Scrivere veloce, senza respiro

by Claudia
11 Marzo 2024

Il libro postumo della Murgia colpisce per il coraggio dell’autrice

«Desidererei scrivere ora, qui, pagine e pagine, ricordare tutto, dedicare un libro intero e più lungo di quello che state leggendo a un racconto così importante. Mi mancano però le risorse, il tempo soprattutto. Cambierò passo, andrò più veloce proprio dove dovrei soffermarmi. Gli abissi e i bagliori che agiteranno i prossimi paragrafi sono però solo increspature sulla superficie di un corpo d’acqua che nel mio cuore, prima che nel mio cervello, è sempre stato cristallino».

Il libro postumo di Michela Murgia è colorato (come il dettaglio di copertina nella foto), nella grafica e nella sostanza; ma è soprattutto un libro che colpisce per un particolare coraggio della sua autrice: quello di scrivere con fretta a proposito di temi che di fretta non potrebbero averne. Ed è quindi anche un ambizioso esercizio compositivo dedicato all’impegno e alle sue forme pubbliche, prodotto nei periodi di mancanza di fiato di cui sappiamo.

Quest’opera è un notevole lavoro, o lavorio, sulle parole, sul loro uso e sulla loro importanza dall’espressione stato interessante a queer

Nei contenuti, questo Dare la vita è un ragionamento, qua e là anche piuttosto assertivo, dedicato alle forme della filiazione, a quali valenze il verbo avere possa assumere nel sintagma avere figli. E anche alla considerazione della questione se il legame di sangue sia davvero imprescindibile nel definire un vincolo famigliare; se cioè un figlio per dirsi figlio o una figlia per chiamarsi tale debbano o meno essere stati o state generate per le vie naturali da una famiglia dotata del corredo «papà uomo, mamma donna» (insomma, è chiaro).

Certo il dibattito è infinito e non lo risolve un volume ottimo ma breve; nella discussione le posizioni opposte sono rispettabili ma sono anche cocciute e non di rado reciprocamente sorde. E c’è poi un altro aspetto cui volgere lo sguardo, più di fondo: spetta agli scrittori prospettare il bene della società e porre rimedio al male del mondo, qualsiasi esso sia e sempre ammesso che esso lo sia? (La risposta è tra parentesi: forse no; ma, sappiamo, il problema è affrontato da Walter Siti nel suo meraviglioso – spesso gli scritti di Walter Siti sono pieni di grazia e meraviglia – Contro l’impegno, Milano, Rizzoli, 2021).

Questo libro è infine un notevole lavoro, o lavorio, sulle parole, sul loro uso e sulla loro importanza: dall’espressione stato interessante a queer, ma anche a famiglia, a madre, a padre. Non si sbaglierà dicendo che l’attenzione costrittiva e poco tollerante alle parole e al loro uso adeguato è una premura che riguarda questa nostra modernità e in particolare quando a parlare siano le avanguardie della cura per un vivere armonico nei generi, del rispetto di forme affettive e sessuali alternative e dell’invito a stare lontano da razzismi e atteggiamenti socialmente inammissibili. Potrà sembrare strano che il lessico delle nuove libertà sia così chiuso entro significati letterali e usi raccomandati, per non dire dell’attenzione così fiscale e sanzionatoria nei confronti della grammatica rispettosa; del genere, dell’origine delle persone, delle comunità del disagio sociale e fisico che sia. Il trasferimento dei valori sulla lingua è un altro dei segni di questi tempi: il linguaggio pare essere diventato un utensile investito di responsabilità che vanno ben al di là delle intenzioni dei parlanti: posso fare del male anche se non lo so, usando male le parole della mia lingua.

I ragionamenti dell’autrice hanno infine il tono perentorio, fermo e definitivo del testamento. Ingrata forma, per temi che avrebbero meritato la sua riconosciuta sollecitudine e che assumono qui purtroppo la forma limitante dell’apprensione e dell’asserzione sommaria. Le voci in campo, come detto, spesso non si ascoltano le une con le altre, ma una parte è indubbiamente più flebile, perché non certificata da tradizioni religiose e dogmatismi politici, perché non sostenuta dall’abitudine dei costumi e da ultimo perché pregna di una sostanza nuova e per molti ancora misteriosa, talmente sconosciuta da generare quasi naturalmente il sentimento della paura. Dunque, leggiamo questo libro.