Asperiores, tenetur, blanditiis, quaerat odit ex exercitationem pariatur quibusdam veritatis quisquam laboriosam esse beatae hic perferendis velit deserunt soluta iste repellendus officia in neque veniam debitis placeat quo unde reprehenderit eum facilis vitae. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit. Nihil, reprehenderit!
Dove e quando
Vers une architecture: Reflexionen. Pavillon Le Corbusier. Zurigo. Höschgasse; tram 2/4 fermata Höschgasse o 15 min a piedi da Stadelhofen (non ci sono parcheggi auto). Orari: ma-do 12:00-18:00; gio 12:00-20:00; lu chiuso. Fino al 23 novembre 2025. pavillon-le-corbusier.ch

Cover of the first edition of Vers une architecture, 1923. Image: Fondation Le Corbusier, Paris

Jean Jacques Balzac, An office with a large window, 2025. Image: Jean Jacques Balzac
Le Corbusier, ritorno al futuro
Al Padiglione di Zurigo un percorso espositivo che invita a riflettere sull’attualità e le potenzialità della sua lezione
Emanuela Burgazzoli
Casa-museo? Summa architettonica? Testamento spirituale? Opera d’arte totale? Il Padiglione di Le Corbusier a Zurigo è tutto questo insieme e forse parte del suo fascino risiede in questa sua identità fluida.
Da poco riaperto al pubblico dopo la pausa invernale, l’edificio di proprietà della città di Zurigo e gestito dal Museum für Gestaltung è l’ultimo progettato dal grande architetto svizzero; era stata la gallerista e mecenate Heidi Weber a convincerlo a realizzarlo e a finanziarne la costruzione. Ultimato e inaugurato nel 1967, a due anni dalla morte di Le Corbusier, il padiglione sembra progettato ieri.
Già attraversando il parco e osservandolo dall’esterno, si può leggere questa costruzione dalle pareti colorate e dalle ampie vetrate, come segno tangibile di una nuova epoca che ha imposto all’architettura una revisione dei suoi valori; nuove linee, uso funzionale dei colori e dei materiali, la geometria delle forme, i confini labili tra esterni e interni, la leggerezza strutturale e l’armonia delle proporzioni.
Accedendo all’interno e girando per le sale, si ha l’impressione di muoversi tra le pagine di un catalogo tridimensionale delle idee più innovative di Le Corbusier che non riguardano soltanto la distribuzione dei volumi, la disposizione delle pareti interne, la posizione e l’ampiezza delle vetrate e delle finestre, la struttura delle scale, ma ogni dettaglio di arredo interno, dalle maniglie delle porte agli spigoli delle strutture portanti.
La visita si trasforma anche in un viaggio nel tempo, in bilico tra storia, memoria e un futuro che era già lì, stampato sulle pagine del saggio-manifesto Vers une architecture, saggio-manuale che segna l’avvio di una rivoluzione nell’architettura del XX secolo.
Dopo la Prima guerra mondiale il mondo stava rapidamente cambiando: la fisica quantistica, l’industrializzazione, l’ingegneria dei materiali che ricorre al cemento e al ferro, una cultura della costruzione con nuove esigenze abitative per una società regolata da una nuova economia, tanto che la casa diventa un problema di un’epoca, e per LeCorbusier «la maison est une machine à habiter».
I valori assoluti per l’architetto, pittore, scultore e scrittore, sono il volume, la superficie, il piano, che sono i titoli dei capitoli del libro, le cui singole pagine formano una singolare quadreria.
L’architettura avrebbe dovuto nutrirsi dell’estetica dell’ingegneria, rispettando una logica funzionale: ecco perché le sedie «sont des machines à s’asseoir» e l’elettricità serve soltanto a illuminare – con proiettori nascosti e luce diffusa: tutto è pensato nei dettagli per la comodità e la funzionalità, progettato su misura per il corpo umano.
