Io, che sono (abbastanza) cinico e che adoro tutte le tecniche moderniste di cucina, quando incontro quelle arcaiche – si noti, ho detto arcaiche, non tradizionali… – vado in brodo di giuggiole. E in quanto a cotture arcaiche, nulla batte la brace – salvo la cottura sottoterra con sopra un fuoco, che però non fa nessuno, sardi a parte.
Premessa: fare un buon piatto alla brace può sembrare semplice, ma non è per nulla così, sono tanti i segreti – termine che non amo, la cucina non ha segreti, ma si usa e a moltissimi piace e quindi… – che si celano dietro un ottimo risultato.
Praticamente tutto può essere cotto alla brace, non solo carni e pesci, ma anche i lievitati, i dolci, persino la frutta può essere passata sopra la griglia. E non da ultimo: la pasta! Se vi state chiedendo come sia possibile realizzare una pasta alla brace sappiate che esistono delle piccole grigliettine di teflon da porre sopra la griglia classica (costano poco); grazie alla fitta maglia della rete di queste grigliettine tutto cuoce in maniera omogenea ma senza mai cadere nella brace, cosa che sarebbe impossibile cuocendo direttamente sulla griglia classica.
La cottura alla brace si divide in «cottura diretta», effettuata ponendo l’alimento da cuocere direttamente sulla brace, rispettando i tempi di cottura, a volte molto brevi, per mantenere la succosità della carne e del pesce, e la fragranza delle verdure; e «cottura indiretta», in cui l’alimento viene posto lontano dal fuoco ma sopra ai suoi fumi anche molto a lungo, così facendo si affumica lentamente, assorbendo tutti i profumi dei legni e delle piante aromatiche; non mancano poi cotture su spiedi e sotto la cenere.
Un’altra tecnica degna di nota è quella del cappello. È un modo per catturare tutti i profumi della brace: l’alimento una volta posto sulla griglia viene coperto da un coperchio a campana, che raccoglie tutti i fumi della carbonella convogliandoli verso l’alimento stesso, il risultato perciò sarà saporito perché cotto con cottura diretta su brace, ma al tempo stesso presenterà forti sentori di affumicamento. L’importante è che il coperchio utilizzato copra sempre tutto l’alimento, per garantire un’aromatizzazione omogenea.
Per cuocere alla brace non va bene il legno a fiamma viva, quello che amiamo vedere nei caminetti: brucerebbe tutto. Quindi il legno, per essere utilizzato nella cottura diretta va trasformato in un’altra cosa che non fa fiamma, cioè in carbone vegetale, detto anche carbonella. Il carbone vegetale o carbonella è un combustibile derivato dalla trasformazione della legna. Si taglia la legna e la si asciuga molto bene, poi questa legna viene carbonizzata in forni di mattoni o forni in acciaio. Ovviamente è diversa, a livello di profumi, ma anche a livello di resa calorica, la carbonella fatta con diversi tipi di legni. È un procedimento che viene seguito dalle industrie, per vendere poi il prodotto a ristoranti e privati.
In linea di massima, per la gran maggioranza dei piatti, è bene usare carbonella di legni misti: faggio, castagno, ginepro, carpino, pioppo e olivo. Tuttavia, per ingredienti specifici, si usa carbonella specifica.
La si può arricchire con rametti dello stesso legno, per avere più rapidamente la brace, ma anche con aromatiche secche, per dare più profumo.
Ci tengo a precisare un’ultima cosa: quella della brace non è una cottura solo estiva. Basta un terrazzino o un giardinetto, più una maglia pesante, un piccolo braciere, anche solo accanto a una finestra aperta, ed ecco che si può cuocere alla brace anche d’inverno. Per questo motivo ne parlo oggi. Festeggiate braciando!