I prossimi passi per esplorare e usare lo Spazio a beneficio dei cittadini europei erano la voce in agenda di un meeting tenutosi a metà giugno 2022 in Olanda all’ESTEC, il centro tecnico operativo dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Vi ha partecipato anche l’amministratore della NASA, nel chiaro intento politico di dar peso alla collaborazione europeo-americana in campo spaziale e come segno di apprezzamento per il ruolo che l’Europa svolge e svolgerà nei programmi comuni che porteranno l’uomo sulla Luna e su Marte. La guerra in Ucraina ha congelato i rapporti con la Russia, che adesso mirerebbe, per ritorsione o per calcolo, ad avvicinarsi alla Cina, mentre gli Stati Uniti sembrano cercare coesione con l’Europa. Il conflitto sviluppatosi a terra potrebbe andare oltre la nostra atmosfera e condizionare il lavoro nello Spazio.
Come è noto l’ESA fornisce i moduli di servizio per la nuova capsula americana Orion, destinata a portare gli astronauti sulla Luna e oltre. È anche coinvolta nella Stazione spaziale internazionale (ISS), dove gli americani e gli europei stanno oggi vivendo con i russi da separati in casa, ciascuno nei propri moduli nella misura del possibile. La Russia ha annunciato di volersi ritirare nel 2024. ISS finirà di operare alla fine di questo decennio e il futuro appare incerto. Di sicuro c’è la disponibilità e la volontà degli americani di portare presto anche un europeo a calcare con loro il suolo lunare. Lo ha affermato Bill Nelson, amministratore della NASA, nel ricordato meeting di metà giugno. Questo «premio» sottolineerebbe l’apprezzamento USA per il prezioso contributo europeo al programma Artemis, che riporterà l’umanità sulla Luna. A sottolineare l’aspetto politico e propagandistico dell’intera operazione sono già stati annunciati come obiettivo la presenza di una donna e di un uomo di colore tra gli astronauti che sbarcheranno sul nostro satellite naturale.
Una tappa fondamentale del programma Artemis è la messa in orbita attorno alla Luna di una stazione spaziale, il Lunar Gateway (Portale lunare) usato come punto di appoggio per il successivo sbarco. È stata progettata dai partner dell’attuale ISS e quindi dalla NASA americana, dalla russa Roscosmos, dall’ESA e dalla JAXA giapponese. Si compone di diversi moduli più un braccio robotico fornito dal Canada. Il lancio di Gateway, previsto a partire dal 2024, probabilmente subirà ritardi e modificazioni (c’erano anche componenti russe nel progetto) ma si farà. Nell’operazione per parte americana saranno coinvolti anche i privati, gli Elon Musk e i Jeff Bezos per intenderci, e sicuramente degli altri. Questi miliardari che vi metteranno i loro lanciatori e un sacco di soldi non mirano di certo alla Luna al fine di accrescere il sapere dell’umanità, ma per fare affari. Sul nostro satellite naturale vi sono risorse minerarie preziosissime per sviluppare tecnologie avanzate, cosa che aprirebbe per i privati una sorta di nuova corsa all’oro. Siccome anche gli Stati basano le loro decisioni soprattutto su motivazioni economiche piuttosto che di tipo intellettuale ed etico, è naturale domandarci: la Cina e la Russia con i loro programmi per la Luna e per Marte faranno lo stesso? E l’Europa che strategia seguirà?
In questo clima di competizione dai rilevanti risvolti politici si sente il bisogno di ribadire le leggi del Diritto internazionale dello Spazio, come ha menzionato Mariasole Agazzi, studentessa in Scienze naturali interdisciplinari del politecnico di Zurigo, in un suo articolo dell’ottobre 2021: «l’uomo progetta di colonizzare la Luna e di raggiungere Marte con le stesse leggi riconosciute a livello internazionale di cui disponeva solo dieci anni dopo che Neil Armstrong aveva toccato la superficie lunare. È come se l’uomo cercasse di regolamentare il trasporto automatizzato con le stesse regole applicate alle prime automobili nel XIX secolo: il fallimento è inevitabile». Agazzi ricordava che nel 1967, in piena guerra fredda, le due super potenze mondiali spaziali di allora, Stati Uniti e Unione Sovietica, fecero firmare alle Nazioni Unite il «Trattato sullo Spazio extra-atmosferico», tutt’ora valido. Si compone di 17 articoli nei quali si stabilisce che l’esplorazione dello Spazio deve essere condotta nell’interesse di tutti, si vieta alle nazioni di prendersi risorse e di rivendicare la proprietà sui corpi celesti e di non usarli per scopi militari. Si stabilisce inoltre un regime di responsabilità per eventuali danni arrecati. Se si guardano oggi con gli occhi degli avvocati le formulazioni delle voci di questo Trattato, sorgono dubbi sulle interpretazioni che si potrebbero dare sul significato e sullo sfruttamento dei cosiddetti «beni comuni». Per questo una nuova legislazione planetaria appare necessaria, con un aggiornamento del Trattato del 1967 e l’aggiunta di regole più precise e inequivocabili. Non devono esserci zone grigie. Tanto più che un «Accordo sulla Luna» del 1978, che voleva mettere dei paletti allo sfruttamento lunare, fu firmato solo da 18 Stati, tra i quali non figuravano Stati Uniti, Russia e Cina e quindi risulta praticamente obsoleto. Negli ultimi anni ci sono stati segnali inquietanti di anarchia spaziale: nel novembre 2021 la Russia che lancia un missile contro un proprio satellite e lo fa andare in mille pezzi incurante dei danni che i detriti avrebbero potuto causare (anche alla Stazione spaziale parzialmente occupata dagli stessi russi), ma soprattutto il varo di una legge nel novembre 2015 del Congresso USA che conferiva unilateralmente alle aziende americane il diritto di possedere e vendere risorse estratte sui pianeti e sugli asteroidi, in chiaro contrasto con i primi articoli del Trattato sullo spazio. Questo per l’aspetto economico della questione. Per quello politico, sempre negli Stati Uniti, con una legge del 2019 è stato riorganizzato il comando militare aerospaziale nazionale in un nuovo servizio che dovrebbe «garantire libertà operative da e verso lo spazio». Cosa stiano facendo Russia e Cina ovviamente non si sa. Tuttavia quello spazio che si pensava come luogo di ricerca scientifica e cooperazione internazionale rischia di somigliare sempre di più a un campo di scontro politico-militare e a un nuovo Far West economico, con regole insufficienti per tutelarlo. I conflitti terrestri e i nostri pregiudizi sembrano già nello spazio, per lo meno a livello economico. Ma la Scienza con la S maiuscola guarda al bene dell’umanità, cerca di essere apolitica, non conosce frontiere. Deve allargare il nostro sapere, non l’ampiezza del borsellino.