Chi resisterà?

Kiev e Mosca continuano a combattere. Obiettivo: non sparire dalla faccia della Terra
/ 16.01.2023
di Lucio Caracciolo

La guerra in Ucraina continua a infuriare. Il famoso «Generale Inverno» quest’anno è stato declassato a sergente: le temperature, relativamente miti per la stagione, hanno finora avuto un impatto modesto sull’intensità dei combattimenti. Certo, il fronte è più o meno in stallo, ma il fuoco di artiglieria e gli attacchi di missili e droni si sono intensificati. Con l’obiettivo evidente, da parte russa, di fiaccare il morale della popolazione ucraina distruggendo infrastrutture civili, a cominciare da quelle energetiche. E con l’avvertimento, da parte ucraina e occidentale, che Mosca sta preparando una grande offensiva per febbraio, destinata a ridurre Kiev alla resa. L’invio al fronte del capo supremo delle Forze armate russe, generale Valerij Gerasimov, responsabile secondo Putin del fallimentare andamento della «operazione militare speciale», sarebbe simbolico di questo imminente colpo di maglio. O più semplicemente rappresenterebbe il classico sacrificio del capro espiatorio.

Finora questa guerra è stata militarmente una guerra civile sovietica. Da entrambe le parti si è attinto ad armi e munizioni di età bolscevica, conservati per decenni nei magazzini. Ma gli ucraini hanno quasi esaurito le scorte di venerabile età sovietica, sicché dipendono quasi totalmente dalle armi occidentali. Certamente più moderne e performanti, ma non disponibili in numeri illimitati. Gli europei hanno profondamente intaccato i propri magazzini, chi più chi meno. Non sono tanto i sistemi d’arma a scarseggiare, quanto le munizioni. E soprattutto le nostre armi non sono immediatamente impiegabili dagli ucraini. I quali hanno bisogno di addestramento. Diversi militari ucraini sono per esempio in America, a imparare come si impiegano i missili Patriot. La difesa antiaerea e antimissile è fondamentale per limitare i danni prodotti da droni, aerei e razzi russi. La protezione del territorio ucraino con sistemi terra-aria riguarda sempre di più anche gli europei.

Per esempio, Italia e Francia si apprestano a dare via libera all’invio del sistema SAMP-T (Sole, Aria, Media Portata, Terra) alle Forze armate ucraine. Si tratta di un’arma coprodotta infatti dai due Paesi, molto gelosi della loro tecnologia. Questo, oltre alle considerazioni politiche, ha finora impedito il sì definitivo al loro spostamento sul fronte anti-russo. Tutte le cessioni di armamenti italiani all’Ucraina sono state coperte dal segreto di Stato, mentre questa volta si parla apertamente dei SAMP-T, segno di quanto il Governo Meloni si consideri impegnato, insieme al capocordata a stelle e strisce, nel supporto alla resistenza ucraina.

Ma la partita dipende ormai dalla capacità di resistenza dei due contendenti in quella che è ormai una sanguinosa guerra di attrito. Una guerra che per Kiev e Mosca ha valore esistenziale: chi perde, rischia di sparire dalla faccia della Terra. Immaginare una vera pace in questo contesto è impossibile, salvo la capitolazione di uno dei duellanti. O l’esaurimento di entrambi. Molto difficile, anche se non esclusa, è l’ipotesi di arrivare a una sequenza di cessate-il-fuoco capaci di «congelare» il conflitto. Qui sarà decisiva la scelta americana: continuare ad appoggiare fino in fondo Kiev o costringerla a una tregua. In vista, poi, di una eventuale «soluzione», meglio: maschera-diplomatica. Ma Washington è divisa. Nell’amministrazione si scontrano i «falchi» del National Security Council e le «colombe» del Dipartimento di Stato, con Pentagono e CIA a loro volta solcati da profonde diversità di opinione. Vista dall’America, comunque, questa guerra non è di vitale importanza, almeno fin quando in campo non dovesse scendere anche la Cina. In una prospettiva di medio periodo, molti fra gli strateghi americani pensano che continuare a tenere impegnati i russi in una campagna sotto tutti i profili costosa e devastante sia un buon affare. Purché la situazione non sfugga di mano.

Il deragliamento verso uno scontro diretto Nato-Russia è dietro l’angolo, e qualcuno a Kiev mira a suscitarlo. Sotto questo aspetto, interessante l’atteggiamento polacco. Varsavia è capofila dello schieramento più marcatamente anti-russo interno alla Nato. Squadra che comprende anche scandinavi, baltici e romeni, con il forte sostegno dei britannici. L’idea è che questa sia l’occasione non solo per vincere la guerra ma per rovesciare il regime di Putin. Ma quando a Mosca cambia il regime cambia di norma anche lo Stato. Per informazioni rivolgersi a Nicola II e Mikhail Gorbačëv. Nel caso, molto probabilmente assisteremmo alla decomposizione della Federazione Russa in mille coriandoli. Disintegrazione certo non pacifica. Qualcuno spera che la Cina possa esercitare pressioni moderatrici nei confronti della Russia. Certamente sì. Ma non fino al punto di abbandonare i russi al loro destino. Mosca è una risorsa indispensabile per Pechino nella fase dello scontro acuto con Washington. Prepariamoci a una guerra ancora più sanguinosa. Tanto che il vincitore ne uscirebbe quasi altrettanto perdente dello sconfitto.