Dove e quando
Umkämpfte Wege der Moderne. Wilhelm Schmid und die Novembergruppe, Potsdam, Potsdam Museum. Fino al 27 gennaio 2019. potsdam-museum.de

Wilhelm Schmid, Corteggiatore muto, 1921 (MASI, Lugano. Collez. Città di Lugano. Donazione W. e M. Schmid, foto: Alexandre Zveiger)


Riscoprire Wilhelm Schmid

Potsdam omaggia l’artista svizzero
/ 17.12.2018
di Ada Cattaneo

Sono passata molte volte da quella strada di Viganello, che sembra resistere decorosa, nella sua identità di periferia residenziale. Non cambia neppure sotto la pressione dei tanti edifici che crescono. Mi è spesso capitato di osservare una casa in particolare: appare minuta dall’esterno, giusta nelle sue proporzioni. Chissà se ai dettagli eccentrici degli esterni corrisponde un interno altrettanto interessante? Chi avrà la fortuna di abitare qui? Ma non è buona educazione spiare dalle finestre. (Da bambina ho imparato mal volentieri questa regola). Eppure, se sono i padroni di casa ad invitarti, soddisfare la propria curiosità non è villania.

È proprio così che scopro la storia della casa, progettata da Wilhelm Schmid nei suoi anni ticinesi. Comincio dunque a seguire a ritroso la vicenda dell’artista, nato a Remingen, nel canton Argovia, nel 1892. Egli studia come architetto d’interni per diventare un capace disegnatore e poi partire dalla Svizzera in direzione di Berlino, dove ha modo di lavorare presso grandi studi di architettura (fra i quali quello di Peter Behrens). Sono anni in cui la divisione fra discipline artistiche non è ancora netta e sistematica: perciò, da autodidatta, continua a coltivare la sua grande passione per la pittura. Anzi, viene talmente apprezzato da artisti e collezionisti da potersi permettere di abbandonare il lavoro di disegnatore, per dedicarsi completamente alla pittura.

Entra così a fare parte della Novembergruppe, associazione di artisti dell’avanguardia tedesca che sintetizza in un unico movimento spinte creative provenienti da Espressionismo, Futurismo e Cubismo. In linea con l’orientamento dell’epoca, si impegnano per i diritti degli artisti, affermando la necessità di spazi espositivi pubblici per l’arte contemporanea e di una legislazione adeguata. 

Nei primi anni Venti sarà proprio fra coloro che determinano la nascita della Nuova Oggettività: in Germania, come nel resto d’Europa, gli artisti sentono la necessità di fare ritorno ai canoni più tradizionali dell’arte e a una rappresentazione fedele della realtà, nel difficile clima che segue la prima Guerra mondiale. Schmidt è fra i pionieri di questa nuova tendenza e frequenta autori come Otto Dix e Georg Grosz. Rimane però sempre legato a una cifra personale più soffusa e non abbraccia mai completamente il loro approccio così radicalmente cinico e critico nei confronti della società e della situazione che si va definendo in quel periodo, durante la Repubblica di Weimar.

Tutti saranno però presto accomunati dall’accusa di «bolscevismo intellettuale», non appena i nazionalsocialisti salgono al potere. Schmid, nei primi anni Trenta, ha progettato una casa per la propria famiglia a Potsdam, poco lontano da Berlino. Sua moglie, Maria Metz, è cantante: spesso gli amici sono invitati per i concerti organizzati a casa. Ma sarà solo per breve tempo che marito e moglie potranno godere di questo luogo. I due soggiornano spesso all’estero – Francia, Italia, Svizzera, Ticino – ma, quando ritornano stabilmente a casa, la situazione politica è radicalmente modificata.

La produzione artistica di Schmid non può in nessun modo ottenere il consenso del regime. La cerchia di amici e di intellettuali che egli frequenta fin dal suo arrivo a Berlino è tutta nella stessa sua situazione. Ma con ogni probabilità il fattore determinante, che rende impossibile restare, è che sua moglie Maria è ebrea. I due decidono in tempo di fuggire e si dirigono a sud, fermandosi proprio sulle sponde del Lago di Lugano.

