«Nato a La Valletta, residente ad Antigua, ex ufficiale della marina mercantile, pirata». La biografia è quella, ma i panni che indossa sono di questo secolo. Corto Maltese, mitico personaggio nato dagli acquerelli di Hugo Pratt, è tornato protagonista di una storia completamente nuova.
Oceano nero, questo il titolo, è l’esordio editoriale della «Cong», società vodese per la promozione artistica fondata dallo stesso Pratt. A firmarlo, sono lo sceneggiatore Martin Quenehen e il fumettista Bastien Vivès, che hanno coraggiosamente reinventato il Maltese, in una storia che lo vede sbarcare a Tokyo in compagnia di un vecchio Nikkei, ovvero un fascista giapponese appartenente a una setta di ultranazionalisti esiliati in Perù. Qui Corto va a teatro, fa fuori un tizio, piglia un libretto, parla con la figlia del vecchio nel frattempo decapitato; quindi si imbarca, naufraga (facendoci tornare in mente una scena di Una ballata del mare salato), finisce in prigione, e… insomma vive un bel po’ di avventure alla ricerca di un tesoro. Il tutto prende avvio nel 2001, alla vigilia dell’attentato alle Torri gemelle.
Diciamolo subito, se da una parte ha convinto la critica, dall’altra ha spaccato in due l’opinione degli appassionati: chi grida alla blasfemia, chi lo ama al di là di qualsiasi argomentazione, per partito preso (fosse anche solo per andare contro chi è contro).
A noi il fumetto è parso godibile, come lo è il tratto netto e pulito del pennino, compreso quel colore virtuale che riempie le immagini pur mantenendole essenziali, a ricordare alcune delle ultime tavole prattiane, quelle dai colori pieni dedicate alle scene di Tango. Tuttavia, l’operazione di svecchiamento agìta dagli autori per rendere accessibile il fumetto ai più giovani, ha prodotto un’importante perdita narrativa. Certo, il nuovo Corto Maltese, per fortuna, mantiene l’orecchino, ma ha perso altri segni fondamentali nella lettura semiotica del personaggio: il cappello della Marina mercantile e il mantello in doppiopetto appartengono a una sorta di codice iconico, e costituiscono la biografia del mito letterario, senza la quale diventa «altro».
Il nuovo Corto, infatti, indossa un cappellino da baseball che produce, sì, un immediato salto cronologico rispetto alle storie del noto personaggio, ma genera anche un «cambiamento di contenuto» – in questo fumetto più di quanto si percepirebbe forse in altri, dove comunque l’iconografia permette di identificare subito il protagonista. Ma d’altronde, togliereste mai la camicia rossa, i jeans e la giacca nera a Dylan Dog? Sarebbe come togliere mantella e maschera a Batman.
Il look di Corto richiamava però anche le sue origini, e pure gli forniva una connotazione caratteriale, che lo identificava come un «senza luogo» al pari di qualsiasi altro marinaio. Quando un restyling intacca il personaggio nella sua anima, qualcosa viene a mancare, al di là della storia: i fumetti prima di essere parole sono immagini. E di fatto, anche l’impermeabilità e l’imperturbabilità di Corto, già solo dall’immagine di copertina sembrano venir meno, per non parlare delle scene in cui Corto, nudo, si intrallazza eroticamente con la «sua» ragazza, certa Freya, giornalista d’assalto in forza agli eco-warriors; crolla così l’inafferrabilità di questo marinaio che come ti avvicinavi era già altrove.
Poi c’è la storia. Si ha come l’impressione di leggere non una nuova puntata, ma un insieme di frammenti rispolverati. Nell’originale, Corto Maltese, quando scopriamo che ha domicilio ad Antigua, si trova proprio in Asia, a Honk Kong, ed è il 1918. Ha 31 anni ed è un ex ufficiale in seconda da 8 anni. Pirata lo era già almeno da 5. Quindi verbalmente la «biografia coincide», però invece di trovarci negli anni dieci-venti del Novecento siamo negli anni di inizio duemila. E la domanda resta: perché non mantenere Corto Maltese nei suoi panni?
In fondo la linearità temporale è relativa e a modernizzare il fumetto potevano bastare tratto e storie. Secondo noi, infatti, Corto sta in tutti i tempi e in tutti i luoghi esattamente allo stesso modo, che sia nel 2001 o nel 2050, qui, in Cina o su Marte. Ma deve essere Corto Maltese. Quel Corto. Perché Corto non è tanto le sue storie, ma è un carattere e un pensare, che qui pure ci è sembrato un po’ debole: nelle nuvole ci è parso mancasse quell’indeterminatezza che rende speciali, filosofiche, criptiche, e talvolta pure mistiche, le storie prattiane. Non ci sono contraddizioni (o risposte apparentemente disgiunte dalle domande), non ci sono pensieri sospesi, non ci sono viaggi onirici (o pochissimo), non ci sono indigeni che parlano dialetto veneziano, non ci sono aperture dei non detto: qui è detto tutto. E va anche bene. Solo che non si distingue dagli altri fumetti come si distinguevano quelli del maestro di Malamocco.
Resta una bella lettura d’intrattenimento che consigliamo, in attesa di nuove sorprese: sebbene, infatti, la serie classica di mano prattiana continuerà ad essere edita da Rizzoli Lizard, Cong promette nuove avventure del marinaio secondo rivisitazioni immaginate, forse, persino da altre matite internazionali.