Riconoscere per tempo la maculopatia

by azione azione
15 Dicembre 2025

Una testimonianza e l’oftalmologo ricordano l’importanza di non ignorare i primi segnali dopo i 50 anni

«…un bel giorno ho iniziato a notare una macchia scura al centro della vista e guardando, ad esempio, le linee su un foglio, queste mi sembravano ondulate. Pensavo fosse stanchezza, ma l’oculista mi ha diagnosticato una maculopatia senile. All’inizio ero spaventato perché temevo di perdere la vista. Ora faccio iniezioni intravitreali regolari e controlli frequenti. La vista è stabile e ho imparato che, se scoperta presto, la malattia si può gestire bene. Non bisogna ignorare i primi segnali!», è la testimonianza di Carlo (nome noto alla redazione) che ha 68 anni.

La cosiddetta degenerazione maculare legata all’età (DMLE), nota anche come maculopatia senile, è una malattia che colpisce la macula che è la zona centrale della retina, responsabile della visione nitida e dei dettagli. I sintomi che si percepiscono vanno dalla visione centrale offuscata, alla distorsione delle linee rette o comparsa di una macchia scura al centro del campo visivo. Dal punto di vista epidemiologico, la DMLE colpisce soprattutto le persone sopra i 50 anni. Secondo Pro Senectute, Dynoptic e Retina Suisse «la DMLE inizia a comparire dopo i 50 anni e la sua frequenza aumenta con l’età: tra i 55 e 59 anni circa una persona su 30 è affetta, mentre oltre gli 85 anni la proporzione sale a circa una su 5». Anche nel Canton Ticino la situazione sembra simile a quella nazionale, sebbene manchino dati aggiornati specifici. A livello mondiale, gli studi internazionali concordano sul fatto che la DMLE rappresenta una delle principali cause di grave perdita visiva nelle persone anziane, e ciò ribadisce l’importanza di sottoporsi a controlli regolari dopo i 50 anni.

Ne abbiamo parlato con il dottor Leandro Oliverio, specialista in Oftalmologia e vice direttore della Clinica Swiss Visio a Bellinzona, il quale conferma innanzitutto l’incidenza della malattia per rapporto all’aumento della speranza di vita: «Certamente, l’aumento dei casi di degenerazione maculare è strettamente legato all’invecchiamento della popolazione. Oggi viviamo sempre più a lungo e gli studi confermano che il rischio cresce con l’età: tra le persone di novant’anni, fino al 70% può sviluppare questa patologia». Il medico spiega che la maculopatia è una patologia subdola perché spesso i sintomi compaiono quando è già in uno stadio avanzato: «Ne esistono due forme principali: la secca, che evolve lentamente a causa dell’atrofia dei fotorecettori retinici, e quella umida, che progredisce più rapidamente per la formazione di nuovi vasi anomali che perdono liquido, alterando la funzione visiva». In entrambi i casi «la visione centrale viene compromessa, mentre quella periferica resta in genere conservata, per cui la persona non diventa completamente cieca ma può avere gravi difficoltà nel riconoscere volti, oggetti o leggere». Il dottor Oliverio sottolinea quindi l’importanza dei controlli oculistici regolari: «Visite regolari dallo specialista oftalmologo con l’esecuzione del fondo oculare consentono di individuare precocemente la malattia».

A questo proposito, lo specialista ricorda i suggerimenti dell’associazione americana di oftalmologia che consigliano visite ogni due anni dopo i 65 anni, e ogni uno-tre anni fra i 55 e i 65, sottolineando però che «una diagnosi tempestiva permette di rallentare la progressione della degenerazione maculare». Per il nostro interlocutore appare quindi evidente che dopo i 65 anni sarebbe opportuno intensificare le visite di controllo per chi ha famigliarità (fattore di rischio): «Diciamo che bisognerebbe stringere l’intervallo indicato proprio a causa della famigliarità o altri fattori di rischio presenti».

La prevenzione è quindi un aspetto fondamentale, strettamente legato al fatto che, una volta diagnosticata, la progressione della malattia può essere rallentata, soprattutto perché esistono diversi fattori di rischio modificabili su cui è possibile intervenire: «Adottare uno stile di vita sano può contribuire a ridurre la probabilità di sviluppare o di far progredire la degenerazione maculare: non fumare, proteggere gli occhi dai raggi ultravioletti e seguire un’alimentazione equilibrata, ricca di verdure a foglia verde, frutta e pesce azzurro, sono comportamenti protettivi per la retina». L’oftalmologo aggiunge che una dieta di tipo mediterraneo, insieme all’assunzione di integratori a base di vitamine ed antiossidanti specifici per il supporto al metabolismo retinico, «si è altresì dimostrata utile nel rallentare l’evoluzione della malattia», confermando così quanto la prevenzione sia strettamente legata alle scelte quotidiane.

Quindi, per la diagnosi della degenerazione maculare legata all’età, oltre alla visita oculistica con dilatazione della pupilla si utilizzano esami strumentali specifici. «Il principale è l’OCT, una tomografia a coerenza ottica che, in modo non invasivo, permette di ottenere immagini tridimensionali della retina e di individuare anche le alterazioni più precoci, distinguendo tra forma secca e umida. In alcuni casi si esegue anche la fluorangiografia, un esame più invasivo che prevede l’iniezione di un colorante endovenoso per visualizzare i vasi sanguigni retinici». Per quest’ultimo, Oliverio rassicura sul fatto che è considerato sicuro e di routine, con un rischio minimo di complicanze. Oltre alla correzione dei fattori di rischio modificabili («in particolare il fumo di sigaretta, che aumenta in modo significativo il rischio e l’aggressività della malattia») le opzioni terapeutiche dipendono dalla forma della degenerazione maculare: «Nella forma secca, il trattamento punta soprattutto a rallentarne la progressione attraverso integratori specifici a base di vitamine ed antiossidanti, la cui efficacia è supportata da solidi studi scientifici. In ogni caso, recentemente (per la forma secca, ma già da molti anni per quella umida) sono state introdotte anche terapie intravitreali, ossia iniezioni eseguite direttamente all’interno dell’occhio, con lo stesso obiettivo di contenere l’evoluzione della malattia». Sulle iniezioni intraoculari il medico rassicura tuttavia i pazienti, spiegando che «nonostante possano suscitare timore, queste iniezioni sono procedure rapide, poco invasive e generalmente indolori, spesso percepite come meno fastidiose di un semplice prelievo di sangue».

La prognosi della degenerazione maculare legata all’età varia in base alla forma e alla tempestività con cui viene diagnosticata e trattata: «Nella forma secca, l’evoluzione è generalmente lenta e può consentire di mantenere una buona visione centrale per anni, anche se la perdita visiva, una volta instaurata, non è recuperabile. Nella forma umida, invece, il decorso può essere più rapido, ma le iniezioni intravitreali, se effettuate tempestivamente, permettono in molti casi di stabilizzare la vista e talvolta di ottenere un parziale recupero visivo». Il medico sottolinea la diagnosi precoce e ricorda che il monitoraggio costante sono fondamentali in entrambe le forme, «perché l’efficacia dei trattamenti dipende in larga misura dalla rapidità dell’intervento». Infine, le prospettive future sono promettenti: «La ricerca sta sviluppando terapie geniche in grado di migliorare la funzione retinica e rallentare l’evoluzione della malattia con un numero ridotto di iniezioni». A dimostrazione che oggi l’oculistica è uno dei campi più avanzati nella sperimentazione genetica, «grazie anche alla possibilità di osservare direttamente l’occhio».