Prospettive ticinesi

Le produzioni della Svizzera italiana mostrano sempre più spessore e qualità
/ 01.02.2021
di Nicola Mazzi

Parecchie e interessanti le produzioni della Svizzera italiana che sono passate alle Giornate di Soletta. Alcune delle quali avevano fatto un primo passaggio nei festival durante il 2020.

È il caso di Palazzo di Giustizia di Chiara Bellosi (visto a Castellinaria), che è davvero un’opera prima riuscita. Azzeccata e originale la scelta di osare un punto di vista inaspettato. Il film è ambientato al Tribunale di Milano e racconta di una giornata di ordinaria giustizia. Nel cuore del palazzo c’è un’udienza: sul banco degli imputati un giovane rapinatore e il benzinaio che, appena derubato, ha reagito, sparato e ucciso l’altro giovane complice. C’è il rituale, c’è un linguaggio, ci sono le toghe, gli interrogatori, le prove e i testimoni. Ma noi vediamo soprattutto quello che sta fuori dall’aula: i corridoi, gli uffici, il via vai feriale del tribunale, il rumore e il disordine. Soprattutto ci affezioniamo alle famiglie delle due parti. Una bambina (figlia del rapinatore) e una ragazza (figlia del benzinaio) che lentamente si conoscono. Convincente e per nulla scontata, in questo senso, anche la recitazione delle due giovanissime attrici.

Un secondo lavoro da valorizzare è L’acqua, l’insegna la sete di Valerio Jalongo (autore de Il senso della bellezza). Un film emozionante nella sua semplicità e costruito sulla domanda: «come è andata a finire?». Presentato a Visions du Réel di Nyon racconta di Lopez, un professore (simile a Keating de L’attimo fuggente) che ritrova un vecchio giornale di classe e con esso i ricordi della prima E dell’istituto Roberto Rossellini di Roma: compiti, temi, e il video-diario girato insieme ai ragazzi, nel 2004. È l’occasione per fare un tuffo nel passato, ma soprattutto per cercare i ragazzi, oggi, 15 anni dopo. Che cosa sono diventati? Che vita hanno fatto? Hanno seguito i propri sogni? Tutte domande al quale il documentario risponde. Un lavoro (che ha richiesto due anni e mezzo di montaggio e la visione di 190 ore di girato) che ti incolla allo schermo e ti lascia, alla fine, con gli occhi lucidi. Vuoi per la forza delle storie, vuoi per la bravura di assemblarle mettendo in scena un crescendo di emozioni.

Un’altra opera interessante vista a Soletta (anche questa in arrivo da Nyon) è Anche stanotte le mucche danzeranno sul tetto di Aldo Gugolz. Ambientato in Val Vergeletto è un documentario che ha due diramazioni. Da un lato ci mostra le difficoltà quotidiane di una famiglia contadina al giorno d’oggi. D’altro lato ripercorre un fatto di sangue che sconvolse il Cantone: il ritrovamento del cadavere di un uomo che lavorava in nero presso quella famiglia. Il regista è riuscito a trasmetterci il ritmo delle giornate e addirittura a farci sentire gli odori delle stalle e dei prati. Poche parole e tanti suoni (a partire da quelli degli animali) ci immergono in un mondo rurale in contrapposizione a quello cittadino mal sopportato da Fabiano, il protagonista del documentario.

Un cortometraggio di sicuro impatto è Grigio: terra bruciata di Ben Donateo. Il film cattura l’assenza di vita di un paesino, Filippa di Mesoraca in Calabria. In particolare, racconta cosa è rimasto al paese dopo l’emigrazione dei giovani verso Nord, e di come gli anziani vivono il crepuscolo delle loro vite. In concorso al Festival di Locarno, ha nella fotografia e nel grande lavoro sulla luce il suo punto di forza. La camera fissa, inoltre, divide il paese in quadri e ne mostra il decadimento così come evidenzia le fatiche tra le rughe dei pochi anziani rimasti. Il tutto accompagnato da un suono costante e monotono, unico segno vitale: il frinire dei grilli.

Tra i cortometraggi segnaliamo anche Only A Child (che ha ottenuto il secondo premio a Soletta), realizzato da Simone Giampaolo di Vacallo. Una toccante animazione ambientalista che dona forma al discorso pronunciato nel 1992, al vertice di Rio de Janeiro, dall’allora 12enne Severn Cullis-Suzuki. Interessante anche dal punto di vista formale in quanto è stato creato da un collettivo a cui hanno messo mano venti animatori sotto la supervisione del regista. Come ha spiegato lo stesso Giampaolo «ogni tecnica è una specie di Nazione a sé, e il tutto è una metafora delle Nazioni del mondo».

Un doveroso accenno, conclusivo, è giusto farlo a Villi Hermann. Il regista a cui le 56esime Giornate di Soletta hanno dedicato la retrospettiva. Una serie di suoi storici film (San Gottardo; Matlosa; Innocenza; Cerchiamo per subito operai, offriamo…; Tamaro. Pietre e angeli. Mario Botta Enzo Cucchi; ecc) erano visibili sulla nuova piattaforma del festival. Lo stesso regista e produttore ticinese è stato protagonista di alcune conferenze nelle quali ha spiegato la sua idea di cinema che è riassunta in questo concetto: «quando penso a un’idea delle immagini in movimento, penso alla sua pluralità. Oggi siamo nel mezzo di una massificazione dell’immagine che trovo anche un po’ pericolosa; l’idea che il cinema debba avere per forza il plot per me è sbagliata». Una riflessione di un uomo di 80 anni che forse bisognerebbe ricordare ai giovani registi.