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Dove e quando
Condividere l’arte. Tra universi pubblici e privati. Bellinzona e oltre. Museo Villa dei Cedri, Bellinzona. Fino al 3 agosto 2025. Orari: me-gio 14-18; ve-do e festivi 10-18; lu e ma chiuso. www.museovilladeicedri.ch

John Quincy Adams. Ritratto di Adolfo Rossi, 1929 (Museo Villa dei Cedri, B'zona / Donazione A. Rossi 1972 © Museo Villa dei Cedri, Bellinzona Foto R. Pellegrini)
I primi quarant’anni del Museo Villa dei Cedri
Un'esposizione ripercorre la sua storia mettendo in risalto il suo forte legame con il territorio
Alessia Brughera
Tra il 1870 e l’inizio del Novecento la costruzione della stazione e della rete ferroviaria a Bellinzona trasforma radicalmente la città, plasmandone non solo l’aspetto urbano, ma anche la crescita economica, sociale e culturale.
Proprio negli anni in cui la Turrita sta cambiando la sua funzione nel contesto cantonale, dapprima quale sede del Governo in alternanza con Lugano e Locarno, poi quale capitale del Canton Ticino, diventa così un importante nodo di collegamento tra il nord e il sud dell’Europa, avviandosi verso un’espansione e una modernizzazione molto profonde.
Lo sviluppo che investe la città innesca un circolo virtuoso che favorisce non poco anche l’interesse per il sapere, in particolare per il collezionismo nel campo delle arti, dell’archeologia e delle scienze naturali.
Sculture, dipinti e reperti antichi, grazie alla presenza della ferrovia, possono ora viaggiare con facilità ed entrare a far parte delle preziose raccolte di studiosi e appassionati del territorio, elevando Bellinzona a importante centro di conservazione e di scambio culturale.
A conferma di ciò è la nascita, nel 1912, del Museo civico di Bellinzona, allestito nel castello di Svitto (Montebello) e custode di beni provenienti da strutture pubbliche, scavi, chiese, arsenali, municipi e collezioni private, molti dei quali confluiranno qualche decennio più tardi proprio nel patrimonio della Civica Galleria d’Arte, andando a costituirne il nucleo primigenio.
Bisogna aspettare il 1985, infatti, per vedere inaugurata questa nuova istituzione cittadina, oggi Museo Villa dei Cedri. A ospitarla è una dimora privata, acquistata dal Comune di Bellinzona nel 1978, con alle spalle diversi passaggi di proprietà fra le famiglie benestanti della città (i Farinelli, ad esempio, o gli Stoffel) che ne hanno modificato l’iniziale aspetto dalle forme tardo neoclassiche.
Sotto la guida del suo primo conservatore, Matteo Bianchi, la galleria non soltanto onora le disposizioni che accompagnano le donazioni, ma vede crescere la propria collezione secondo un criterio che tiene ben presenti i pittori svizzero-lombardi dell’Ottocento e del Novecento, nonché le figure del panorama contemporaneo regionale, per poi aprirsi alla raccolta di opere su carta e all’interesse per l’arte informale.
I quarant’anni di attività del Museo Villa dei Cedri, la cui storia, come abbiamo visto, è strettamente connessa alle vicende di Bellinzona a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento, vengono celebrati attraverso una mostra che racconta il contesto culturale che ha preparato il terreno per la nascita della galleria cittadina.
E viene fatto ripercorrendo il fitto intreccio di connessioni tra l’universo pubblico e quello privato, così come tra lo scenario locale e quello nazionale, in cui collezionisti, mecenati, curatori, studiosi o semplici amatori d’arte hanno preso attivamente parte allo sviluppo museale della regione.
È così che quella che quattro decenni fa si presentava come una raccolta di poche centinaia di opere, nel corso del tempo è arrivata a includere oltre settemila lavori che testimoniano non solo come da una parte l’istituzione sia sempre stata fortemente legata al territorio, ma anche come, dall’altra, sia riuscita a intessere valide relazioni oltre i confini cantonali.
