Molti problemi e un bosco

/ 03.10.2022
di Simona Sala

Una settimana difficile, per molti svizzeri, ma forse soprattutto per le ticinesi e i ticinesi, quella che si è appena conclusa. Oltre alle incertezze già presenti, legate alla sfida energetica e a una guerra i cui protagonisti sembrano intenzionati ad alzare il tiro, si sono aggiunte alcune variabili che per buona parte della popolazione si potrebbero tranquillamente definire da worst case (o scenario peggiore) in quanto andranno, in un modo o nell’altro, a intaccare sia la disponibilità economica, sia la quotidianità di tutti noi.

Lunedì 26 settembre una parte della Svizzera (rappresentata in maggioranza dai Cantoni romandi, dal Ticino e dalle donne) ha avuto un risveglio amaro: dopo oltre un quarto di secolo il popolo ha accettato per la prima volta una riforma dell’AVS. Un risultato, quello dell’innalzamento dell’età di pensionamento delle donne a 65 anni, che se da una parte garantirebbe stabilità all’AVS per i prossimi dieci anni, dall’altra ci ha restituito un Paese diviso su molti fronti: dal Röstigraben, storica differenza culturale tra latini e svizzero tedeschi; dal genere, poiché molte donne si sono sentite tradite da voto degli uomini; fino all’età dei votanti, se come rivelano i risultati, una forte spinta all’accettazione di AVS 21 è stata data dagli stessi pensionati. Il dibattito si riaccenderà presto, già si parla di «nuovi modelli» di pensionamento, più conformi alla nostra società, e legati agli anni di attività professionale (44) piuttosto che non all’età. Ma anche qui lo scontento di una parte della popolazione è già all’orizzonte. A fare le spese di un modello del genere sarebbero in molti, forse troppi: gli accademici, penalizzati per gli anni di studio, le casalinghe, per la propria scelta di vita, chi lavora a tempo parziale perché obbligato ad accudire – gratuitamente – figli, un parente malato, ecc. Una coperta, quella della rendita AVS, sempre troppo corta per qualcuno.

Il giorno successivo, martedì 27, aveva in serbo un altro risveglio caratterizzato dalla preoccupazione, in vista dell’imminente comunicazione riguardante l’aumento dei premi di assicurazione malattia per il 2023. Ma il pessimismo che precedeva l’annuncio dei premi, sulla stampa e tra la gente, non si è rivelato sufficiente, o forse più semplicemente la nostra voglia di un briciolo di ottimismo ha avuto la meglio. Sta di fatto che peggio di così, con un aumento dei premi assicurativi in Ticino del 9,2 per cento, (quasi) non poteva andare, se non consideriamo Neuchâtel e Appenzello Interno. Com’è vero che non c’è due senza tre, il mercoledì ci ha confrontati con la rabbia dei dipendenti cantonali (il 7 per cento della forza lavoro in Ticino) che si oppongono a sanare la cassa pensioni Ipct sulla propria pelle, sacrificando una parte della propria rendita.

È dunque difficile, in queste settimane, mesi, ormai anni, di fronte a un presente fosco come quello in cui ci troviamo, individuare realtà edificanti, come ha sottolineato un Martin Ebel sobrio e lucido in un suo saggio sul «Tages Anzeiger». Eppure, da qualche parte, un’idea che lasci sperare, una possibilità per non affrontare con spirito rassegnato le incognite di un futuro sempre più imperscrutabile, spunta. E questa volta riguarda uno studio di Sudimac, Snale&Kühn, pubblicato sulla rivista accademica «Nature» a inizio settembre. Gli autori della ricerca How Nature Nurtures (Come la natura ci nutre), attraverso due questionari e l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale, sono infatti riusciti a dimostrare come sia sufficiente una passeggiata di 60 minuti in un bosco per ridurre l’attività dell’amigdala, ossia la regione del nostro cervello associata ai processi emotivi, in particolare a paura, ansia e stress. Gli stessi risultati non sono stati ottenuti in un contesto urbano, dove i valori dello stress sono rimasti invariati.

Sia chiaro, non che, una volta trascorsi 60 minuti, o una volta usciti dal bosco, a fronte di tutte le cupe variabili di cui sopra, i problemi saranno spariti: sarebbe un’illusione inutile e toglierebbe valore alla forza della natura. Ma forse saremo noi a essere cambiati, saremo un po’ più leggeri per avere scaricato una parte delle nostre tensioni e angosce. Per una volta gratis e mettendo d’accordo tutti.