Il coraggio di dire no

by Claudia
6 Novembre 2023

Lo scorso mese di agosto, Swiss Olympic ha avviato uno studio di fattibilità per verificare l’ipotesi di riportare i Giochi Olimpici invernali in Svizzera, 82 anni dopo l’edizione disputata a St. Moritz nel 1948. Al sondaggio lanciato dal nostro massimo organismo sportivo, il 56% degli intervistati ha risposto affermativamente. La notizia è passata quasi inosservata. Tuttavia, poche settimane dopo, Swiss Olympic è tornata alla carica, conscia del fatto che se c’è un paese in grado di allestire un’edizione invernale dei Giochi, ad alta sostenibilità economica e ambientale, è proprio la Svizzera. Si tratterebbe di un’edizione diffusa. Inaugurazione nella capitale olimpica Losanna, chiusura in quella federale a Berna. Gli eventi sportivi sarebbero distribuiti su dodici siti sparsi nel paese. «C’est l’argent qui fait la guerre» («Sono i soldi che fanno la guerra»). Questo detto vale molto spesso anche per gli eventi sportivi.

In mancanza, per ora, di una candidatura ufficiale, non circolano cifre. Tuttavia, se dovessimo ipotizzare il budget di un’eventuale edizione CH 2030, saremmo di certo nettamente al di sotto di quanto hanno speso coloro che hanno organizzato le recenti edizioni. Ad esempio, quella di Sochi 2014, in ossequio alla celebrazione della grandeur di Vladimir Putin, con i suoi 51 miliardi, guida nettamente la classifica degli spendaccioni. Di quell’avventura sono rimaste le macerie delle cosiddette cattedrali nel deserto. Segue Pechino 2022. In Cina hanno dichiarato 3,8 miliardi. Da inchieste indipendenti è risultato che in realtà il bilancio era dieci volte superiore.

In sostanza, la Svizzera riuscirebbe a spendere poco e a chiudere in attivo, accompagnata da robusti sponsor stimolati dalla sua credibilità. Certamente, le sue responsabilità se le deve assumere anche il Comitato Internazionale Olimpico. Con i tempi che corrono, il desiderio di ecumenismo, che suggerisce di portare i Giochi ovunque, deve sottostare a criteri rigorosi di sostenibilità finanziaria e ambientale. Senza perdere di vista i fondamentali aspetti politici. I delegati dovrebbero urlare il loro no granitico a paesi e regimi che schiacciano le minoranze e calpestano i diritti umani. Sotto questo profilo, il nostro Paese può rimanere sereno.

Si sa che il prossimo anno a Parigi sono attesi oltre 15 milioni di visitatori, per assistere a un’edizione estiva che dovrebbe costare attorno agli 8,8 miliardi di euro. Si sa anche che la previsione relativa all’impatto ambientale parla di 1,6 milioni di tonnellate di CO2, circa il 60 % in meno rispetto a Londra 2012 e Rio de Janeiro 2016. Quindi è possibile fare meglio e tornare su cifre più rispettose. La Svizzera potrebbe essere un esempio virtuoso. Trovo legittimo che Swiss Olympic ci creda. Con un’industria alberghiera fiorente, due aeroporti internazionali, una buona rete ferroviaria, costi e impatto ambientale potrebbero senza dubbio essere da record.

Tredici delle quattordici discipline in programma disporrebbero già delle adeguate infrastrutture. Mancherebbe solo uno stadio per il pattinaggio di velocità, per il quale si ipotizza una collaborazione con un paese confinante. Proprio come potrebbe accadere per le gare di bob, skeleton e slittino nell’edizione 2026, prevista a Milano-Cortina d’Ampezzo, che potrebbero svolgersi proprio a St. Moritz. In Italia si grida allo scandalo, anche se è comprensibile che non si vogliano investire 34 milioni per il ripristino dell’infrastruttura di Cesana che, terminate le Olimpiadi di Torino del 2006, è stata dismessa.

Per poter assistere di nuovo a dei Giochi Olimpici in Svizzera si dovrà dapprima passare sui banchi del Parlamento dello Sport, il prossimo 24 novembre. Poi si andrà verosimilmente verso una consultazione popolare. Se il popolo svizzero risponderà affermativamente, potremo fungere da esempio, magari da modello vincolante. Se invece griderà un chiaro no, dovremo avere il coraggio di richiedere a Swiss Olympic di non più inviare i nostri atleti a manifestazioni che ricalcano le modalità nefaste di Sochi 2014. Se non lo facessimo, saremmo verginelli da una parte, complici dall’altra.