Venti di guerra sul Pacifico

La crisi ucraina ha stravolto gli equilibri pure in Estremo Oriente. Giappone, Taiwan e Corea del Sud si preparano al peggio
/ 16.01.2023
di Giulia Pompili

Il Giappone si riarma. Taiwan prolunga la leva obbligatoria e trasforma la sua Difesa. In Corea del Sud si parla sempre più insistentemente di dotare le Forze armate di armi nucleari. La guerra d’invasione della Russia contro l’Ucraina non ha cambiato soltanto l’Europa ma ha stravolto gli equilibri della regione dell’Indo-Pacifico. La destabilizzazione globale è funzionale alla trasformazione dell’ordine internazionale, che è l’obiettivo ultimo del leader cinese Xi Jinping e del presidente russo Vladimir Putin, uniti dalla partnership «senza limiti» sancita poco meno di un anno fa, il 4 febbraio.

Ogni anno il tempio shintoista Kiyomizu di Kyoto annuncia il kanji – cioè il carattere della scrittura giapponese – più rappresentativo del periodo appena trascorso. Per il 2022 è stato scelto il carattere sen che significa «guerra», e non solo la guerra in Ucraina, ma i conflitti che in un modo o nell’altro potranno accendersi in un’area lontana dall’Europa ma strategica per gli approvvigionamenti e gli equilibri globali. La presidenza di turno del G7 quest’anno spetta al Giappone, unico Paese membro delle grandi economie ad appartenere alla regione dell’Indo-Pacifico, e unico Paese ad affrontare contemporaneamente tre minacce, diplomatiche ma anche militari: quella della Russia, quella della Cina e quella della Corea del Nord, che nel 2022 ha effettuato un numero mai raggiunto di test missilistici e si prepara al suo settimo test nucleare. Mentre l’Europa e l’Alleanza atlantica erano concentrati sulla guerra di Putin, Tokyo ha cambiato la sua postura internazionale dopo aver subìto numerose provocazioni nel corso dello scorso anno: ad agosto, quando durante le esercitazioni militari cinesi attorno all’isola di Taiwan uno dei missili di Pechino è caduto vicino alle acque territoriali nipponiche; a ottobre, quando uno dei missili balistici nordcoreani ha sorvolato l’arcipelago giapponese; e poi in autunno, quando le navi da guerra russe e cinesi, in formazione congiunta, hanno attraversato alcuni dei suoi stretti più strategici. Il messaggio che il Giappone porterà al G7 di maggio, che si terrà nella città di Hiroshima, sarà proprio questo: ciò che è oggi l’Ucraina, un Paese aggredito e in guerra, potrebbe essere l’Asia di domani.

A fine dicembre il Governo di Tokyo ha pubblicato tre documenti che rappresentano la trasformazione del Giappone in un Paese che può difendersi dalle minacce esterne, tra cui la strategia di sicurezza nazionale, che contiene impegni e novità importanti, come l’aumento della spesa militare al 2% del PIL e la possibilità di dispiegare sistemi d’arma antiaerei a lungo raggio. Per capire il livello d’importanza di questa trasformazione basti pensare che ogni volta che si tocca il tema della Difesa in Giappone, Cina e Corea del Sud protestano formalmente. Perché sin dalla fine della Seconda guerra mondiale e dalla resa incondizionata giapponese, Tokyo ha adottato una Costituzione che – nell’articolo 9 – le impedisce di avere un esercito regolare, ma solo «Forze di autodifesa». In pratica le Forze armate giapponesi sono utilizzabili esclusivamente in caso di attacco diretto e chiunque abbia provato a modificare quell’articolo costituzionale (ci hanno provato in molti, soprattutto i conservatori) si è scontrato con l’opinione pubblica giapponese da sempre ostile al riarmo. L’anno scorso però qualcosa è cambiato. Secondo i sondaggi del Governo, la maggioranza della popolazione oggi approva un budget maggiore per la Difesa, e il primo ministro Fumio Kishida – abile diplomatico – lavora da tempo per avere il supporto degli alleati tradizionali, come quelli del G7, e diventare il rappresentante di una difesa dell’ordine mondiale nel Pacifico.

Se per ora Tokyo, come dicono spesso i funzionari del Governo, si muove soltanto per aumentare la sua capacità di deterrenza, e non per prepararsi a un attacco vero e proprio, a 700 chilometri dall’isola giapponese di Okinawa, tra il Mar cinese orientale e il Mar cinese meridionale, c’è chi si prepara davvero a un’invasione. La presidente Tsai Ing-wen, sull’isola di Taiwan, ha annunciato a fine dicembre che il servizio militare per tutti gli uomini taiwanesi non durerà più soltanto quattro mesi, ma a partire dal 2024 verrà prolungato a un anno. Inoltre sarà ristrutturato il sistema della Difesa per dare spazio all’addestramento in settori ancora poco potenziati, come quello della cybersicurezza. «È una decisione difficile – ha detto – ma necessaria per la sopravvivenza di Taiwan». La Cina di Xi Jinping, che rivendica il territorio di Taiwan pur non avendolo mai governato, ripete più volte che la riunificazione «sarà inevitabile». Secondo gli esperti, un’invasione su larga scala è un’opzione remota: per Pechino sarebbe troppo costosa, troppo complicata da portare avanti. Ma dopo il 24 febbraio del 2022, con l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, niente può essere più escluso a priori. E per il Governo di Taipei, che ha imparato la lezione da Kiev, la necessità di prepararsi a un eventuale attacco è ancora più urgente.

Così la pensa anche Yoon Suk-yeol, il presidente conservatore e populista della Corea del Sud, che si trova ad affrontare una Corea del Nord sempre più bellicosa e aggressiva, non solo nella retorica e nella propaganda. Ma non ci sono soltanto i missili e le esercitazioni di artiglieria sul confine a far paura. All’inizio di gennaio alcuni droni nordcoreani sono entrati nello spazio aereo sudcoreano e sono riusciti ad arrivare fino all’area dell’ufficio presidenziale, che teoricamente è uno spazio aereo chiuso ai voli commerciali. Il regime di Pyongyang, guidato dal leader Kim Jong-un, ha fatto sapere di essere pronto a usare le sue armi nucleari contro il Sud, e da settimane ci sono colloqui tra funzionari della Difesa sudcoreani e americani per cercare di aumentare la pressione di deterrenza nei confronti del regime, anche a costo di dislocare alcuni armamenti atomici nella penisola.