Come invidio la città di Zurigo, non solo per la sua bellezza, ma perché ha preso una decisione che sogno da anni! Chiedo scusa per la digressione personale ma ci sono tre cose al mondo che non tollero (tre è un numero al ribasso): il motocross, il cui fastidio pare abbia spinto al suicidio lo scrittore Guido Morselli, le moto d’acqua e i soffiatori di foglie.
In una votazione cantonale, gli abitanti di Zurigo, dio li benedica, hanno detto basta al rumore dei soffiatori di foglie e con una chiara maggioranza, del 61,7%, hanno deciso di vietare i modelli a benzina in città. Anche per quelli a batteria entrerà in vigore una limitazione: potranno essere utilizzati solo tra ottobre e dicembre; negli altri mesi dell’anno saranno autorizzati solo in casi straordinari, ad esempio per pulire le strade dopo la Street Parade.
Il soffiatore, la cui efficienza non è pari al fastidio che procura, ha da tempo sostituito il silenzioso e gentile rastrello. Forse i più giovani non sanno nemmeno cosa sia un rastrello, cosa siano i rabbi (i denti del medesimo), quale sia la sua funzione e perciò ignorano che con il rastrello si viveva in santa pace.
L’invenzione del soffiatore è datata 1970, anche se incerta è l’origine di fabbricazione. Sta di fatto che un bel giorno il soffiatore è apparso sulla scena e si sa solo che, a metà degli anni 70, la cittadina costiera californiana di Carmel è stata la prima a vietarne l’uso. Oggi gli strumenti da giardino a benzina sono vietati in tutta la California e centinaia di Comuni in tutto il Paese hanno bandito proprio i soffiatori che sono assordanti e inquinano. I governi del Texas e della Georgia, che sono invece in mano ai Repubblicani, hanno approvato leggi che vietano alle amministrazioni locali di emanare ordinanze che vietino l’uso dei soffiatori a motore tradizionali e quelli a motore elettrico. Insomma, il soffiatore è di destra o di sinistra?
Il dibattito ha coinvolto anche personaggi dello spettacolo. Secondo «il Post», «L’attrice Cate Blanchett è probabilmente la più agguerrita e tenace oppositrice dei soffiatori di foglie. “Devono essere eliminati dalla faccia della Terra”, ha detto di recente al conduttore del programma online SubwayTakes, che intervista ospiti famosi nella metropolitana di New York. Ma è una battaglia che Blanchett combatte da molti anni, da prima che diventasse argomento di una “guerra culturale” negli Stati Uniti. Li considera “una metafora di ciò che non va in noi come specie”, perché servono a “soffiare via la roba da un lato all’altro del nostro prato, mentre il vento la riporta indietro”».
La meraviglia di un prato coperto di foglie è un’immagine poetica e autunnale che evoca colori caldi e un tappeto naturale, simbolo di rinascita ciclica dove le foglie cadute (processo di corismo o defogliazione) preparano il terreno per nuova vita, richiamando temi come la caducità della vita (come nell’Iliade di Omero) e la bellezza effimera della natura.
Conviene dunque spostare il problema dall’ordine del fastidio a quello più propriamente naturale ed estetico. I colori (giallo, rosso, marrone) e il fruscio delle foglie calpestate creano un’atmosfera unica, ma indicano la fine di un ciclo vegetativo. La caduta delle foglie è un meccanismo di difesa della pianta per conservare energia e acqua, un gesto di «abbandono» necessario per sopravvivere e rigenerarsi in primavera. Le foglie decomposte arricchiscono il terreno, nutrendo le piante e creando un ambiente fertile per i nuovi germogli primaverili, un ciclo di morte e rinascita. Infine, la foglia caduta ricorda la fragilità e la bellezza delle generazioni umane, che passano ma lasciano spazio a nuove, come le foglie sugli alberi.
Un bel giorno si è deciso che «le feuillage», con i suoi colori meravigliosi, dovesse sparire dal nostro orizzonte culturale per essere sostituito dal giardino pulito, asettico, come se le foglie fossero segno di sporcizia.
Qui nasce un profondo problema epistemologico: ogni innovazione tecnica apre nuovi campi del «vedere», del «sentire», del «rappresentare». Il soffiatore ha fatto in modo che cambiasse la nostra visione della foglia, non più come ornamento naturale ma come «sporcatura» di un prato, persino di una strada. E così, la tecnologia non solo condiziona il gusto estetico, lo trasforma attivamente, ridefinendo cosa consideriamo bello, possibile, originale, o interessante. Si potrebbe dire che una concezione minimalista sia in parte figlia della tecnologia digitale (interfacce pulite, materiali industriali, eccetera).
Vado a rileggermi Il podere di Federico Tozzi, uscito postumo nel 1921, dove si parla ancora di rastrelli.