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Dove e quando
Angelo Giorgetti (1899-1960). Dalla Parigi degli «Anni folli» al Ticino del Dopoguerra. Pinacoteca Züst, Rancate. Fino al 7 settembre 2025.
Orari: da ma-ve: 9-12/14-17;sa-do e festivi: 10-12/14-17; luglio e agosto: 14-17; chiuso il lunedì. www.ti.ch/zuest

Angelo Giorgetti Ritratto di signora in giallo, 1940 olio su tela (Collezione Famiglia Giorgetti, Lugano)
Angelo Giorgetti, il pittore dell’attimo fuggente
Rancate ospita la prima mostra monografica dedicata a questo talentuoso artista dimenticato
Alessia Brughera
Quello di Angelo Giorgetti è un nome poco noto ai più. Attivo nella prima metà del Novecento, il pittore e scultore nato a Milano da una famiglia ticinese appartiene a quella cerchia di artisti che, nonostante siano riusciti a costruirsi una solida reputazione, sono rimasti figure conosciute e apprezzate solo da un ristretto gruppo di intenditori e collezionisti.
L’esilio di Giorgetti tra i «dimenticati dell’arte» appare strano perché, anche solo scorrendo la sua biografia, ci si rende conto di avere a che fare con un uomo curioso e intraprendente, capace, poco più che ventenne, di partire alla volta di Parigi mosso dal desiderio di vivere della propria pittura.
Senza il consenso della famiglia (il padre Mario, direttore di banca, voleva per lui un futuro più stabile) e con non poche difficoltà economiche, Giorgetti sceglie la Ville Lumière, in quanto luogo stimolante e dal respiro internazionale dove potersi sentire libero e appagato.
D’altra parte non può stupire che un artista eclettico e avventuroso come lui abbia deciso di vivere nella capitale della modernità, per giunta nei cosiddetti «Anni folli» parigini, in quel clima cosmopolita di grande effervescenza culturale che travolse la città dopo la fine del primo conflitto mondiale. Uomo dalle tante passioni e aperto alle gratificazioni della vita, in Francia l’artista trova terreno fertile per il suo entusiasmo.
A rendere Giorgetti una figura per certi versi sui generis è anche il suo approccio all’arte, un modus operandi che lo vede procedere controcorrente rispetto alle tendenze del tempo e che ne mette in risalto la risolutezza nell’accostarsi alla pittura in maniera diretta e genuina.
Del 1955 è l’emblematica testimonianza dello storico Giuseppe Martinola: «Pittori in giro per le piazze, al parco, sulla riva non se ne vedono quasi più; e anche quelli che uscivano all’aperto, che lavoravano en plein air si sono tappati nei loro studi silenziosi. Il Giorgetti ha saputo tener duro, continuando una tradizione che s’è venuta spegnendo. Invidiabile lui, ha superato il fastidio della gente che si accalca intorno curiosa e che ha fatto battere in ritirata tanti altri, si è corazzato contro il rumore e il frastuono della città, contro le mutevolezze del clima a cielo scoperto».
Peculiarità della pittura di Giorgetti, difatti, è la rapida esecuzione del soggetto, sia esso un paesaggio o un ritratto, proprio per riuscire a restituire con intuizione e tempestività tutti gli aspetti che lo caratterizzano nel preciso momento in cui viene immortalato.
Tale abilità di cogliere l’attimo con uno stile che non si attarda «nella ricerca di raffinatezze e in costruzioni mentali», per citare ancora il Martinola, si sposa però con l’estrema attenzione per l’equilibrio formale della composizione, per gli effetti luministici e per l’uso del colore.
Lungo il suo cammino, troviamo l’artista frequentare a Milano l’atelier di Adolfo Wildt, dal quale assimila il rigore plastico della scultura simbolista, e studiare sotto la guida del pittore Aldo Carpi. Nel 1924 parte per Parigi, dove resterà per ben quindici anni seppur con ritorni periodici a Lugano.
