I danni economici provocati dalla pandemia del coronavirus sono sempre più evidenti. Nel primo trimestre, nell’area dell’euro e nell’Unione europea il prodotto interno lordo (PIL) destagionalizzato è sceso del 3,8% e rispettivamente del 3,5% rispetto al trimestre precedente. Non si assisteva a una tale flessione del PIL dall’inizio della serie temporale del 1995.
Appare chiaro fin da ora che i dati per il secondo trimestre saranno ancora peggiori. Infatti, l’arresto dell’economia è avvenuto solo a metà marzo, mentre in aprile il lockdown è durato più a lungo. Inoltre, a partire dal mese di maggio, l’economia è stata riavviata solo gradualmente e con un ritmo lento.
In considerazione degli ampi pacchetti di aiuti statali, l’indebitamento dei Paesi dell’euro è notevolmente aumentato. In particolare, i Paesi fortemente indebitati, come l’Italia, sono ora al centro dell’attenzione. Ciò pone nuovamente in primo piano la questione della comunitarizzazione del debito in termini di unione monetaria.
Infine, all’inizio di maggio, la Corte costituzionale federale tedesca ha classificato gli acquisti obbligazionari della Banca centrale europea (BCE) da miliardi di euro come parzialmente incostituzionali (sono esclusi tuttavia gli attuali programmi di emergenza della BCE nella crisi del coronavirus). Secondo la sentenza, gli acquisti di titoli sono sproporzionati per garantire la stabilità dei prezzi e vanno pertanto oltre il mandato della BCE. Anche se la BCE ha ora tre mesi di tempo per dimostrare la proporzionalità, si è aggiunto un altro fattore di incertezza.
Tutte queste preoccupazioni pesano sulla moneta unica. L’euro dovrebbe quindi continuare a tendere all’indebolimento. Soprattutto nei confronti del franco svizzero, difficilmente riuscirà a staccarsi dal suo attuale livello di cambio. Nei prossimi dodici mesi prevediamo che l’euro si attesti a 1,05 franchi.