L’invasione russa dell’Ucraina ha messo a dura prova la concordia all’interno dell’Ue. L’unità dei 27 Paesi membri resiste, almeno fin ora, anche se la ricerca di soluzioni comuni stenta a realizzarsi in più settori. Sulle questioni energetiche, per esempio. Sugli obiettivi della guerra, dove i Paesi della parte orientale e del nord del Continente vorrebbero una vittoria dell’Ucraina, mentre i Paesi del centro e del sud optano piuttosto per il rapido raggiungimento della pace. Sull’immigrazione, vecchio problema mai superato che è tornato in primo piano con la nave Ocean Viking e la rissa diplomatica tra l’Italia e la Francia. Oltre a queste profonde difficoltà, negli ultimi tempi è sorto un ulteriore ostacolo che rischia di incidere negativamente sulla coesione interna dell’Unione. Trattasi del raffreddamento delle relazioni tra la Francia e la Germania.
Per decenni l’asse Parigi-Berlino è stato considerato il motore della costruzione europea. Tutte le decisioni importanti per il divenire dell’Europa non venivano prese senza il consenso preliminare delle due capitali. E l’intesa bilaterale trovava un’eco nei cordiali rapporti che esistevano tra i leader dei due Paesi. Tra Charles De Gaulle e Konrad Adenauer; tra Valéry Giscard d’Estaing e Helmut Schmidt; tra Helmut Kohl e François Mitterrand; tra Gerhard Schröder e Jacques Chirac; tra Angela Merkel e François Hollande ed Emmanuel Macron. Con l’arrivo di Olaf Scholz alla Cancelleria tedesca qualcosa si è rotto e le divergenze si sono moltiplicate. Berlino ha stanziato 200 miliardi di euro per aiutare le aziende e i privati, costretti a far fronte al rincaro delle bollette energetiche. La decisione è stata presa senza avvertire né Parigi né le altre capitali europee. La Germania ha aumentato il suo bilancio militare ma una buona parte dei soldi stanziati viene impiegata per comperare materiale bellico al di fuori dell’Ue. Il cancelliere Scholz, che è stato sindaco di Amburgo dal 2011 al 2018, ha offerto alla Cina una partecipazione nel porto della città sulle rive dell’Elba e si è recato a Pechino con una delegazione economica tedesca senza proporre ad altri leader europei di accompagnarlo. La dipendenza energetica della Germania nei confronti della Russia, accumulata negli anni da Angela Merkel, non sembra costituire una prassi abbandonata.
Anche il presidente Macron ci ha messo del suo. In maggio ha lanciato il progetto della Comunità politica europea (Cpe) senza coinvolgere altri leader nell’elaborazione del progetto. La Cpe, alla quale partecipa anche la Svizzera, ha fatto una prima riunione in ottobre, a Praga, e terrà il prossimo incontro in Moldavia. Il presidente francese ha bloccato il progetto, caro a Berlino, di un gasdotto dalla Spagna alla Germania, attraverso il territorio francese. Infine Macron ha dovuto incassare le critiche tedesche per non sostenere chiaramente l’adesione all’Ue dei Paesi dei Balcani occidentali (Montenegro, Serbia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del nord).
La prova concreta della distanza tra Parigi e Berlino è stata la cancellazione del Consiglio dei ministri franco-tedesco. È un incontro che avviene ogni anno e che quest’anno avrebbe dovuto svolgersi a Fontainebleau, il 26 ottobre. La riunione è stata prima annullata e poi rinviata all’anno prossimo. Per non rendere pubblica la frattura, Macron e Scholz si sono trovati per un déjeuner de travail. Dietro alle divergenze emergono due diverse visioni dell’Europa. Il presidente francese vuole un’Europa sovrana e forte, anche militarmente, nel cui centro verrebbe volentieri la Francia, unico Paese dell’Ue a detenere l’atomica. È una visione che non tiene conto dei cambiamenti intervenuti dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ossia il rafforzamento politico dell’Europa orientale, il ritorno degli Usa sul vecchio Continente e la rinascita della Nato. Queste modifiche geostrategiche indeboliscono l’attuale centro di gravità dell’Ue e lo spingono verso est. Il cancelliere tedesco continua con la tradizionale posizione della Germania che, per lo meno nel settore della sicurezza, guarda con più interesse agli Stati Uniti che non alla Francia, e cerca di rivedere il modello economico, fin ora basato sulla Russia, come Paese fornitore di gas, e sulla Cina, come sbocco dei suoi prodotti commerciali. Sa però che l’Ue, in tempi non troppo lunghi, si allargherà ad est per incorporare Paesi come l’Ucraina e la Georgia e che ciò assegnerà a Berlino un ruolo politico ed economico ancora più centrale e probabilmente più accattivante di quello di Parigi.
Un ultimo elemento di cui conviene tener conto, anche se non è decisivo, sono le relazioni umane tra i due leader. Tra di loro non c’è niente che ricordi l’immagine scattata a Verdun nel 1984, tra Kohl e Mitterrand, mano nella mano, davanti alle tombe dei soldati caduti, tedeschi e francesi, durante la prima guerra mondiale. Una foto che poi divenne simbolo della rappacificazione franco-tedesca. È impossibile prevedere come queste relazioni evolveranno, se miglioreranno. Macron è in carica fino alla prossima elezione presidenziale (2027). La permanenza di Scholz al potere dipenderà dalla tenuta della coalizione ch’egli guida, con gli alleati verdi e liberali, e quindi dall’evoluzione della politica interna tedesca. L’asse Parigi-Berlino ha dunque perso parte del vigore che l’ha caratterizzato negli ultimi decenni. Probabilmente non verrà sostituito da un altro asse tra capitali europee. Evolverà, condizionato dallo sviluppo interno dell’Unione, dai tempi che saranno necessari per arrivare alla fine della guerra e dalla forza che avranno i movimenti populisti e nazionalisti nei Paesi europei.