambini. Facendo capo anche a maniere rudi. Scoppia la polemica.

La società si dissocia da questa operazione. Ma quelle del suo vicepresidente ed ex capitano Javier Zanetti, suonano come inevitabili parole di circostanza. Si sa che spesso i Club sono ostaggio delle frange più estreme e più violente della tifoseria. Tuttavia il popolo neroazzurro non ci sta. La maggioranza degli sfollati, e non solo loro, insorge, indignata. C’erano famiglie che si erano sciroppate un viaggio di centinaia di chilometri, per vedere la Beneamata. Lavoratori che avevano tirato la cinghia pur di affrontare una trasferta che si prefigurava come una giornata di festa. Invece no. La ferrea legge della curva non consente sgarri. Se i capi decidono di rendere omaggio al loro leader defunto con un’azione di sciopero, tutti devono sposare questa causa.

Probabilmente, se il condottiero in questione avesse avuto un curriculum vitae simile a quello di Gesù Cristo, di San Sebastiano, o di un altro martire religioso o laico che sia, anche i più scettici, magari a malincuore, si sarebbero allineati al volere dei Capi Curva. Ma così no. Il grido degli sfollati, forte, nitido, si diffonde nell’aria moltiplicandosi all’infinito: «È assurdo evacuare la curva con la forza per onorare la memoria di un delinquente seriale, uno che, a quanto si narra, gestiva in nero una serie di parcheggi nella zona di San Siro con un profitto mensile di 80mila euro. Uno che all’interno della curva veicolava il flusso della droga. Uno che ai ragazzini, immagino anche a quelli costretti ad abbandonare lo stadio, vendeva la morte. In un mondo che gira per il verso giusto ci si sarebbero potute aspettare delle scuse, del tipo: «abbiamo sbagliato, ci siamo lasciati prendere dalle emozioni, Boiocchi era uno di noi, ma…». Invece no. In un mondo alla rovescia i «Capitani del popolo» richiamano al rispetto della legge della curva. «Boiocchi ha pagato il suo debito con lo Stato. Voi non siete degni della curva. Andate a vedere le partite in un altro settore. Oppure restate a casa. Qui viene solo chi crede nei nostri valori, nella nostra bandiera, per la quale ci batteremo fino alla morte».

Per fortuna, o per caso, non ci è scappato il morto. Chi ha dovuto sloggiare lo ha fatto con dignità e senza reazioni violente. Non oso immaginare che cosa sarebbe potuto capitare se qualcuno si fosse opposto con durezza alle intimidazioni dei Boss. In seguito agli accertamenti della Digos, quattro di loro sono tuttavia stati denunciati per il reato di violenza privata. Probabilmente gli inquirenti non riusciranno a raccogliere elementi sufficienti per incriminarli. L’omertà è uno dei cardini del codice dei clan. La triste vicenda servirà comunque a perfezionare un’analisi più ampia sui gruppi ultrà.

Ci sono paesi, su tutti l’Inghilterra, in cui l’hooliganismo è stato sconfitto, o quantomeno ridotto a fenomeno marginale. In Italia c’è ancora molto lavoro da compiere. E per non fare la figura di chi guarda solo in casa altrui, un’occhiatina indagatrice la getterei anche dalle nostre parti. Finora tutto bene? Sì, ma, forse. Si tifa, si canta, si balla, si beve, a volte si insulta. Le derive ci sono. Evitare che si ingigantiscano è un dovere per tutti coloro che amano lo sport e lo considerano non un campo di battaglia ma un sano divertimento.