Rimanendo fedeli alle intenzioni che animano queste pagine, abbiamo fatto del tempo libero uno dei fili conduttori dei nostri contributi, per poi ritrovarci confrontati a domande sul senso e sulla centralità che l’espressione «tempo libero» assume ai giorni nostri. In più di un’occasione, abbiamo avuto modo di rimarcare come oggigiorno il tempo libero sia oggetto di ridefinizioni che, conferendogli un carattere particolarmente fluido, lo rendono più affascinante, ma anche più sfuggente ed elusivo. In un precedente contributo, per esempio, abbiamo osservato alcune importanti tendenze – tipiche di aziende come Google e Netflix – di promuovere apertamente intrecci, convergenze, e intersezioni fra svago e lavoro, instaurando così oasi di creatività e spensieratezza all’interno della tipica giornata lavorativa.
In questo contributo esploreremo alcuni punti di contatto fra la moda, lo stile, e il tempo libero. Lo stile è un elemento importante, e non è un caso se una delle categorie che vengono utilizzate dall’industria dell’abbigliamento per creare e diffondere i propri prodotti è proprio quella del «tempo libero». L’abbigliamento associato a questa categoria è generalmente comodo e informale, e in ciò si differenzia dagli abiti che si indossano nelle occasioni più formali, che tendono a essere più eleganti, ma spesso anche meno comodi.
Sfogliando i giornali, mi imbatto in un articolo che vanta il fatto che il pigiama stia diventando un abito da sfoggiare in occasione di serate chic, inaugurando un’importante transizione dallo sleepwear (abbigliamento da notte) allo streetwear (abbigliamento da strada). La tendenza, peraltro ampiamente documentata in un articolo apparso sul sito italiano di «Vanityfair» nel 2020, avrebbe conquistato personaggi dello spettacolo come Rihanna, Selena Gomez, o Victoria Beckham, che si sono fatte fotografare con il pigiama riqualificato. La rivoluzione, o meglio, la trasgressione che sottende questo impiego inedito del pigiama sta nel portare un abito che di solito è confinato nella sfera domestica, al tempo e ai ritmi dell’intimità personale, in un contesto aperto e pubblico. Altro trend decisamente in linea con il nostro tema, e ampiamente diffuso dai siti di moda specializzati, è quello della cosiddetta leisure capsule, espressione inglese che indica delle linee di abbigliamento, create dai marchi più popolari, pensate appositamente per il tempo libero (leisure in inglese significa proprio relax, tempo libero). Come ci informa il sito teamworld.it, «nell’ambiente della moda, la prima capsule collection ha visto la luce nel 2004» (tra gli ideatori, anche lo stilista e fotografo tedesco Karl Lagerfeld). Le capsule collection, prosegue il sito, «nascono dall’esigenza di restare sempre al passo con il continuo cambiamento della moda, e di rendere prodotti firmati da grandi nomi economicamente alla portata di tutti».
Altro fenomeno rilevante, sempre legato al binomio abbigliamento-tempo libero, è quello associato al termine athleisure. Il vocabolo, un neologismo coniato negli ambienti modaioli, deriva dalla convergenza dei termini inglesi athletic e leisure. L’etichetta rimanda a uno stile di abbigliamento molto versatile e particolarmente in auge negli ultimi anni, che incoraggia combinazioni di abiti, calzature, o accessori sportivi, o semplicemente comodi e informali. Ne dà notizia il sito thismarketerslife.it affermando, molto eloquentemente, che «tutto è cominciato con i leggings. I leggings hanno fatto quello che le t-shirt non erano ancora riuscite a fare: sdoganare definitivamente l’abbigliamento sportivo ed elevarlo ad abbigliamento per tutti i giorni, lavoro, scuola, spesa, eccetera». Ciò che si può evincere da queste parole è che, sull’arco degli ultimi decenni, l’abbigliamento comodo e informale si è diffuso in modo significativo, segno inequivocabile che il tempo libero, e l’abbigliamento sportivo-informale che lo caratterizzano, piacciono.
Ad alimentare i trend che abbiamo riportato qui hanno contribuito molti fattori, non da ultimo la popolarità di alcune figure pubbliche che hanno prestato la loro immagine a noti marchi della moda e dello sportswear. Uno degli ambasciatori mediatici in questo ambito è sicuramente stato Micheal Jordan, l’atleta che, negli anni Novanta, cambiò letteralmente il gioco del basket. Alcuni suoi tratti caratteristici, dalla lingua fuori mentre giocava, all’eleganza delle movenze, a quel suo modo di portare i pantaloncini fin quasi sotto il ginocchio, diventarono ben presto i nuovi sintagmi attraverso cui prese forma una nuova estetica del basket e dello streetwear. Forse fu proprio quel suo stare a metà strada fra cielo e terra, mentre gli avversari si arrendevano alla forza di gravità, a renderlo un mito vivente. La stella di Jordan fu così folgorante che, anche a distanza di anni dal suo ritiro, la sua linea di scarpe e di abbigliamento sportivo targata Nike continua a essere fra le più vendute e desiderate dai giovani, che riconoscono nel simbolo iconico dell’uomo che vola le loro aspirazioni e i loro sogni.
È quindi naturale, in un certo senso, che nel descrivere le molte sfumature del tempo libero, ci si imbatta nel binomio moda-tempo libero; anche perché è la moda stessa, attraverso il manifestarsi dei suoi trend stagionali, a suggerirci il carattere fluido, sfuggente, ed elusivo della realtà. Luogo simbolo di questi incontri, transizioni, e intrecci fra tempo libero e moda è sicuramente la strada, che per definizione permette, sotto la spinta delle nuove generazioni, la diffusione trasversale delle nuove tendenze che seguono canali come la musica, il cinema, e l’abbigliamento.
Del resto, come afferma Patrizia Calefato nel libro La moda e il corpo (Carocci, 2021), «la strada è il luogo dove il gusto sperimenta l’atmosfera del tempo, è la zona d’incrocio tra culture e tensioni, è lo spazio fisico e metaforico entro cui la città acquisisce il suo senso in virtù di pratiche sociali condivise». Perché la strada è, forse e soprattutto, il luogo che meglio manifesta il fascino che l’esperienza del tempo libero esercita sul nostro immaginario. L’avevano capito, già diversi anni fa, Charles Baudelaire e Walter Benjamin, quando descrivevano il flâneur, figura che forse più di altre incarna l’estetica e il fascino discreto del tempo libero.