Un film musicale senza immagini

Pubblicato di recente Pierino e i lupi, originale album tra folk e improvvisazione
/ 29.01.2018
di Alessandro Zanoli

Combinare l’amore per la musica popolare con la profonda sensibilità verso il jazz: a pochi musicisti riesce di creare un repertorio originale partendo da tali presupposti. Originale, in questo senso, è il termine più importante. Sta a indicare la capacità di un musicista di imporre la propria personalità a un materiale sonoro. Senza forzarlo, senza snaturarlo, riuscire ad esprimere la propria visione della materia musicale e far sì che il pubblico, ascoltando, riconosca una fisionomia, identifichi un sound individuale.

A chi conosce Peter Zemp, multistrumentista lucernese di nascita ma ticinese d’adozione, riuscirà facilissimo ritrovare il suo stile nelle note di questo Pierino e i lupi, album autoprodotto, pubblicato di recente. Zemp milita in numerosi gruppi di vario indirizzo musicale ma vi ha sempre portato una predilezione spiccata per i progetti con una marca estetica fuori dagli schemi. Il suo approccio all’interpretazione è decisamente unico; Zemp sa realmente unire le sue radici nordalpine a una profonda comprensione per il folk italiano. In lui coesistono in qualche modo il ländler e la monfrina: li mescola con una infarinatura di Miles Davis e Bill Frisell. Dall’incontro nasce una musica lievemente malinconica, tranquilla, tutta rischiarata d’ironia.

I venti brani di Pierino e i lupi sono una serie di quadretti, fotografie da ascoltare, che in prevalenza propongono piccole gite nel paesaggio. Il loro titolo lo indica: Chiasso, Romoos, Torno, Hitzkirch, invitano all’immaginazione, alla ricostruzione acustica di quelle località. Zemp dice di non essersi reso conto della caratteristica «geografica» del suo disco, ma di averla scoperta a posteriori. Racconta che l’album è nato un po’ per caso, sulla base delle insistenze di amici. Lui ha colto la sfida anche perché gli dava l’occasione di incidere brani composti nel corso degli anni (Linus e Didi e Gogo li aveva già registrati molti anni fa). Alla fine si è accorto però che la scaletta dei pezzi seguiva una sorta di filo conduttore. Pierino e i lupi è diventato quindi una sorta di «concept album», pieno di richiami interni, di allusioni, quasi con un’ambizione narrativa.

Oltre che un viaggio nello spazio, il disco è una proposta di viaggio nel tempo. Le sue sonorità vintage sembrano anche un po’ un bricolage di suoni: giocattoli, carillon, campanelli, richiamano il mondo dell’infanzia. Importante del resto l’allusione a Pierino e il lupo, composizione che da bambino Zemp ascoltava in un album con figure colorate. E il disegno di copertina del giovane illustratore Nino Christen sembra ispirarsi ai disegni di quel vecchio disco. «Le cose si sono un po’ messe in movimento da sole, una volta iniziato il progetto» ci racconta Zemp.

I musicisti che hanno realizzato il disco collaborano con lui da molti anni: Simone Mauri ai clarinetti è un po’ l’alter ego alla fisarmonica di Zemp. Il dialogo melodico che si costruisce tra i due ricorda alla lontana la collaborazione tra Gianni Coscia e Giancarlo Trovesi. Ma la musica di Zemp si pone su un piano più sperimentale, tutto sommato. Le percussioni di Santo Sgrò, la chitarra di Giancarlo Nicolai introducono elementi di sano disordine free che scompiglia gli eccessi di malinconia. Clara Zucchetti al vibrafono e Zeno Gabaglio al violoncello nei loro interventi offrono un raffinato contributo all’insieme. Il disco, apparentemente semplice e understated, è in realtà registrato con cura e raffinatezza da Stefano Pagani nella sala di Jazz in Bess a Lugano: un sound davvero casalingo ma di più che soddisfacente consistenza.