Caos Cosmico Quanto basta, intervista alla compagnia Teatro Danzabile che sarà al Foce il 25 maggio:

Sul palco le fragilità si trasformano in risorse


«L’inclusione non è un peso, è un’espansione delle possibilità»

Intervista a Inga Laas, direttrice di IntregrART, progetto del Percento culturale Migros
/ 22.05.2023
di Natascha Fioretti

 Per capire meglio con quale spirito e in quale contesto nascono spettacoli come Caos Cosmico Quanto Basta e festival come quello di ORME (sopra, l’immagine della locandina) che lo promuovono, abbiamo fatto qualche domanda a Inga Laas che da quest’anno è la nuova direttrice di IntergrART, il progetto del Percento culturale Migros che si impegna a sostenere l'inclusione artistica e sociale delle persone con disabilità.

Quanta apertura a modalità nuove e inclusive mostra oggi il settore culturale svizzero? Ci sono degli esempi virtuosi a cui guardare?
I progetti pionieristici ai quali guardo sono la Compagnia e l’associazione BewegGrund di Berna. Gestiscono attivamente e insegnano danza inclusiva da 25 anni. L’Associazione Teatro Danzabile, in collaborazione con l’Accademia Dimitri, ha istituito un CAS che le persone con disabilità possono completare nell’ambito della danza. Il festival look&roll di Basilea mostra solo cortometraggi di e con persone con disabilità e rende sia i film sia il festival stesso completamente inclusivi. Il Museo Tinguely di Basilea e il Zentrum Paul Klee sono pionieri per quanto riguarda l’accessibilità al museo. Un progetto importante per promuovere la cultura inclusiva è sicuramente il marchio Pro Infirmis Kultur Inclusive. Personalmente, sono una fan del gruppo di artisti Criptonite: ridefiniscono l’arte performativa in un modo divertente e nuovo, adattato ai loro corpi. Quando penso ai modelli ai quali ispirarmi penso a tutte le compagnie indipendenti, le associazioni o gruppi di artisti – a parte i musei. Finora le grandi case della cultura svizzere – sia nei programmi sia nell’accessibilità del pubblico (che corrisponde al 15% della popolazione) – non hanno promosso l’inclusione e la diversità. Nel complesso però, rispetto a dieci anni fa, il settore culturale svizzero è più aperto.

Dove si dovrebbe intervenire e fare di più?
Il cantiere più grande sono le strutture di formazione. Queste si basano su un approccio abilistico. Il sistema attuale sembra aver completamente ignorato il fatto che i corpi sono diversi e funzionano in modo diverso. In Svizzera è quasi impossibile per una persona disabile completare un’istruzione nel campo della danza. Il nocciolo della questione è l’orientamento verso uno standard fisico che bisogna dimostrare di avere per essere ammessi, anche attraverso un certificato medico. L’espressione e il talento non giocano più un ruolo. Come contrappunto, è stato creato un CAS presso l’Accademia Dimitri in collaborazione con il nostro partner Accademia Dimitri di Verscio: Diversity and Inclusive Practice in Performing Arts. (DIPPA). A livello educativo è necessaria una nuova comprensione di ciò che è possibile e di ciò che i corpi possono e devono mostrare. A livello di istituzioni culturali occorre allargare gli orizzonti. Mi piace dire: «L’inclusione non è un peso, è un’espansione di possibilità». A livello di occupazione, le persone con disabilità hanno bisogno di un maggiore accesso a posizioni dirigenziali, non solo dietro le quinte e nel settore culturale, ma in tutti i settori.

Da marzo lei è la nuova responsabile di IntegrART: che ruolo gioca IntegrART nel contesto che abbiamo appena disegnato?
Noi del Percento culturale Migros diamo sicuramente un contributo importante con il nostro progetto di rete IntegrART - insieme ai nostri festival partner BewegGrund a Berna, Out of the Box a Ginevra, Wildwuchs a Basilea e Orme Festival a Lugano. Con la Biennale, non solo siamo riusciti a portare in Svizzera gli ospiti internazionali delle arti della disabilità e a far loro visitare tutte le aree linguistiche della Svizzera con la più ampia portata possibile, ma abbiamo avviato anche una collaborazione con la ZHdK (Zurich University of Applied Sciences) presso IntegrART arts. Gli studenti completano un modulo con danzatori con disabilità presso il Dipartimento di Danza. Ne è nato il CAS DIPPA: Diversity and Inclusive Practice in Performing Arts che per la prima volta dà accesso a una formazione nelle arti dello spettacolo che non esclude le persone con disabilità.

Anche lei ha una disabilità: che ruolo gioca nel suo lavoro e, più in generale, pensa che per promuovere una scena culturale inclusiva si dovrebbero coinvolgere più persone con disabilità?
La mia disabilità mi dà una prospettiva e una sensibilità che una «persona abile» non porta con sé. Ma la mia disabilità non è ciò che mi definisce, non è l’unica qualifica per questa posizione. Questo è importante per me: mi occupo di IntegrART perché mi piace e perché posso farlo. Non perché sono disabile. Ecco un’altra frase che mi piace citare per sottolineare l’importanza dell’inclusione: «Nothing about us without us». Ricordiamoci che l’arte spesso scaturisce da una crisi: chi conosce le crisi meglio delle persone con disabilità? Non possiamo più sfruttare le loro crisi ignorandole.

Come immagina il futuro di IntegrART?
IntegrART si impegna a portare e a promuovere l’inclusione nell’industria culturale. A lungo termine, mi piacerebbe vedere le arti della disabilità come una parte naturale della programmazione svizzera.