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Intanto in Islanda…
Anche l’Islanda ha una nuova presidente: Halla Tómasdóttir, imprenditrice e investitrice, che ha superato l’ex prima ministra Katrín Jakobsdóttir e un’affollata schiera di candidati. A differenza del Messico, il Paese ha una lunga tradizione di donne elette ad alte cariche. A partire da Vigdís Finnbogadóttir, eletta presidente della Repubblica nel 1980 (fu la prima al mondo). Riconfermata per ben quattro volte, nel 1996 non ripresentò la sua candidatura. / RED.
Chi è la prima donna a guidare il Messico
Potentissime, la neopresidente Claudia Sheinbaum dovrà confrontarsi con problemi enormi, come povertà e violenza delle gang. Riuscirà ad emanciparsi dal suo mentore Andrés Manuel López Obrador?
Cristina Marconi
Messico, nuvole e soffitto di cristallo in mille pezzi: dopo una vittoria elettorale fragorosa, da dicembre prossimo e fino al 2030 sarà una donna, Claudia Sheinbaum (nella foto), a guidare il Paese per la prima volta nella sua storia. E che storia. Fino al 1953 alle presidenziali votavano solo gli uomini e la prima governatrice di uno dei 31 stati federali è arrivata solo 9 anni fa. Ogni giorno, secondo statistiche caute, almeno 10 donne o bambine vengono uccise e la cultura machista, nonostante un sistema di quote che ha permesso una parità invidiabile a livello istituzionale, è ancora pervasiva. Eppure l’ex sindaca di Città del Messico, sessantunenne fisica e ingegnera ambientale, ha vinto con poco meno del 60% dei voti contro una sfidante donna e anche lei ingegnera, e l’unico maschio della partita ha racimolato un misero 10%. Il simbolo è potente, anche se non si può non sottolineare come Sheinbaum abbia ancora tutto da dimostrare in termini di autonomia dal suo mentore, Andrés Manuel López Obrador, detto AMLO per brevità, fondatore del partito Morena e populista di sinistra all’ombra del quale è cresciuta politicamente e rispetto al quale ha promesso di mantenere una linea di assoluta continuità. Anche se quella linea è molto problematica nell’affrontare problemi enormi, come la violenza che distrugge il Paese e che ha portato all’uccisione di una trentina di candidati durante una campagna elettorale infuocata.
Ma partiamo da Sheinbaum: nata in una famiglia di scienziati, ebrea – anche questa è una prima volta, in un Paese fortemente cattolico – e legata ai movimenti studenteschi di cui è stata una partecipante molto attiva, la donna ha fatto parte di un panel di scienziati che ha vinto il Nobel per la pace per il lavoro svolto sul clima. Il suo primo incarico di Governo è stato da sottosegretaria all’Ambiente del governo di AMLO e, anche se sulla carta le sue credenziali non potrebbero essere migliori, ha poi avallato politiche discutibili da un punto di vista ambientale durante il suo quinquennio da sindaca, dal 2018 al 2023, come il secondo anello della sopraelevata della capitale e la pesante cementificazione di una città già soffocata, e non ha mai disatteso la linea a favore dei combustibili fossili del suo ex capo. Nel suo programma per la presidenza ha annunciato che investirà 14 miliardi di dollari in energie pulite, ma non è a favore degli investimenti privati nelle rinnovabili, in linea con il suo predecessore, e questo rende le sue politiche più rigide, al di là delle sue convinzioni personali, schiettamente ambientaliste a detta di tutti. Il Messico è l’unico Paese del G20 a non avere un piano per l’azzeramento delle emissioni e bisognerà vedere quanto Sheinbaum si darà da fare per invertire la rotta su un tema politicamente delicato.
Il Messico è la 14ma economia del mondo, con 127 milioni di cittadini, ed è da poco diventato il primo partner commerciale degli Stati Uniti grazie al più recente accordo di libero scambio che ha permesso a Sheinbaum di superare la profondissima avversione per il vecchio Nafta (North American Free Trade Agreement, accordo di libero scambio fra Usa, Canada e Messico entrato in vigore nel 1994) all’origine di «trentasei anni di atroce impoverimento e disuguaglianze». Al momento il peso è fortissimo, ma il Paese ha un deficit del 6% e una compagnia petrolifera, Pemex, piena di debiti. Dovrà anche risolvere rapporto con la Cina, che ha spostato molte società in Messico per aggirare i dazi commerciali. Donald Trump ha annunciato che imporrà tariffe del 100% sulle macchine cinesi prodotte in Messico, se fosse rieletto.
Le elezioni, con l’affluenza alle stelle, sono state viste come un referendum sull’operato di AMLO, un populista che ha conquistato i cuori della gente aumentando il salario minimo e i sussidi statali, ma con una visione personalistica del potere e più di qualche tentazione di indebolire le tutele democratiche. L’ex presidente ha battezzato la sua stagione politica «la quarta trasformazione», laddove le prime tre sono nientepopodimeno che l’indipendenza, il periodo delle riforme e la rivoluzione messicana. E Sheinbaum vuole portare avanti il «secondo capitolo» di questa transizione. Tuttavia, non tutte le sue idee convincono una comunità internazionale che ha guardato con perplessità all’operato di AMLO. Nonostante il passato da militante di sinistra, Sheinbaum vorrebbe lasciare ai militari la gestione di aeroporti e altri luoghi pubblici – «con un comandante civile, che sarò io» – ed è a favore dell’elezione diretta dei membri della Corte suprema, una mossa che rischia di politicizzare ulteriormente le istituzioni e che, sottolinea «The Economist», rischia di alienare le simpatie della Casa Bianca, qualora vi rimanesse Joe Biden. Sui rapporti con gli Stati Uniti pesa anche la crisi del Fentanyl, l’oppioide sintetico 50 volte più potente dell'eroina, che viene preparato in Messico e che l’anno scorso ha fatto 75mila morti. Il buon vicinato è ancora in larga parte da (ri)costruire.
In campagna elettorale, mentre visitava una delle tante zone del Paese in mano a gang violente e narcotrafficanti, è stata assaltata da uomini mascherati che si sono poi rivelati essere degli attivisti che volevano indirizzare la sua attenzione sul tema della violenza nel Paese. López Obrador aveva deciso di usare «abbracci e non proiettili» contro le gang, cercando di affrontare le cause sociali e lasciando di fatto campo libero ai cartelli, che terrorizzano la gente e non lasciano loro altra scelta che emigrare. La neo presidente, che a Città del Messico ha ottenuto dei discreti risultati con un approccio molto tecnocratico, ha promesso che rafforzerà la guardia nazionale e metterà regole più stringenti contro l’impunità. La reputazione del Paese, da questo punto di vista, è un grande punto debole: per gli investitori internazionali non è certo un posto attraente. Le femministe non sono convinte che la sua affermazione sia una vittoria per tutte, al di là della potenza simbolica. Nel Paese dal 2002 esistono delle quote e dal 2019 è in vigore la parità obbligatoria da un punto di vista costituzionale. E anche da un punto di vista simbolico, il distacco rispetto al padre politico López Obrador, che non poteva ricandidarsi e che continua ad avere un grande sostegno popolare nonostante i risultati modesti raggiunti, è cruciale. Il rischio che Claudia Sheinbaum rimanga solo una sua ventriloqua esiste. Ora che ha il potere, si spera che lo usi nel migliore dei modi.