«Giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questa pergamena testimonianza degli eventi mirabili e tremendi a cui mi accadde di assistere in gioventù, sul finire dell’anno del Signore 1327. Che Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto allora avvenne in un luogo remoto a nord della penisola italiana, in un abbazia di cui è pietoso e saggio tacere anche il nome».
Inizia con queste parole il film Il nome della rosa, tratto dall’omonimo romanzo di Umberto Eco. Non ci viene svelato il nome dell’abbazia dove avvennero i fatti, ma conosciamo a quale abbazia Eco si ispirò per scrivere il suo best-seller. Si tratta della Sacra di San Michele a Sant’Ambrogio di Torino, un imponente complesso architettonico costruito tra il 983 e il 987, che domina dalla vetta del Monte Pirchiriano l’imbocco della Val di Susa. Sembra che lo scrittore abbia preso spunto anche per l’episodio della biblioteca, che nel racconto viene distrutta dal fuoco, mentre nella realtà i testi sono andati persi durante il periodo di decadenza del XVII secolo, quando la Sacra venne praticamente abbandonata.
Restando in tema di storie e di libri, il prossimo finesettimana in molti si recheranno proprio a Torino per la Fiera del libro, occasione perfetta per ritagliarsi il tempo di fare una visita alla Sacra di San Michele. Salendo da Avigliana l’abbazia, che dal 1836 è affidata ai Padri Rosminiani e dal 1994 è simbolo della regione Piemonte, sembra non volersi mostrare, salvo poi apparire all’improvviso in tutta la sua maestosità. Dopo aver lasciato l’auto, si percorre una stradina immersa nel verde lungo la quale s’incontrano i resti di una chiesetta eretta nel X secolo, sul luogo di un antico tempio pagano e dedicata a Santo Stefano. È chiamata «Sepolcro dei Monaci» perché nei dintorni avevano sepoltura.
Coronata da merli ghibellini, risalendo si delinea la foresteria costruita nel XI secolo come ospizio per i pellegrini. Un viale porta a un complesso di torri e forti, nelle quali potevano alloggiare diversi difensori: costituiva un baluardo avanzato che assicurava il monastero dagli assalti nemici. L’ingresso è chiamato «Porta di ferro» in riferimento alle lamine che lo compongono.
Al di là dell’uscio si salgono due ampie rampe di scale che ci portano allo spiazzo dove è possibile ammirare, posata nel settembre del 2005 su uno spuntone di roccia, la statua di San Michele Arcangelo dello scultore altoatesino Paul dë Doss-Moroder: in bronzo, è alta 5,20 metri e pesa 3400 chilogrammi.
Un’ulteriore gradinata conduce al basamento alto 26 metri che sostiene le absidi della chiesa, la maggiore della quali è sormontata da una loggia di 16 colonnine con capitelli, ognuno lavorato con diverso fregio. Varcato il portone di accesso, si trovano due rampe di scale tra le quali spicca un enorme pilastro alto 18,36 metri e che sostiene, con i suoi quattro archi disposti a croce, la piattaforma della chiesa sovrastante.
Le due rampe di scale guidano a un ripido scalone in pietra alla cui sommità è posto un portale. Sulla destra una massiccia roccia verdognola esce dalla parete per subito scomparire sotto i gradini. Nicchie, archi, pilastri e tombe adornano quello che è chiamato lo «Scalone dei morti». Qui infatti trovarono sepoltura abati e benemeriti. Fino al 1936 nella nicchia centrale erano visibili autentiche mummie ritte in piedi.
A questo punto prima di affrontare la ripida scalinata viene da riflettere sulla struttura dell’edificio: la roccia che compare altro non è che parte della cima del monte Pirchiriano. Da questo si deduce che la chiesa sovrastante è ampiamente più estesa della cima e che quindi per poter essere eretta, si è ricorsi alla costruzione del grande basamento dalla quale si accede. Grazie all’enorme pilastro e all’atrio è stato possibile creare un piano su cui stabilire la nuova chiesa. Nuova, perché di fatto, ne ha inglobato una preesistente più piccola che si trova tutt’ora sotto il pavimento, e alla quale si accede attraverso una scalinata nella navata centrale.
Il portale posto in cima allo «Scalone dei morti» è detto «Porta dello zodiaco» poiché sulle sue colonne sono raffigurate le dodici figure delle costellazioni zodiacali. La porta conduce a un terrazzo posto sotto quattro archi rampanti (risalenti al 1937 e resi necessari per sostenere l’inclinazione della parete meridionale della chiesa, verificatosi dal sovraccarico impresso dalla pesante volta a botte del Seicento e sostituita a fine Ottocento).
Dal parapetto a sinistra si gode di un magnifico panorama sulla pianura torinese, la Dora, i colli di Torino, di Rivoli e un tratto del lago Grande di Avigliana.
La scala a destra conduce alla porta d’ingresso della chiesa la cui abside è orientata verso il punto esatto in cui sorge il sole il 29 settembre, giorno della festività di San Michele. Di particolare curiosità è il primo pilastro della navata centrale che è appoggiato sulla cima del monte Pirchiriano di cui è possibile intravedere la roccia. Meritano menzione il trittico di Defenente Ferrari, il grande affresco dell’Assunzione e l’affresco della leggenda.
L’antico portale dei monaci che in passato conduceva nel monastero sottostante, ora conduce a un vasto terrazzo che si affaccia su una spettacolare vista di tutta la Valle di Susa, coronata da alte cime innevate. Dallo stesso terrazzo si ha la vista sulle rovine dell’antico monastero, ultimo a essere stato costruito (XV sec.) e primo a essere caduto in rovina. Durante la visita si viene proiettati in una dimensione dove storia, leggenda e paesaggi mozzafiato si intersecano a formare un’unica emozione.
I membri dell’Associazione volontari Sacra di San Michele, che conta 240 soci, si occupano di accogliere e guidare il viandante lungo il percorso. Non mancate di farvi raccontare le leggende del luogo come «la fondazione e consacrazione della Sacra», «la Bell’Alda», «la scala dei sorci» e perché no anche qualche leggenda metropolitana, come quella della «Pietra bianca».
La presidente dell’associazione con orgoglio ci ha spiegato che negli ultimi due anni è stato sviluppato un percorso per non vedenti, mentre già dal 2000 è attivo il percorso che consente la visita della chiesa per i diversamente abili.
Durante il periodo estivo vengono organizzati concerti e visite «animate» notturne. Sono diversi, inoltre, i percorsi per soddisfare i più sportivi: come la via ferrata «Carlo Giorda», percorsi per mountain bike e diversi sentieri praticabili per chiunque. In particolare da Sant’Ambrogio di Torino e da Chiusa di San Michele partono sentieri che conducono fino alla Sacra in circa un’ora e mezza di cammino. Di certo sul sito ufficiale si trovano tutte le informazioni del caso: www.sacradisanmichele.com/it/
Non lontano da qui, e che merita una sosta, sorge il Castello di Rivoli, sede di un importante museo d’arte contemporanea.