Addobbi naturali

by azione azione
15 Dicembre 2025

Debutta al LAC il nuovo Schiaccianoci nella versione di Mauro Bigonzetti

Viene rappresentato sempre nelle festività natalizie, ma non dite a Mauro Bigonzetti che Lo schiaccianoci di Ciajkovskij è «il balletto del Natale». Il grande coreografo italiano (ha diretto il Corpo di Ballo della Scala, le sue creazioni, che comprendono esperimenti come Caravaggio e Dante, sono danzate in tutto il mondo) firma lo spettacolo che debutta al LAC prima di approdare in Italia; ad accompagnare la MM Contemporary Dance Company sarà l’Orchestra della Svizzera Italiana diretta da Philippe Béran.

Da dove nasce questo Schiaccianoci?
È un’idea del LAC. Quando me l’hanno proposta era molto titubante: assieme al Lago dei cigni e a Giselle è «il balletto» per antonomasia, come dire Traviata nell’opera: è una sfida, bisogna confrontarsi con una tradizione immensa per quantità e qualità; pensare a qualcosa di nuovo non solo era ambizioso, è stato anche difficilissimo: l’ho visto da bambino e poi da adulto, da spettatore e guidando il corpo di ballo, l’ho danzato in vari ruoli, compreso il Principe, ne ho studiato tantissime versioni. Ogni nota mi evocava scene, immagini, movimenti, gesti. Non li ho scacciati, piuttosto sono stati il sostrato su cui è sbocciata e maturata la mia visione.

A cosa ha pensato?
Alla fiaba originale di Hoffmann, con tutte le zone di mistero e di subconscio che ogni sua storia ha. Siccome si ambienta alla Vigilia di Natale è stata spesso ridotta a una storiella natalizia, una vicenda che scintilla tra festoni e confetti. Ciò ha portato a interpretazioni edulcorate e stereotipate, che tradiscono le intenzioni dell’autore. Le faccio due esempi. All’inizio siamo in casa, c’è l’albero addobbato; ma quando, verso la fine, si sbucherà in un bosco che omaggia le Alpi svizzere, ci saranno ancora gli abeti, ma senza festoni e addobbi, totalmente naturali: qui a dettare l’atmosfera non è il Natale, ma la natura, e infatti addobberà a suo modo gli alberi, con fitte nevicate.

Il secondo esempio?
Fritz, il fratello della protagonista Clara, è sempre stato un personaggio marginale, mentre Hoffmann gli dà grande rilievo; così ho fatto anch’io, qui è un protagonista. E la scelta è ancor più significativa pensando che in scena ci sono 22 ballerini, di contro ai canonici quaranta-cinquanta; ho eliminato alcuni personaggi come i genitori, ho tolto i soldatini, che pur essendo nell’originale proprio non mi piacevano, ma Fritz non solo è rimasto, ma ha un ruolo importante.

Dobbiamo aspettarci novità anche con Chiara e lo Schiaccianoci?
Sì, e nel momento topico di tutto il balletto, quello che ogni appassionato aspetta: il Grand Duo, quando lo Schiaccianoci si trasforma in Principe. La tradizione ne ha sempre fatto un momento di alta spettacolarità tecnica, una serie di movimenti e gesti belli, ma stereotipati, tipici del gusto ottocentesco; anche le versioni più moderne e audaci mantengono invariato questo momento. Però questa serie di movimenti non riesce a esprimere i veri, profondi sentimenti dei due personaggi: più che due umani, talvolta sembrano due burattini. Invece da una parte c’è lo Schiaccianoci che scopre per la prima volta dei sentimenti e ne è travolto; dall’altra c’è Clara che da bambina diventa donna e scopre l’amore, non quello infantile, ma quello di una ragazza che è cresciuta e ha una consapevolezza e una sensibilità nuove.

Ha eliminato i soldatini. E i topi?
Non mi piacciono neppure quelli, e infatti li ho sostituiti con delle figure un po’ particolari: sono esseri umani, ma indossano strani pellicciotti che non c’entrano nulla con gli altri costumi in scena, e portano dei vistosi occhialoni a goccia; tra questi e i pellicciotti un po’ ricordano i topi, ma è una suggestione che coglie chi conosce la storia.

Altri cambiamenti?
Non di rado si tagliano anche alcune parti della musica di Ciaikovskij, o se ne modifica l’ordine. No, qui abbiamo voluto rimanere totalmente fedeli alla partitura originale, non manca neppure una nota, e non aggiungiamo nessun effetto sonoro o rumore che certe produzioni introducono. La storia è esattamente quella di Hoffmann-Ciaikovskij, non inventiamo nulla, anzi, cerchiamo di riportarla alla sua essenza più vera.

Sarà quindi uno Schiaccianoci più realista, più verista, anche più duro?
Dipende dal livello a cui lo si guarda. Più duro sì, nel senso che non ci saranno quelle espressioni artefatte e manierate tipiche della tradizione, ma un’espressione più immediata e convincente delle emozioni che i personaggi vivono, e in questo dunque è anche più verista. Però realista nel senso stretto non direi, perché il tono fiabesco, quasi disneyano rimane. I balli tipici del secondo atto – le danze cinese e araba, il trepak russo e così via – mantengono il loro carattere esotico, sono cartoline dal mondo ritratte anche da precise scelte scenografiche, che Carlo Cerri ha realizzato in 3D oltre che materialmente; ad esempio, la neve scenderà davvero sul palco e al contempo creerà illusionistiche slavine tra i boschi svizzeri.

Dove e quando
Lo schiaccianoci, Lugano, LAC.
Ve 19 e sa 20 dicembre ore 20.00; do 21 dicembre ore 17.00.
www.lac.ch