Un sospirone di sollievo per la «Nati» degli intoccabili

by Claudia
4 Dicembre 2023

Nel 1996 Artur Jorge, vincitore nel 1985 della Coppa dei Campioni con il Porto, approdato sulla panchina della Svizzera, fece fuori alcuni fra i gioielli di famiglia: Stéphane Chapuisat, Adrian Knup e l’Angelo biondo Alain Sutter. Furono sostituiti da Ciriaco Sforza in cabina di regia e dai ticinesi Kubilay Türkyilmaz e Marco Grassi in attacco. Il debutto agli Europei inglesi del 1996 fu più che lusinghiero: uno a uno, nel vecchio stadio di Wembley contro i padroni di casa, con Kubi freddissimo nel siglare dal dischetto la rete del pareggio, e Grassi a sfiorare la sorprendente vittoria con un piattone da distanza ravvicinata che si stampò sulla traversa. Il prosieguo della manifestazione fu invece irto di difficoltà, così che il Mister portoghese, senza prove d’appello, fu costretto a fare le valigie.

Due settimane fa, in questa rubrica, peroravo la causa degli allenatori, spesso in balia di dirigenti tanto ambiziosi quanto incompetenti. Uomini consapevoli di essere sovente il capro espiatorio di responsabilità altrui. Ma questo discorso non vale per la nostra nazionale degli ultimi vent’anni. Köbi Kuhn, Ottmar Hitzfeld e Vlado Petković, hanno potuto portare serenamente a compimento il loro mandato, anche perché, tutto sommato, i risultati hanno dato loro ragione.

Sotto la guida di Murat Yakin andremo agli Europei in Germania. Quindi dovremmo guardare agli impegni futuri con sorridente ottimismo. Vent’anni fa avremmo salutato questo approdo facendo i caroselli per le strade cittadine. Il prossimo anno andremo invece alla Rassegna continentale con la consapevolezza di aver rimediato una magra figura in uno dei gironi più abbordabili della nostra storia recente. La Svizzera è stata capace di pareggiare o di perdere sfide che avrebbe potuto dominare. Poche idee e apparente mancanza di fuoco sacro, nella testa e nelle gambe, sono state la costante di una parabola preoccupante che ci ha premiati solo per demeriti altrui.

L’aspetto più inquietante si annida, secondo me, nelle difficoltà di gestione di questa lunga fase involutiva. In campo, nessuno ha saputo prendere la Nati per mano. Né gli esperti difensori di caratura internazionale, Akanji, Elvedi e Rodriguez, né il fantasista Xherdan Shaqiri, e neppure il capitano e regista Granit Xhaka. Men che meno ci è riuscito il condottiero in panchina, che non ha mai dimostrato di possedere doti di coaching e la personalità adatta per far girare le sorti di una partita. Se ammettiamo che si possa tradurre in parole il linguaggio del corpo, possiamo tranquillamente affermare che le numerose inquadrature di Murat Yakin durante le partite non vinte contro avversari palesemente inferiori, ci mostravano il volto e la gestualità minimalista di un uomo perso e spaesato.

Sopra questo marasma, si è barcamenata la Federazione, che ha preferito temporeggiare. Lo ha fatto quando ci fu un imbarazzante screzio tra il Mister e il Capitano. In quella circostanza probabilmente si preferì calmare le acque. Si è ripetuta quando non ha reagito prontamente alla decisione di Ardon Jashari di rifiutare la convocazione nella Under 21. Ma soprattutto si è presa tutti i rischi del caso concedendo a Murat Yakin di concludere il girone, anche se, molto probabilmente, un volto nuovo avrebbe dato all’ambiente la classica scossa che ci avrebbe portato agli Europei con meno patemi d’animo, più gioia e più speranza.

L’indomani dell’ennesimo deludente pareggio casalingo contro il Kosovo, il direttore delle squadre nazionali, Pierluigi Tami, aveva dichiarato che la Dirigenza si sarebbe chinata sull’ipotesi di affrontare gli Europei con un nuovo selezionatore, anche se il contratto di Yakin scadrà al termine della manifestazione. Puntualissima è giunta anche la sconfitta contro la Romania. Ciò nonostante le redini le manterrà ancora lui. Al termine della sfida, il CT ha radunato i «ragazzi» a centrocampo per un breve discorso. Intervistato dalla SRF su cosa avesse detto il Mister, Manuel Akanji ha risposto: «Non ho capito, c’era troppo rumore». Insomma, va tutto a meraviglia. La comunicazione tra panchina e campo scorre che è un godimento.

Magari la Svizzera vincerà l’Europeo e noi celebreremo l’impresa. Tuttavia, qualche minuscolo dubbio, qualche briciola di perplessità, mi pare sia doverosa.