La prima donna a guidare la Chiesa anglicana

by azione azione
27 Ottobre 2025

Potentissime, la nomina di Sarah Mullally ad arcivescova di Canterbury ha suscitato critiche negli ambienti conservatori

Fino a pochi anni fa non potevamo sapere quanto una mitra stesse bene su un caschetto biondo, con un volto femminile aperto e intelligente a sostenere la grandiosità del paramento. Cambiano i tempi e cambia pure l’iconografia, ora che Sarah Mullally è diventata arcivescova di Canterbury, la massima autorità spirituale dell’anglicanesimo (mentre la massima autorità amministrativa). Prima donna dopo 105 uomini nella storia della Chiesa d’Inghilterra, iniziata nel 597 quando Agostino di Canterbury arrivò nel Kent da Roma, istituzione che oggi conta oltre 85 milioni di fedeli nel mondo. «Nel caos apparente che ci circonda, nel mezzo di una profonda incertezza globale, la possibilità di guarigione risiede solo in atti di gentilezza e di amore», ha dichiarato Mullally, che dal 2026 in poi avrà davanti a sé una miriade di compiti erculei, tra cui quello di riempire le chiese sempre più vuote e prendere posizione nei dibattiti etici del mondo occidentale, ma anche quello di gestire le sensibilità rigide e conservatrici di alcune comunità molto dinamiche ma contrarie alla leadership femminile.

L’arcivescovo uscente, Justin Welby, è stato spinto a dimettersi prima della scadenza naturale dei 70 anni per una «marcata mancanza di curiosità» verso un terribile caso violenze perpetrate da un avvocato e leader spirituale di campi estivi cristiani fin dagli anni Sessanta-Ottanta. L’uomo, John Smyth, frustava i bambini e i ragazzi in una casupola nel giardino di casa sua, sfruttando l’enorme influenza che aveva su questi giovani di ottime famiglie, provenienti da scuole che, per non intaccare la propria reputazione, hanno preferito allontanarlo, prima in Zimbabwe e in poi Sudafrica, senza preoccuparsi delle altre vittime che nel corso degli anni hanno superato di molto il centinaio. Tra loro c’era anche un sedicenne affogato dopo uno dei tipici bagni che Smyth amava fare insieme ai ragazzi nudi, ennesimo capitolo di uno scandalo di abusi non solo sessuali. E Welby, che conosceva l’uomo dagli anni Ottanta, non ha fatto niente per portarlo davanti alla giustizia prima della sua morte, avvenuta nel 2018.

Solidità umana

La Chiesa anglicana reca i segni del vecchio impero britannico e delle enormi disuguaglianze, economiche, sociali e teologiche, all’interno della cosiddetta «comunione». Basterà la solidità umana e teologica della nuova arcivescova, oltre alle evidenti doti di mediazione che ha dimostrato fin da quando, a soli 36 anni, è stata nominata capo del servizio infermieristico inglese, con 400mila persone sotto di lei? Basterà la profonda spiritualità che, dopo essersi avvicinata alla religione a 16 anni, l’ha portata a scegliere di fare l’infermiera oncologica e non la dottoressa per dare un senso più completo e profondo al concetto di cura? Mullally, 63 anni, dislessica, sposata e madre di due figli, sacerdote dal 2002, vescova di Londra dal 2018, è una scelta potente, che sa di modernità e di progresso. «Sono naturalmente sovversiva», ha detto di sé, e la sua nomina, seppur attesa, apre un divario profondo anche con il Vaticano, dove papa Leone XIV ha detto che intende continuare sulla linea di apertura di Francesco, pur ritenendo «altamente improbabile» che si arrivi alle ordinazioni femminili. Ma i problemi principali riguardano il dialogo all’interno della comunione, le critiche giunte dal Sudamerica e dalla Nigeria, dove i cristiani sono 20 milioni e devono vedersela con gli attacchi di Boko Haram e di altri gruppi radicalizzati che, soprattutto al nord, hanno fatto 52mila vittime in 14 anni. Martiri veri e propri.

L’arcivescovo Henry Ndukuba, primate della chiesa anglicana locale, ha definito la nomina di Mullally «un evento triste» e ha affermato il suo allineamento con la Global Anglican Future Conference, Gafcon, che raccoglie le chiese più conservatrici delle 40 e passa di comunione anglicana, quelle fra cui l’arcivescova è «primus inter pares». Ciascuna ha giurisdizione, e solo alcune di queste hanno approvato l’ordinazione femminile, che in Inghilterra è arrivata nel 1985, seguita dal presbiterato nel 1995 e, 10 anni fa, dalla prima donna vescovo.

Dio ama tutti

«Io intendo essere una pastora che permetta al ministero e alla vocazione di ciascuno di fiorire», ha detto Mullally, la cui nomina alla «cattedra d’Agostino» è stata approvata da Re Carlo, formalmente capo della Chiesa d’Inghilterra. Dicono sia molto decisa nel seguire una linea di persuasione morale in modo da tenere insieme le differenze, tanto che uno dei suoi motti è: «Se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano vai insieme». Fermamente contraria al suicidio assistito, è invece considerata molto aperta sulle coppie omosessuali. «Quello che dobbiamo ricordare è che si tratta di persone, e la Chiesa cerca di dimostrare amore a tutti, perché riflette il Dio dell’amore, che ama tutti», ha affermato dopo essere stata una delle principali fautrici della benedizione per le coppie stabili e aver affermato che la Chiesa deve avere gli occhi aperti «sul male che abbiamo fatto» soprattutto alle persone LGBT. L’appuntamento è per il 25 marzo prossimo, alla cattedrale di Canterbury, quando avverrà l’insediamento ufficiale di Mullally: un momento storico per una tradizione che abbraccia la modernità.