La rassegna ricostruisce molto bene la sua storia attraverso manufatti di vario tipo, tra cui dipinti, sculture, reperti archeologici e oggetti d’arte applicata, ma anche lettere e documenti, individuando alcuni temi principali, strettamente correlati tra loro, da cui si dipartono tante narrazioni che restituiscono la complessità, la ricchezza e il fascino di questa vicenda museale.
Dopo l’iniziale focus sull’importanza della ferrovia nel favorire la circolazione delle opere e nell’offrire nuove opportunità agli appassionati d’arte, ci si addentra nel mondo delle famiglie patrizie bellinzonesi che hanno dato un grande apporto all’incremento delle collezioni della città.
Tra queste ci sono i Varrone, il cui impegno culturale profuso è rappresentato in rassegna dal dipinto Campagna romana, realizzato nel 1855 da uno dei membri del casato, il pittore Johann Varrone, e donato nel 1869 al Municipio di Bellinzona, a segnare l’incipit della raccolta d’arte cittadina.
Quanto il ricco bacino di opere d’arte del territorio sia di particolare rilevanza lo dimostra il contributo che il distretto del Bellinzonese dà alla costituzione del patrimonio del Museo nazionale svizzero inaugurato a Zurigo nel 1898, facendovi confluire, anche grazie all’intermediazione di figure quali Edoardo Berta, numerosi oggetti e dipinti. Una sala è dedicata proprio a questo tema, evidenziando la partecipazione della città alla creazione di un’identità culturale nazionale.
Se i tanti dipinti e disegni del pittore Antonio Ciseri esposti in mostra attestano la solida presenza dei lavori di questo maestro tra gli amanti dell’arte bellinzonesi, sono poi alcune opere dell’importante lascito di Emilio Sacchi a testimoniare l’alta qualità della collezione cittadina. Dei manufatti appartenuti al noto medico, il quale in vita aveva anche coltivato il sogno di trasformare la sua dimora in una casa-museo, troviamo esposto, tra gli altri, un raro mosaico del XVIII secolo.
Il continuo ampliamento della raccolta d’arte, che oltre alla donazione di Sacchi annovera dapprincipio quella del banchiere Adolfo Rossi, figura determinante nella creazione del museo avendo vincolato il suo significativo lascito proprio alla costituzione di una galleria civica aperta al pubblico, è documentato da numerosi altri apporti eccellenti.
Quello di Athos Moretti, ad esempio, imprenditore farmaceutico che nel 1987, insieme alla moglie Dina, regala dodici opere al Museo Villa dei Cedri, tra cui Ospizio del passo di San Bernardino del pittore italiano Federico Ashton.
Interessanti poi sono sia la sezione dedicata agli intellettuali ticinesi e italiani che gravitano attorno al professore di filologia romanza Gianfranco Contini, e che, proprio grazie a lui, sviluppano una grande sensibilità per l’arte, sia l’approfondimento sulla raccolta appartenente al già citato Matteo Bianchi, conservatore della Civica Galleria d’Arte per quasi vent’anni, attraverso l’esposizione di opere provenienti dalla Casa Museo Luigi Rossi in Capriasca.
Dopo la densa trama delle vicende legate alla nascita e alla crescita del Museo Villa dei Cedri, con la miriade di personalità che nel corso dei decenni hanno dato un contribuito fondamentale in tal senso, non poteva mancare in mostra uno sguardo sul presente e sul futuro.
Dalle donazioni più recenti, come quella che, grazie ai figli di Eros Bellinelli, ha arricchito nel 2020 la collezione di quasi seicento opere d’arte di proprietà del compianto giornalista ticinese, alle collaborazioni che l’istituzione sta portando avanti con altri spazi privati bellinzonesi, come il MACT/CACT fondato da Mario Casanova nel 1994, fino ad arrivare agli ultimi acquisti di lavori contemporanei e all’organizzazione di rassegne che si focalizzano sempre di più su un tema molto caro al museo, il rapporto tra arte e natura.
D’altra parte con i tanti dipinti a soggetto paesaggistico che fin dalle origini hanno caratterizzato le raccolte della galleria cittadina e con lo splendido parco dai mille profumi e colori che circonda la villa, non poteva che essere così.