Le lettrici mi scrivono per chiedere la mia consulenza sui loro problemi sentimentali, apprezzando la mia vasta esperienza in quel campo.
«Caro Bruno, non ci conosciamo ma mi permetto di darti del tu, perché piaci tanto alla mia mamma che dice sempre che le ricordi suo nonno che quando lei era bambina morì ancora giovane per aver fatto un’indigestione di bollito misto. Io questo nonno non mai l’ho mai conosciuto ma ho visto una sua foto e trovo che non vi somigliate per niente; lui era un bell’uomo.
«Caro Bruno, ti ho detto prima che non ci conosciamo, ma non è esatto. Io sono quella cameriera che una volta ha trovato sul ripiano – del lavandino della toilette del ristorante dove lavoro – una dentiera ed è corsa in sala a chiedere alla tavolata di giornalisti che cenavano con l’assessore al Risparmio: “Chi di voi ha perso la dentiera?” E tu, prima ti sei toccato in bocca e poi hai risposto: “Io”. Ma non puoi ricordartene, chissà quante volte ti capita di dimenticare la dentiera in bagno.
«Lascia che ti spieghi il motivo per cui ti chiedo consiglio. Come avrai capito, sono sposata da oltre dieci anni. Ho conosciuto Alfredo al ristorante; era a cena con una combriccola di colleghi. Fin dagli antipasti ho notato che mi guardava con quell’occhio libidinoso che non promette niente di buono. Alla lunga ho iniziato ad avere paura che i suoi colleghi se ne accorgessero e incominciassero a prenderlo in giro tirandomi in ballo. Insomma non vedevo l’ora che quella cena terminasse; così per affrettare le cose mi sono messa a servire il caffè prima ancora che l’avessero ordinato. Giravo attorno al tavolo con la caffettiera ed era tanta l’agitazione che quando sono arrivata all’altezza della sedia di Alfredo sono inciampata e gli ho rovesciato il caffè bollente nella schiena. Non ha neanche gridato tanto rispetto all’ustione che gli ho procurato. Io ero sicura che avrei perso il posto ma lui mi ha subito perdonata. In cambio del perdono mi ha chiesto di uscire una sera con lui e io non ho potuto dirgli di no.
«Così ci siamo sposati e non posso dire che si sia trattato di un matrimonio infelice. Fin dal primo anno, a ogni anniversario del nostro matrimonio, Alfredo invita gli amici e pretende che, al termine della cena, io ripeta la scena del caffè versato nella sua schiena. Lui dice gli porta bene e per l’occasione indossa una camicia ridotta agli ultimi termini. Io preparo due caffettiere, una bollente per gli ospiti e l’altra appena tiepida da versare nel collo a mio marito. Io ogni volta lo prego di smettere con quella stupida cerimonia. Ma lui niente. Sembra quasi che me lo sentissi quello che stava per succedere.
«Per i primi nove anniversari è andato tutto secondo copione; al decimo, che ricorreva la scorsa settimana, non ti vado a scambiare le due caffettiere? Adesso sono qui che ti scrivo dal Centro Grandi Ustionati, mentre mio marito riposa. Gli hanno trapiantato un lembo di pelle di maiale e assicurano che non rimarranno segni visibili. A parte le setole, naturalmente.
«Alfredo mi ha perdonata e credo che non mi chiederà più di ripetere il giochino della caffettiera. E allora? Mi chiederai tu. Ebbene mio marito è in una stanza a due letti e il suo vicino, che non riceve mai visite, ha incominciato quasi subito a guardarmi con quell’occhio acquoso che aveva Alfredo dieci anni fa. Mi sono subito sentita turbata anche se da fuori non si vedeva. Così quando mi ha chiesto se per favore gli allungavo il piatto con la minestrina bella calda mi sono emozionata e gliel’ho rovesciata addosso. Tutta, tanto che poi hanno dovuto cambiarlo da capo a piedi. Ti dirò: la minestrina non aveva ancora finito di colare che io ero già innamorata persa di lui e lui di me. Anche se per un po’ ha continuato a urlare per il dolore.
«Adesso, mentre Alfredo dorme a pancia in giù, ci scambiamo dei bigliettini con promesse di eterno amore. Lui si chiama Carlo Sebastiano e vorrebbe che io lasciassi Alfredo e fuggissi con lui. Io sarei anche tentata di farlo ma ho paura che lui, a ogni anniversario della nostra fuga, mi chieda di rovesciargli addosso la sua minestrina calda (o meglio tiepida). Tu cosa mi consigli? Potrei, senza offenderlo, chiedergli di sottoscrivere un impegno solenne a non pretendere mai in futuro da me quello stupido rito della minestrina? Tua Ornella».
«Cara Ornella, non so cosa consigliarti, nelle mie innumerevoli storie sentimentali non ho mai avuto la disgrazia di amoreggiare con una cameriera maldestra. Inoltre, dovrei conoscere i gusti a tavola del tuo Carlo Sebastiano. Ci sono ottime ricette di piatti da servire freddi. Una curiosità: in quale istituto alberghiero ti sei diplomata? Tuo Bruno»