Letteralmente su misura: infatti l’altezza dei soffitti ideale è fissata a 226 cm e l’altezza di un armadio a muro a 183/86 cm e quella di un tavolo a 70 cm, misure ricavate dal sistema di divine proporzioni del suo celebre «Modulor» (nel padiglione ne troviamo una versione su carta), che rappresenta una silhouette di un uomo alto 183 cm con il braccio alzato: la versione modernista dell’uomo vitruviano di Leonardo.
Se Vers une architecture resta un libro unico anche per il suo stile, la sua struttura e per le sue scelte iconografiche, diventando in breve tempo una pietra miliare nella storia dell’architettura (come dimostrano le decine di traduzioni ed edizioni del volume in tutte le lingue esposte nel piano seminterrato), l’allestimento nel piano seminterrato del padiglione dimostra quanto la figura di Le Corbusier sia stata sottoposta a una lettura critica con gli anni e quanto la sua lezione resti ancora oggi un punto riferimento imprescindibile in ambito accademico.
Rispondono in videointerviste architetti del presente, come Tom Emerson (co-fondatore di 6a architects e professore al Politecnico di Zurigo) che invita a rileggere quel libro – come un testo retorico, con una sua bellezza, letteraria, grafica e compositiva, ma per altri aspetti sorpassato, in quel suo «proporre di tornare alle pure fonti» della classicità greca, che oggi nessuno forse cerca più, o in quella stretta connessione tra tecnica ingegneristica e architettura. Per An Fonteyne, docente di design, le riserve sono legate agli atteggiamenti misogini di Le Corbusier, ma anche all’idea di un’architettura-tempio e di un formalismo modernista lontani da certi ideali democratici, principi che non si sente più di proporre ai suoi studenti.
Più che di rivoluzione, Tom Emerson preferisce parlare di evoluzione quindi, perché l’architettura dopo Le Corbusier si è sviluppata in molteplici direzioni: le sue idee restano feconde, come dimostrano gli otto progetti selezionati realizzati per la mostra temporanea dedicata a possibili visioni future dell’architettura, alle prese con nuove sfide come la digitalizzazione, la sostenibilità e la giustizia sociale.
Se «la maison est une machine à habiter» il Drawing Architecture Studio di Pechino, rovesciando il concetto con piglio ludico e ironico, ha realizzato maquette di veicoli che fungono da case e all’occorrenza da spazio di lavoro ambulanti; un furgone-gelateria, una camionetta-biblioteca, un camper-ambulatorio, moduli multifunzionali adatti alla caotica vita di una metropoli contemporanea.
Se Le Corbusier visualizzava le sue idee attraverso testi, disegni e fotografie, l’architetto parigino Jean Jacques Balzac realizza progetti effimeri grazie a immagini digitali generate dall’intelligenza artificiale; Habitat è una carrellata di ambienti ibridi, abitativi e lavorativi, perfettamente calibrati tra natura e tecnologia, ancestrali e tecnologici allo stesso tempo, dove una scrivania è attorniata da pareti rocciose e da vetrate geometriche di stile modernista o uno spazio living con divano design è adagiato sul letto di un torrente, in una foresta di conifere: luoghi adatti a una vita contemplativa, più che alla frenetica produttività del capitalismo postmoderno.
Da citare anche i progetti dello studio newyorchese Limbo Accra specializzato nel rinnovo e riuso di vecchi edifici modernisti abbandonati nell’Africa occidentale, testimoni del fallimento di certi ideali urbanistici. L’architettura e l’ambiente sono plasmati anche dalle infrastrutture dei dati – hardware, strutture per l’archiviazione e la protezione delle informazioni – come dimostra Datapolis il progetto di ricerca dell’università tecnologica di Delft illustrato grazie alle fotografie Paul Swagerman.
Progetti visionari che si intrecciano alle riflessioni sulla storia, che attraverso l’architettura rendono più comprensibile un futuro che già abitiamo.