C’era d’aspettarselo. Anche nel caso dell’omicidio di Stabio, si è subito tirata in ballo la televisione confermando quel suo ruolo di cattiva maestra che le aveva assegnato Karl Popper, ormai più di vent’anni fa. E, questa volta, almeno a prima vista, la correlazione si spiega. Infatti, il principale indiziato è un appassionato di thriller, di cui il piccolo schermo è un generoso distributore. Ed è pure, come hanno accertato le indagini, un assiduo lettore di gialli, e, per di più, lui stesso un autore che si cimentava on line con racconti del genere horror. Insomma, ce n’era abbastanza per avvalorare la tesi dei malefici influssi che, appunto, serie televisive del tipo CSI, film tipo Shining e romanzi tipo Stephen King sarebbero in grado di esercitare sui nostri comportamenti.
Il condizionale è d’obbligo in quanto non si tratta del risultato di una rigorosa ricerca scientifica, ma semplicemente di un luogo comune, sia pure diffuso e a suo modo sintomatico. Oggi, di questi aspetti privati in apparenza marginali, si tiene sempre più conto per definire, dal profilo giudiziario e psicologico, la fisionomia di un possibile candidato alla delinquenza. Con evidenti conseguenze sul piano mediatico. Quando succede un crimine, non ci si accontenta di seguire i fatti, come sono concretamente avvenuti, ma si vuol conoscere il retroterra che li ha prodotti. Insomma, le cause dirette, indirette e, forse, evitabili. Anche dal rischio delinquenza ci si può difendere?
A ben guardare, si assiste a una sorta di preoccupazione preventiva, paragonabile a quanto avviene nell’ambito della salute dove, appunto, cresce l’esigenza di scoprire le possibili predisposizioni, genetiche o acquisite, verso malattie e incidenti. A tale scopo, si dispone, ormai, di un enorme armamentario di strumenti diagnostici, di farmaci, diete, attività sportive che, dovrebbero assicurarci una certa immunità. Ma, quali sono, invece, i fattori che espongono al rischio della devianza delinquenziale e quali gli anticorpi per sconfiggerlo? Qui ci si muove su un terreno ancora in fase di esplorazione, dove le ipotesi si sprecano e variano e persino si contraddicono, nel giro di pochi anni.
Oggi, lo stesso Popper dovrebbe ricredersi. In quanto a effetti collaterali negativi, la televisione è stata ampiamente superata dall’avvento di cellulari, tablet, social e via enumerando mezzi, che sarebbe azzardato considerare una causa diretta di delinquenza: prerogativa giovanile? Non esattamente, pensando ai casi che, nelle ultime settimane, hanno maggiormente scosso l’opinione pubblica ticinese, dall’omicidio di Stabio agli episodi di pedofilia nel Luganese, i protagonisti sono adulti. Anzi, persone cosiddette al di sopra di ogni sospetto.
Con ciò, proprio queste vicende di casa nostra denunciano quanto sia irrilevante un altro fattore, spesso chiamato in causa: quello ambientale. L’ambiente degradato, dal profilo sociale e anche estetico delle periferie metropolitane, figura, infatti, fra le motivazioni che provocano malavita e persino terrorismo. Situazioni di disagio estremo, sconosciute da noi, al pari di certi retaggi culturali, i clan familiari, il delitto d’onore, lo strapotere del maschio. Da questo punto di vista, la Svizzera, il Ticino, favoriti dal benessere, dalla bellezza paesaggistica e da un alto grado di scolarizzazione, dovrebbero sentirsi protetti: al riparo dell’insidia delinquenziale. Non è così. Secondo un recente studio dell’Istituto di criminologia di Zurigo, la Svizzera non merita più la qualifica di «paese più sicuro del mondo». Certo non ci si deve arrendere, rinunciando a studiare le probabili cause del fenomeno, senza però colpevolizzare i media che raccontano i reati, in particolare quelli dove c’è sangue, passione, mistero.
È l’aspetto popolare e affascinante del crimine al quale la «Neue Zürcher Zeitung» ha dedicato, recentemente, un supplemento mensile. Dove l’atto criminale, espressione del male, veniva affrontato nei suoi effetti creativi. Un filone che, dalla pittura fiamminga a Dostoevskij, da Conan Doyle a John Grisham, ci tiene compagnia e ci sollecita. Secondo gli psicologi, leggere i gialli mette alla prova la logica e la fantasia del lettore che tenta di costruire, a sua volta, la soluzione dell’enigma.