Nella capitale francese, forse in contatto con la nutrita colonia di ticinesi che proprio in quegli anni, grazie all’Associazione Pro Ticino, conduce una vita molto attiva a livello sociale e culturale, Giorgetti inizia la sua nuova avventura senza risparmiarsi in impegno e fatica. Frequenta l’Académie Julian, scuola improntata a incentivare la libertà espressiva degli studenti, e partecipa al Salon de la Société des Artistes Français, l’esposizione annuale che si tiene al Grand Palais.
Nel quartiere di Montmartre, «la collina degli artisti», si dedica alacremente alla pittura e apre anche un’attività come disegnatore d’arte tessile, collaborando con molta probabilità con Robert Ruepp, celebre designer di tessuti e carte da parati.
Quando nel 1939 Giorgetti rientra in Ticino viene accolto come il figliol prodigo tornato in patria con il prestigio di una lunga esperienza a Parigi. A Lugano e a Zurigo raccoglie i primi consensi sia per la vivacità e la schiettezza della sua pittura, sia per la sua capacità di passare con estrema disinvoltura da un soggetto all’altro, dedicandosi anche a tecniche differenti.
Attraverso un percorso al contempo cronologico e tematico, la mostra allestita nelle sale della Pinacoteca Züst di Rancate, curata da Simona Ostinelli, racconta la parabola artistica di Angelo Giorgetti radunando opere compiute dall’artista dagli anni Venti alla fine degli anni Cinquanta.
Questa rassegna è la prima monografica del pittore e presenta un nutrito nucleo di dipinti, disegni, mosaici e sculture a cui si aggiungono fotografie e documenti inediti che permettono altresì la conoscenza degli aspetti legati alla vita privata di Giorgetti.
I primi dipinti in esposizione ci parlano non a caso della sua famiglia, come i ritratti della moglie Jolanda Lanfranchini o del figlio Michelangelo, testimonianze del forte sentimento che ha sempre unito il pittore ai suoi cari. Interessanti anche le prove iniziali dell’artista sotto la guida di Adolfo Wildt che attestano la sua abilità nella lavorazione del marmo.
Alcune fotografie, invece, ci riferiscono del «Giorgetti bon vivant», immortalato sugli sci, a cavallo e a un ballo in maschera, introducendo così la sezione dedicata agli anni parigini.
Tra le opere realizzate in questo periodo troviamo Il vestito nero, una tela che effigia un’affascinante donna con un vaporoso abito da sera che ricorda le dame parigine di Paul Albert Laurens, maestro di Giorgetti all’Académie Julian.
Oltre a vedute di Notre-Dame e a suggestivi scorci di Montmartre, spicca il ritratto, datato 1936, di Elsa Franconi-Poretti, giornalista, scrittrice e politica luganese molto attiva professionalmente in quegli anni, anche lei a Parigi insieme al marito, presidente della Pro Ticino.
Lavoro significativo nella produzione di Giorgetti è Ritratto di signora in giallo, del 1940, una sorta di anello di congiunzione tra il periodo francese e il ritorno in Ticino: il quadro rappresenta un’elegante dama dal fisico statuario e dallo sguardo fiero, sicuramente uno dei più riusciti del pittore.
A documentare la versatilità di Giorgetti ci sono poi alcuni mosaici a soggetto sacro degli anni Cinquanta e i bozzetti eseguiti per il concorso per gli affreschi delle cappelle della chiesa parrocchiale di Morcote. Bella anche la serie di nudi, un tema, questo, che l’artista declina in varie tecniche e che gli permette di esercitarsi con grande libertà sulla figura umana.
Anche le nature morte, alcune delle quali tradiscono i dettami compositivi di Cézanne, e i paesaggi, dedicati non solo al Ticino ma anche alla natura incontaminata dell’Engadina, in particolare alla Val Poschiavo, terra d’origine della moglie Jolanda, ci raccontano di un artista che sa destreggiarsi tra vari soggetti e tecniche espressive con quel piglio energico e vivace grazie al quale è sempre riuscito a impadronirsi della scena rappresentata per riconsegnarla nella sua seducente immediatezza.