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Politica famigliare svizzera, una brusca frenata

Per gli asili nido non ci sono i soldi, afferma la Commissione che si occupa di socialità del Consiglio degli Stati: il pacchetto da 770 milioni di franchi previsto dal Nazionale per favorire la conciliabilità è da affossare
/ 15/07/2024
Roberto Porta

Quella che state per leggere può senza ombra di dubbio essere chiamata la «cronaca di un affossamento». E come ogni cronaca che si rispetti ha una data di inizio: l’8 dicembre del 2022. Quel giorno a Berna la Commissione del Consiglio nazionale che si occupa di sicurezza sociale approvò un pacchetto da 770 milioni di franchi per agevolare l’accesso agli asili nido, con lo scopo di migliorare la conciliabilità tra compiti famigliari e impegni professionali, e facilitare così il ritorno al lavoro delle neo-mamme: alla nascita di un figlio sono spesso loro a prendere un congedo più o meno lungo per poi ricominciare un’attività lavorativa. Le statistiche lo dicono da tempo, la retta degli asili nido nel nostro Paese è decisamente onerosa, visto che è la più cara in Europa e che per pagarla i genitori devono impegnare in media un quarto del loro bilancio famigliare. La legge forgiata nel dicembre di due anni fa mirava a ridurre del 20% questa fattura. Si trattava di un intervento su scala nazionale in un ambito però di competenza cantonale, con un mosaico composto da 26 sistemi diversi e in cui circa il 90% delle strutture di accoglienza dei bambini si trova nelle mani di operatori privati.

Successivamente, nel marzo del 2023, l’argomento approdò in Consiglio nazionale dove una maggioranza di centro-sinistra diede il proprio nullaosta a questo investimento annuale di 770 milioni, con aumenti previsti per gli anni successivi fino a sfiorare il miliardo di franchi. Una cifra mai vista nel settore della prima infanzia. Contrari l’UDC, che da sempre ritiene che la famiglia sia una questione privata, e con essa anche l’accudimento dei figli, e il partito liberale radicale, che invece sostiene che in questo ambito si debba rispettare la competenza cantonale; per il PLR il federalismo va onorato anche quando si tratta di asili nido. Da notare che questo progetto aveva ricevuto anche l’appoggio esterno, per nulla scontato, dell’Unione padronale svizzera. A suo dire questa nuova misura permette alle madri di tornare al lavoro con più facilità, di far valere le loro competenze professionali e di risolvere almeno in parte l’ormai cronica carenza di personale nel nostro Paese, riducendo così anche i flussi migratori, in particolare quelli in arrivo dall’Unione europea.

Ma torniamo all’iter parlamentare. La tappa successiva prevedeva il passaggio di questo dossier all’altra Camera del nostro Parlamento, e in prima battuta alla Commissione che agli Stati si occupa di socialità. E qui la musica è cambiata decisamente di tono. Per i senatori di questa commissione la Confederazione non deve assumersi i costi di questo pacchetto, visto che rispetto a due anni fa il nostro Paese si trova confrontato con una serie di impegni supplementari dovuti in particolare all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e a un nuovo quadro geopolitico a livello continentale. In altri termini, l’esercito richiede ora investimenti miliardari e così, anche a causa di altri fattori, i conti della Confederazione sono sempre più in sofferenza. Per gli asili nido quindi non ci sono i soldi, quanto previsto dal Consiglio Nazionale è da affossare. Per questa Commissione del Consiglio degli Stati tocca invece ai datori di lavoro farsi carico di questo onere, visto che saranno loro a beneficiarne, con la possibile assunzione di nuovi dipendenti. Questo sussidio dovrà essere finanziato attraverso un aumento degli assegni famigliari, già oggi a carico degli imprenditori per un totale di circa sei miliardi all’anno.

Il pacchetto elaborato dai rappresentanti dei Cantoni si articola su diverse varianti, quella di base prevede un costo annuale di 640 milioni, ce ne sono poi altre più onerose, fino ad un massimo di quasi un miliardo di franchi. I senatori hanno elaborato anche altri modelli in cui anche la Confederazione viene chiamata a finanziare parzialmente questo nuovo investimento sociale e altre ancora in cui si prevede di aumentare le deduzioni salariali e quindi di chiamare alla cassa anche i lavoratori dipendenti. Insomma, a questa commissione non è di certo mancata la fantasia e visto che tra i tredici senatori che la compongono non si trovava una soluzione di compromesso si è persino deciso di aprire una procedura di consultazione tra i partiti, i Cantoni e le varie associazioni che si muovono in questo ambito. Una procedura che si è conclusa un mese fa e dopo la pausa estiva si dovranno valutare le diverse prese di posizione ricevute. Fin da ora è comunque chiaro che la maggioranza dei membri dell’Unione padronale svizzera non è intenzionata a finanziare da sola questo nuovo investimento in favore degli asili nido. È semmai disposta a farlo se anche la Confederazione, i Cantoni e i dipendenti accettassero pure loro di passare alla cassa. Va detto che in questo ambito la competenza cantonale, e anche comunale, ha dato vita negli anni a diversi sistemi di finanziamento e che in vari Cantoni, in Romandia e in Ticino, vi sono già dei modelli misti, in cui vari attori partecipano al finanziamento degli assegni famigliari, che ammontano, lo ricordiamo, ad un minimo di 200 franchi al mese per ogni figlio fino ai 15 anni di età, per poi passare a 250 franchi per i figli in formazione, fino al compimento dei 25 anni.

Da diversi anni la Confederazione finanzia già un proprio programma in favore della custodia extra-famigliare dei bambini e proprio nel giugno scorso questo impegno è stato prolungato dal Parlamento fino al 2026, con un sussidio di 50 milioni di franchi. Si tratta di una sorta di soluzione provvisoria che dura da circa vent’anni – «i tempi della politica» a volte possono essere davvero lunghi – in attesa dell’entrata in vigore di una vera e propria legge in materia, quella che si trova ora al vaglio del Parlamento. Nel frattempo, il partito socialista ha lanciato una propria iniziativa popolare su questo tema. Iniziativa che il Governo ha respinto nel giugno scorso, proprio perché la considera troppo onerosa. Il progetto del PS prevede che i costi per la custodia dei bambini, dai tre mesi di età fino al termine della scolarizzazione di base, non superino il 10% del budget famigliare, con la Confederazione chiamata a intervenire coprendo i 2/3 dei sussidi. I Cantoni devono dal canto loro garantire un adeguato numero di posti a disposizione negli asili nido e in altre strutture extra-scolastiche complementari alla famiglia. Al di là delle discussioni in Parlamento, su una legge pensata anche come contro-progetto a questa iniziativa, sarà dunque il popolo ad avere l’ultima parola. Il ruolo delle mamme, ma in definitiva anche dei padri, alla prova dunque della democrazia diretta.