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Dove e quando

Samuele Gabai. Un immaginario dipinto. Spazio Officina, Chiasso. Fino al 13 luglio 2024. Orari: martedì-venerdì 14.00-18.00; sabato, domenica e festivi 10.00-12.00/14.00-18.00. www.centroculturalechiasso.ch

Samuele Gabai, Susanna, 2018-2019, Olio su tela, 170 x120 cm, Collezione dell’autore (© Franco Mattei)

Samuele Gabai, Se il cielo in testa cade, 2024, Olio su tela, 220 x170 cm, Collezione d’arte m.a.x. museo (© Franco Mattei)


Samuele Gabai e la potenza della materia

Lo Spazio Officina di Chiasso omaggia l’artista ticinese con una monografica
/ 30/06/2025
Alessia Brughera

Se capita spesso di non riuscire a ricondurre la produzione di un artista entro i confini di una corrente o di un movimento ben precisi, questo è ancor più vero per Samuele Gabai. Vuoi perché il suo linguaggio nasce da profonde riflessioni scaturite dalla commistione di vari ambiti di ricerca e di discipline diverse; vuoi perché, sebbene sia cresciuto nella cultura dell’arte informale da cui si è lasciato influenzare sin dall’inizio del suo percorso, Gabai si è poi distaccato dai dettami di questa stessa tendenza collocandosi in una sorta di zona di frontiera tra figurativo e astratto.

Questa sua non appartenenza a categorie predefinite che possano comodamente incasellarlo e circoscriverne i tratti salienti non ostacola però la percezione della sua arte come qualcosa di estremamente nitido e potente, capace di manifestare appieno la propria ragion d’essere.

È proprio su questo punto che, al di là della difficoltà nel trovare una confortevole definizione da attribuire all’artista, sono difatti tutti unanimemente concordi: nell’esplorare quel territorio in cui forma e informe si mescolano tra loro facendo sì che dalla materia pittorica amorfa si possa intuire il germe di una figura, l’arte di Gabai riesce ad affermarsi come estrinsecazione di una profonda indagine sull’esistenza umana e sulle sue origini.

Nato a Ligornetto nel 1949 e residente dalla metà degli anni Settanta nella Valle di Muggio, Gabai ha sempre considerato l’arte come uno strumento per comunicare ciò che è indefinibile a parole: «pulsione o sensazione», «idea, concetto viscerale, giudizio e confessione», come lui stesso ha dichiarato.

E per fare ciò non è mai partito da una visione stabilita a priori bensì si è sempre lasciato condurre dalla rivelazione che si genera e si sviluppa nel momento stesso in cui avviene l’esperienza dell’atto creativo. Artista «evenemenziale», difatti, è stato definito Gabai dalla critica.

Egli si pone e ci pone davanti alle sue opere come davanti a un accadimento in fieri, a un evento che si sta compiendo e che vive in uno stato di espansione e mutevolezza.

La rassegna che lo Spazio Officina di Chiasso dedica all’artista ticinese testimonia, attraverso un centinaio di lavori, il fecondo percorso di Gabai, grande sperimentatore delle potenzialità della materia e delle molteplici possibilità creative che l’arte offre sia sul piano dell’espressione sia su quello del contenuto.

Si scopre dunque che Gabai si è misurato con la pittura, l’incisione (in particolare l’acquaforte, l’acquatinta e la puntasecca), la scultura, la grafica e i libri d’artista, toccando lungo tutto il suo cammino un ristretto novero di tematiche che spesso si contaminano l’una con l’altra, dimostrando come vi si sia consacrato con determinazione per sviscerarne ogni più recondito significato.

Nel corso di mezzo secolo di attività, che vede dapprima Gabai avvicinarsi al naturalismo lombardo per poi nutrirsi delle suggestioni dell’arte informale e infine approdare a una cifra stilistica personale caratterizzata dalla piena liberazione del gesto e dall’essenzialità del segno, l’artista crea un suo universo pittorico in cui far convergere i contenuti che più lo stimolano alla riflessione.

Nell’esposizione chiassese, ad esempio, ben si coglie la grande sensibilità di Gabai nei confronti della letteratura, che lo porta a collaborare nel corso degli anni con numerosi scrittori e poeti (basti citare Gilberto Isella, Silvana Lattmann, Giovanni Testori, Sergio Givone e Marco Ceriani) nella realizzazione di calcografie e libri d’artista.

Tra i soggetti cardine di Gabai ci sono le Strane Presenze, tele in cui il corpo umano assurge a spirito immateriale, quasi soprannaturale; le Matres Matutae, che rappresentano figure femminili ieratiche a richiamare la Grande Madre e simboli ancestrali e religiosi (Omaggio al Lotto – Pietà di Brera, del 1986, è una di queste, ispirata al celebre dipinto del maestro veneto che Gabai ha ammirato molte volte negli anni trascorsi a Milano); le Selve e i Cieli, dipinti intrisi di luce e di colore, o, ancora, le Crape e Grumi, lavori in cui l’artista medita sulla caducità dell’esistenza.

In tutte le opere di Gabai si assiste all’emergere gravoso della forma da una materia ora densa e stratificata, ora diluita e rarefatta. Le tele dell’artista diventano così luoghi pervasi da forti tensioni e da energie contrastanti che compongono e disgregano l’immagine riuscendo però a restituirla nella sua vivida tangibilità e nella promessa di una nuova genesi.