Silvia Roncaglia, Ma che razza di razza è?, Illustrazioni di Cristiana Cerretti, Città Nuova Editrice. Da 7 anni.
Noi e loro. Questa visione discriminante fatica a scomparire, pervade le culture dalla notte dei tempi, si nutre della paura atavica dell’invasore e del bisogno di una rassicurante classificazione (greci e barbari erano la dicotomia «noi/loro» in cui persino i colti Antichi dividevano il mondo). A questa necessità di confini simbolici ed escludenti, è indubbio che il termine «razza», riferito agli esseri umani, abbia fatto molto comodo. Ed è altrettanto indubbio che oggi questo termine sia del tutto improprio, sia dal punto di vista biologico, come già, tra gli altri, il genetista Luca Cavalli-Sforza aveva ben dimostrato, sia dal punto di vista etico-linguistico, in quanto il sostantivo derivato è «razzismo», motore aberrante di ogni sopraffazione.
Oggi si parla invece di popolazioni, o di etnie, e il discorso si farebbe lungo e complesso, ma in certi casi il linguaggio più adeguato può anche essere non quello «tecnico», ma quello immediato e caldo dei bambini. «Bimbo con mamma», «bimbo con mamma», «bimbo con mamma», è il Leitmotiv che ritma lo sfogliare delle pagine di un vecchio volume che parla di «razze» umane, pronunciato dal fratellino di Leo, il protagonista di questo piccolo libro di Silvia Roncaglia. Leo, l’io narrante della storia, deve fare una ricerca sulle differenti etnie umane e apre un’enciclopedia con le foto di donne e bambini di varie parti del mondo. Quelle foto, secondo il suo fratellino Pino, non rappresentano né razze né etnie, ma solo, appunto, «bimbi con mamme». Perché questo è ciò che siamo stati (e a cui a volte potremmo ispirarci), tutti. Ma che razza di razza è? era uscito nel 1999, ottenendo importanti riconoscimenti, ed ora, rinnovato, torna alle stampe, sempre per l’editore Città Nuova, nella recente collana «I nuovi colori del mondo», ben curata dalla stessa Roncaglia. Da citare anche le illustrazioni di Cristiana Cerretti, che forniscono un notevole apporto al testo.
Silvia Nalon, Broncio e Coda, Sinnos. Illustrazioni di Martina Motzo. Da 7 anni.
Una storia deliziosa, divertente, scritta con elegante freschezza, perfettamente aderente alla prospettiva bambina. Una piccola storia di quotidianità familiare dal punto di vista della piccola Teresa, attraverso – e questo è il fulcro originale della vicenda – il suo accudimento di due pesci rossi, Broncio e Coda. «Vorrei quello che sembra arrabbiato e quello con la coda grande» dice Teresa al commesso. Ed eccoli lì, Broncio e Coda, nella loro vaschetta, ormai diventati parte della famiglia. A dire il vero Teresa aveva provato a chiedere un cane, ma il condominio non permette cani, allora un gatto, ma «papà è allergico al pelo di gatto», «Allora posso avere due pesci rossi?» «Ok, i pesci rossi li puoi avere». Comincia così, con un ritmo perfetto, senza parole inutili, il racconto di Teresa, che porta subito il giovane lettore dentro la vicenda, una vicenda che, anche se non contempla adrenaliniche avventure, ma «solo» la vita di una bambina, dei suoi due fratelli maggiori, e di mamma e papà, riesce – e forse proprio per questo – a tenere alto l’interesse di chi legge.
Il merito è tutto della scrittura intelligente di Silvia Nalon (che non a caso è una maestra), della sua capacità di suscitare la meraviglia dello sguardo bambino, anche in dettagli minimi («io, quando vado in piscina, e vedo che nell’acqua ci sono insetti morti, foglie secche, capelli, non entro. Però io posso anche non nuotare mentre Broncio e Coda non ne possono fare a meno. Per questo gli ho abbellito la vaschetta[...]»), che sfociano spesso in considerazioni quasi filosofiche, perché Broncio e Coda, a loro modo, ne dicono di cose («ho imparato un sacco di cose dai pesci», ed è proprio «sbagliato quando si dice “muto come un pesce”»). Una proposta perfetta per i primi lettori, che va ad arricchire la bella collana «leggimi!» di Sinnos, anch’essa attenta, per impostazioni grafiche e redazionali (come anche l’altra collana proposta oggi, nella recensione precedente), a favorire la leggibilità.