Archivi sensibili e resistenze emotive

by azione azione
13 Ottobre 2025

Teatro: le zone d’ombra della memoria contemporanea, al centro della 34esima edizione del Fit di Lugano

Il tema della memoria è l’ossessione del nostro tempo. Una giusta e doverosa ossessione visto che il rischio è l’oblio o peggio l’amnesia programmata come risultato di spinte reazionarie, fra silenzi e censure, declinazioni tendenziose della Storia per superficialità e ignoranza, per indifferenza o ignavia. Fortunatamente c’è ancora l’indignazione dell’intelligenza, della cultura, la consapevolezza del presente di persone perbene che non accettano la manipolazione.

Alla memoria e al presente era dedicata la 34esima edizione del Festival internazionale del teatro e della scena contemporanea (Fit) da poco conclusasi a Lugano dopo dieci giorni di teatro, performance, danza e incontri orientati alla scoperta di nuovi linguaggi e modalità artistiche spesso in contrasto con le convenzioni e destinati a un pubblico trasversale.

Come per ogni festival che si rispetti anche al Fit ci sono spettacoli che piacciono di più e altri un po’ meno, spettacoli più coerenti con la linea editoriale e altri no. Tuttavia è un festival che promette sempre molte emozioni e che vuole riuscire a sorprendere grazie a un’offerta che i cartelloni tradizionali non possono proporre per non destabilizzare il pubblico degli abbonati, generalmente più conservatore.

A festival ormai concluso possiamo gettare uno sguardo su alcune produzioni fra le più interessanti, anche se al momento di andare in stampa manca all’appello qualche spettacolo.

Ci piace iniziare con due artiste nostrane a cui il Fit tiene particolarmente: Francesca Sproccati e Camilla Parini. Con Venir meno, performance proposta in apertura, la Sproccati ha messo l’accento sul rapporto fra la sua storia personale (il bisnonno partigiano) e una dimensione onirica ancestrale, un sogno ricorrente nella speranza di una vita che possa superare le ingiustizie, senza odio né violenza, nel segno di una resistenza sostenibile. Avvolta dalla penombra, con sottofondi elettronici (Léo Colin) e riflessioni in vocoder, Francesca disegna una trama di memorie attorno alla rivendicazione di poter riavere uno spazio per sognare.

Camilla Parini ha inaugurato Sentieri selvaggi, un progetto triennale dedicato a giovani fra i 17 e 22 anni con una presentazione dal titolo accattivante: Se volevo vivere sotto pressione nascevo pentola. Un lavoro che è una sorta di manifesto di sensibilità e vulnerabilità raccolte coinvolgendo adolescenti di varia provenienza. E il risultato è un percorso intenso e toccante nell’ascolto dei giovani attraverso le pagine di loro diari scritti per l’occasione.

Fra gli spettacoli ad appassionare il pubblico non possiamo dimenticare Asteroide di Marco D’Agostin, un originale omaggio al musical con una trama bizzarra, immersa nella paleontologia, dalla ricerca delle cause dell’estinzione del Tirannosaurus Rex per poi annegare nel ricordo di un amore finito male. 80 minuti di generosa prova d’attore, danzatore, cantante con una sintassi teatrale come manifesto di una nuova generazione artistica.

Anche quest’anno il Fit non ha fatto mancare gli appuntamenti con il teatro documentario, in particolare con El pacto del Olvido di Sergi Casero sulle pilotate amnesie post-franchiste e Voices from the Debris di Mila Turajlić, una meticolosa ricerca negli archivi cinematografici della ex Jugoslavia.

Rimarrà infine negli annali la maratona per i due drammi di Cechov Tre sorelle e Il gabbiano con la regia di Carmelo Rifici, un dittico del grande autore russo riletto alla luce di una memoria che sfida l’attualità del presente.