Più di 90 morti da aprile a oggi: questo il bollettino di guerra che arriva dal Venezuela e che conta ormai, oltre ai decessi, 1413 feriti e 3971 sotto processo. Un violento conflitto politico tra chavisti e oppositori al governo di Nicòlas Maduro, in uno scontro che sta diventando guerra civile con ragazzi uccisi per strada, come il chavista Orlando Figueroa pugnalato e bruciato dall’opposizione ad Altamira – un quartiere residenziale di Caracas – e con studenti chiusi dalla polizia dentro un camion con gas lacrimogeni, come i 40 ragazzi che si stavano dirigendo verso la sede del Consiglio elettorale nazionale.
Tra i decessi ci sono giovani dai 18 ai 25 anni, lavoratori, studenti, 7 donne e 8 minorenni tra i 14 e i 17 anni. Dati preoccupanti se si pensa che proprio in questi giorni l’Unicef si è mobilitata contro l’uso dei minori durante le manifestazioni sempre più violente, dichiarandosi profondamente preoccupata «per la sicurezza e il benessere dei bambini coinvolti in proteste di piazza in corso in Venezuela».
Un’emergenza che vede le frontiere brasiliane e colombiane pressate da famiglie venezuelane in fuga con richieste d’asilo che nei primi mesi del 2017 hanno già superato il numero complessivo dei precedenti 6 anni e con circa 30’000 venezuelani arrivati solo nella città di Boa Vista, capitale del Roraima in Brasile. Una situazione che sta degenerando e che in un’economia in caduta libera ha effetti che ricadono prima di tutto su bambini e bambine, tanto che a oggi il 50% dei piccoli con meno di 5 anni risulta denutrito.
In un Paese dove un pollo costa 5 volte uno stipendio, che non supera i 20 dollari, e dove un biglietto per l’Europa costa circa 1700 euro, la malnutrizione infantile sta raggiungendo il livello di crisi umanitaria.
Secondo un recente Rapporto della Caritas Venezuelana, che ha analizzato la malnutrizione infantile in quattro Stati (Caracas, Vargas, Miranda e Zulia), l’11,4% dei bambini soffre di malnutrizione grave: un dato che confrontato con gli standard dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – che definisce come soglia della crisi di malnutrizione infantile il 10% – ci dice che il punto di crisi in Venezuela è stato superato.
Janeth Márquez, che dirige la Caritas Venezuelana, dichiara che i risultati «mostrano chiaramente che i livelli generali di malnutrizione sono in aumento tra i bambini» e che se non si dà una risposta pronta, «sarà molto difficile per questi piccoli tornare alla normale curva di crescita nutrizionale». In queste regioni si calcola infatti che 8 famiglie su 10 siano a corto di cibo e che di solito le madri non mangiano per dare il loro cibo ai figli.
«Solo quest’anno 37 bambini sono morti per malnutrizione e in alcuni luoghi che abbiamo studiato – spiega Susana Raffalli, specialista in emergenze alimentari per la Caritas Venezuelana – il livello di malnutrizione infantile ha raggiunto il 13%, un dato che sta crescendo in maniera spropositata, se si pensa che solo 4 anni fa il tasso di malnutrizione acuta era arrivata al 3%». «I bambini più colpiti – continua Raffalli – vivono nei villaggi ma anche nelle città più grandi, molte persone vivono di stenti e nelle prime ore del mattino, si possono vedere famiglie che rovistano tra bidoni della spazzatura per cercare cibo». In realtà una famiglia su 12 avrebbe una «alimentazione da strada» che consiste nello scavare tra i resti di cibo dei ristoranti o tra i cassonetti.
Con un’inflazione al 720%, la più alta del mondo, le persone non hanno più le risorse per far fronte alla situazione e tutti i settori, dall’occupazione alla salute, sono al collasso.
«Si tratta di una grave crisi e gli aiuti nazionali e internazionali per gestire il disastro, sono necessari», dice Susana Raffalli, «perché per quanto riguarda la denutrizione sono evidenti i classici sintomi di chi soffre la fame».
Oltre alla mancanza di cibo c’è poi la mancanza di acqua potabile: un servizio che manca da tempo a causa di una scorretta manutenzione delle vasche e la mancanza di cloro. Secondo la Caritas l’aumento del contagio per malattie causate da zanzare Zika, dengue, malaria e chikungunya (malattie virali con febbre trasmessa dalla puntura di insetti infetti), va di pari passo con la denutrizione che facilita il contagio, e la mancanza di gas nelle case che rende impossibile bollire l’acqua.
In questa condizione, dove le mamme non mandano i figli a scuola per farli dormire e quindi ridurre i pasti, anche il sistema sanitario è in crisi. In Venezuela oggi gli ospedali hanno finito i farmaci e mancano di forniture di base come il latte in polvere per i neonati. Qui, in base a un sondaggio condotto dalla Rete Salute Medici e diffuso dall’Osservatorio venezuelano della Sanità (OVS), il 78% degli ospedali ha scarsità di farmaci e il 51% delle sale operatorie non sono operative.
All’ospedale José Gregorio Her-nández di Amazonas, 11 bambini sono morti in una settimana, e nel centro materno di Cumana 26 neonati sono deceduti in un mese, mentre all’Ospedale di Pediatria a Maracaibo, che è uno dei più avanzati centri per il trattamento di malattie gravi, sono morti 10 bambini in 8 giorni.
Nell’ospedale pediatrico J.M. de Los Ríos a Caracas è stata aperta un’inchiesta sulla morte di quattro pazienti tra i 2 e i 16 anni, avvenute tra maggio e giugno: bambini con deficienze renali che hanno contratto infezioni nel corso del trattamento di dialisi presso l’Unità di emodialisi. Ospedali che funzionavano molto bene e che oggi hanno meno del 5% dei farmaci di cui hanno bisogno e dove manca cibo, antibiotici, ma anche garze, guanti ospedalieri e addirittura il sapone per disinfettare le mani.