Una nota battuta di spirito, di solito erroneamente attribuita ad Albert Einstein, afferma che «la follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi». Se questo è vero, qualcuno avrebbe dovuto scriverlo a lettere maiuscole nella stanza in cui sono stati firmati i famigerati accordi di Doha tra Stati Uniti e talebani. Molti hanno cercato di dare consigli o di lanciare almeno un allarme, ma nessuno ha ascoltato. Le priorità erano altre e, da un punto di vista politico, anche se molto ristretto e miope, è persino comprensibile. Quello che non è comprensibile è come, riportando i talebani al potere, gli Stati Uniti e tutti gli alleati della Nato si aspettassero un risultato diverso e, soprattutto, un regime totalmente diverso da quello precedente. Considerando anche che i talebani non hanno mai fatto mistero del fatto che il Paese sarebbe stato governato secondo la Sharia. O meglio, secondo la loro particolare interpretazione della Sharia. Quello che ne è seguito, fino a non molto tempo fa, è stato un imbarazzante coro di «date ai talebani una possibilità», tenendo metaforicamente in mano una candela o un accendino come adolescenti a un concerto pop.
I talebani 2.0 erano dappertutto, volavano su jet privati in tutta Europa e sedevano con gente come l’ex diplomatico norvegese Kei Aide che ha twittato lo scorso gennaio: «Orgoglioso che il governo norvegese abbia invitato il governo afghano, la società civile e i Paesi chiave a Oslo». E molti come lui, a partire dal controverso Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, si sono uniti al gruppo di cheerleader dei nuovi padroni dell’Afghanistan. Nel frattempo, per concentrarci sulle donne, dopo aver imposto l’hijab integrale e la chiusura delle scuole, nel settembre 2021 i talebani hanno annunciato che le signore potevano frequentare solo le università, con ingressi e aule rigorosamente separate per genere. Nel marzo 2022 il codice dell’hijab è stato rafforzato, così come il divieto di frequentare le scuole. Alle donne è stato vietato di viaggiare senza una scorta maschile. A novembre, alle donne è stato vietato di entrare in giardini, parchi di divertimento, palestre e bagni pubblici. All’inizio di dicembre, i talebani hanno ricominciato a fustigare i loro cittadini negli stadi e nelle piazze, a cominciare dalle donne. Poi è arrivato il divieto totale di accesso alle università per le ragazze, e la proibizione per le signore di lavorare nelle Ong.
Tutto questo era atteso, a dire il vero, visto che Nida Mohammad Nadim, un ecclesiastico della linea dura, era stato nominato in ottobre ministro dell’istruzione superiore e che in novembre il premier Hasan Akhund aveva dichiarato: «Finché vivrò, bambine e ragazze non varcheranno la soglia di quei centri di corruzione che sono le scuole». A quel punto, l’invisibile leader supremo Haibatullah Akhundzada aveva già ordinato ai giudici afghani di applicare la Sharia in tutto il suo illuminato splendore: mani mozzate per i ladri, fustigazione o lapidazione per le adultere e altre amenità del genere.
Sarebbe quindi divertente, se non fosse tragico, lo «sdegno» di quell’entità fantasma chiamata «comunità internazionale» per l’ultima mossa della loro nuova versione di talebani, carini e coccolini, quei «nuovi» talebani tanto amati e lodati dalla stampa mondiale e intervistati, con i capelli debitamente coperti se i conduttori erano donne, su ogni piattaforma disponibile. Dopo tutto hanno «rotto le catene della schiavitù», come diceva l’ex primo ministro pakistano Imran Khan nell’agosto del 2021, e hanno il diritto di fare ciò che vogliono con la loro nuova libertà: anche affamare metà del Paese, nominare i professori in base al «numero di bombe che hanno fatto esplodere», perseguitare e uccidere i giornalisti, gestire i campi terroristici come prima. E l’elenco è molto più lungo. E, tanto per aggiungere la beffa al danno, a giugno il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid ha affermato che il suo governo ha soddisfatto «tutti i requisiti» per ottenere il riconoscimento diplomatico del resto del mondo. Non ne ha ancora ottenuto uno formale, ma informalmente diversi governi, a partire da Pakistan e Cina, fanno allegramente affari con Kabul.
Il punto è: gli Stati Uniti e la Nato sono stati ingannati dai talebani e dal Pakistan che li manovra, o hanno fatto ciò che hanno fatto sapendo perfettamente cosa sarebbe successo? E davvero il Segretario di Stato americano Anthony Blinken, che dichiara «i talebani non possono aspettarsi di essere un membro legittimo della comunità internazionale finché non rispetteranno i diritti di tutti in Afghanistan. Questa decisione avrà delle conseguenze», pensa che a qualcuno nel governo di Kabul importi qualcosa delle sue fumose «conseguenze»? Meglio smettere di fingere, tutti noi, e dire chiaramente che il popolo afghano, a partire dalle donne, è stato solo un danno collaterale in una guerra strategica geopoliticamente insensata e miope. Sapendo che, col tempo, tutti noi ne affronteremo le conseguenze. Ciò che accade in Afghanistan, la storia insegna, non rimane mai a lungo in Afghanistan.