Cristina Brazzola è storica dell’arte e collaboratrice del MASI; si è occupata dell’allestimento del Museo Schmid a Brè. A proposito delle ragioni che portarono l’artista in Ticino spiega: «Schmid è un vero autodidatta della pittura. Entra da giovanissimo nella comunità degli artisti berlinesi e si afferma assai in fretta. Il suo successo segue una parabola veloce fino a raggiungere una considerevole notorietà. Presto gli vengono dedicate mostre, anche monografiche, che gli permettono di compiere molti viaggi.

Scoprirà il Ticino nel corso di uno di questi, fra gli anni Dieci e Venti. È quindi probabilmente sulla scorta di questi ricordi che sceglie di tornare sulle rive del Lago di Lugano, in un momento di grande difficoltà, per sfuggire al nazismo, nel 1938». È in questi anni in Ticino che progetta la casa di Viganello, dalla quale è iniziata la mia storia. Si occupa anche di realizzare arredi e finiture, facendo così capo alla sua prima formazione, quella di architetto d’interni.

Dagli anni Trenta la pittura di Schmid si distacca dai soggetti più onirici che avevano caratterizzato la sua stagione berlinese, per rivolgersi a temi neutri, come paesaggi e ritratti. La sua speranza è di esporre di nuovo in Germania e forse di poterci fare ritorno. Ma ancora Cristina Brazzola spiega: «Il corpus di opere che egli deve lasciare in Germania va quasi completamento disperso. A Brè si trova quindi a vivere in una condizione di grande povertà, ben diversa rispetto a quella di artista riconosciuto, in condizioni agiate, nella sua dimora di Potsdam.

Anche dopo la guerra, faticherà a reinserirsi nei circuiti dell’arte e del mercato. Al periodo trascorso in Ticino corrisponde una semplificazione della sua pittura, sia in termini formali, sia cromatici. In questi anni si dedica in particolare alla raffigurazione di paesaggi dei dintorni di Brè e a scene di vita agricola, rivendicando le proprie origini contadine e facendosi interprete del sentimento di difesa spirituale dei valori nazionali che si afferma dalla fine degli anni Trenta in Svizzera. Questi soggetti contribuiscono a determinare la grande fortuna che tuttora egli riscuote nel pubblico elvetico».

Oggi la sua casa di Brè è stata ristrutturata, in seguito al lascito al Comune. È la moglie a destinare opere e abitazione alla cittadinanza, offrendo però alcune tele anche alla Confederazione e all’Aargauer Kunsthaus. L’abitazione viene trasformata in casamuseo, dedicata all’opera dell’artista argoviese. A curarne l’allestimento è stata proprio Cristina Brazzola, che ha scelto di rappresentare le diverse fasi della produzione artistica di Schmid, attraverso i cinque piani dell’edificio.

Il percorso espositivo è basato su criteri sia cronologici, che tematici, partendo dalle opere grafiche degli anni Dieci, di stampo espressionista, fino ad arrivare ai paesaggi realizzati negli ultimi anni ticinesi. La sezione più significativa è però quella del periodo tedesco, in cui Schmid si distingue come voce determinante per la nascita della Nuova Oggettività. Il museo ha attraversato un periodo difficile: era stata ipotizzata la chiusura. Ma la Città di Lugano ha scelto di mantenerlo in funzione, con l’apertura degli spazi due giorni a settimana, da Pasqua ad ottobre, anche ospitando mostre temporanee. 

Oggi, però, Schmid fa ritorno anche in Germania, dove la sua opera torna finalmente ad essere apprezzata per la sua importanza: è proprio il Potsdam Museum, a pochi minuti di distanza dalla casa dell’artista, a dedicargli una mostra – Umkämpfte Wege der Moderne. Wilhelm Schmid und die Novembergruppe – e molte sono le opere prestate da Lugano.

L’esposizione affronta sia la sua attività di architetto, sia quella di artista: sullo sfondo c’è una Germania confusa, in cui le spinte totalitarie fanno breccia, mentre gli intellettuali cercano di risvegliare le coscienze. Con la mostra, Schmid ritrova quindi una giusta collocazione entro le dinamiche artistiche di quell’epoca e, di riflesso, anche la sua vicenda ticinese torna a risvegliare la nostra attenzione.