Il Falcone Maltese

by azione azione
22 Dicembre 2025

Il Falcone Maltese non è solo quel laborioso (per non dir pasticciato) noir firmato nel 1929 da Dashiell Hammett dal quale fu tratto il film di successo. Il rapace originale volava infatti alto da ben prima dei Fratelli Lumiere, simbolo di uno dei passaggi più epici (e problematici) del secolare incontro-scontro Oriente/Occidente.

Il 22 dicembre del 1522 finiva l’assedio che l’esercito di Solimano il Magnifico aveva iniziato il 26 giugno per farla finita con la presenza a Rodi dei Cavalieri Ospitalieri. Perduta nel 1291 la fortezza di Acri, ultimo ridotto cristiano in Terra Santa, a favore dei Mamelucchi, gli Ospitalieri avevano conquistato Rodi. Fortificata l’isola con bastioni d’ultima ingegneria, determinati alla rivincita e favoriti dalla posizione in vista della costa ottomana, gli Ospitalieri si riciclarono da cavalieri a marinai: la loro flotta, coadiuvata da corsari cristiani (o così definiti da entrambe le parti dello schieramento) scorrazzava in lungo e in largo sulla costa meridionale dell’attuale Turchia: una spina nel fianco che, ad un certo punto, Solimano il Magnifico decise fosse ora di estirpare. Già a maggio di quell’anno a Rodi si era venuti a sapere, grazie al network di spie sulla terraferma, che il Sultano stava ammassando un esercito di 100’000 uomini e trenta galee: intendeva andare all’assalto del Regno di Ungheria risalendo il Danubio, oppure – il perfido! – era solo un diversivo per poi invece far rotta su Rodi? Questo per settimane l’argomento di discussione alla tavola di Philippe de Villiers, Gran Maestro dell’Ordine. La diplomazia era al lavoro fra bluff e controbluff e giochi doppi e tripli. Rassicurato il 3 giugno il nuovo governatore del quartiere veneziano di Istanbul Andrea Gritti che comunque si fosse evoluta la situazione i possedimenti veneziani non sarebbero stati toccati, lo stesso giorno il Kapudan Pascià (Grandammiraglio) Kortoglu Muslihiddin Reis gli fece sapere che sarebbe presto salpato con la flotta alla volta di Rodi. In quelle stesse ore sulla costa di fronte a Rodi, per una serie di rocamboleschi rapimenti e controrapimenti di spie – soffiate e torture degne quelle sì di un giallo moderno – Ottomani e Ospitalieri vennero a conoscenza delle rispettive intenzioni. Seguirono mosse e contromosse: scappati i buoi dalla stalla (o il gatto fuori dal sacco – decidano i fedeli lettori dell’Altropologo) gli Ottomani seguitarono a blandire i Veneziani che sarebbe comunque stato business as usual… Nel frattempo ad Istanbul e a Rodi ci si adoperava gli uni a mobilitare i corsari turchi ad unirsi all’impresa, gli altri ad implorare aiuto ai «cristiani» (leggi veneziani) naviganti in zona. Fatto sta che il 26 giugno da Fethiye e Marmaris salparono 150 navi ottomane. Truppe da sbarco iniziarono scorribande nella campagna di Rodi, tenendosi però fuori portata dell’artiglieria dei difensori. Da Rodi furono sparati una decina di colpi di artiglieria pesante, ma le navi turche restarono fuori tiro.

Rodi era difesa da una cinta di mura lunga 3,5 km, raddoppiata o triplicata nei punti strategici. Potenti torri guardavano i camminamenti sulle mura. Fossati rinforzati, bastioni e spalti si affacciavano su un’area desertificata per quattro chilometri tutt’attorno la città per impedire rifugio agli assalitori. Donne e schiavi al lavoro. Un carico di 2000 botti di polvere da sparo sequestrati ad una malaugurata nave veneziana fattasi trovare in porto. In difesa per De Villiers: 15’000 fanti, 700 cavalieri, 500 arcieri e 3300 pezzi d’artiglieria – compresi gli archibugi. Poche galee, alcune fuste e brigantini, peraltro poco utili. All’attacco per Solimano il Magnifico: 100’000 fanti, centinaia di pezzi d’artiglieria, fra 110 e 150 galee leggere, 40 galee pesanti e circa 200 unità di naviglio leggero.

Seguirono mesi di assalti e contrassalti, brecce rintuzzate degli assalitori e sortite con variabile fortuna dei difensori. Perdite ingenti e soprattutto frustrazione da parte degli Ottomani fecero sì che Solimano, presente in persona, decidesse a un certo punto di far scorticare e (solo) poi decapitare suo cognato, inetto comandante. Poi, al prezzo di 50’000 morti di contro ai 2000 dei difensori, 28 galee leggere e 2 pesanti – più un numero imprecisato di naviglio minore, gli Ottomani finirono per vincere. Una vittoria di Pirro: capitolata Rodi dopo furiosi negoziati, il primo gennaio 1523 gli Ospitalieri sopravvissuti si imbarcarono su 50 navi assieme a 4000 civili esuli. Fu solo l’inizio: Ospitalieri e Ottomani si sarebbero rivisti (si fa per dire) a Malta (1565), dove gli Ospitalieri furono trasferiti al prezzo di un Falcone Maltese, tributo annuo al Vicerè di Sicilia. Poi – dulcis in fundo – a Lepanto (1571). Una storia infinita?