In un villaggio greco segnato dallo spopolamento la comunità femminile preserva la cultura e promuove l’ecoturismo
Mentre nel mondo le tregue si inseguono senza mai compiersi – pensiamo alla guerra in Ucraina, dove i negoziati restano incerti, e a Gaza, dove il cessate-il-fuoco è continuamente violato – ci ritroviamo in un villaggio greco remoto, teatro di una vicenda sorprendente.
Qui, lontano dai conflitti globali, la vita quotidiana rivela un’altra forma di resistenza: quella di un paese in cui la donna ricopre un ruolo centrale, detenendo la proprietà economica e il potere decisionale. Questo tipo di società , che l’antropologia preferisce definire matrilineari o matrifocali, piuttosto che veri e propri «matriarcati» – termine che suggerirebbe un dominio femminile assoluto – rappresentano una sfida silenziosa al modello patriarcale dominante. Tra gli esempi contemporanei si annoverano anche i Mosuo in Cina, celebri per la pratica del matrimonio itinerante e per la figura della nonna a capo della famiglia allargata, e i Minangkabau dell’Indonesia, il più grande gruppo etnico matrilineare al mondo, dove eredità e terra passano di madre in figlia.
Isolamento ed ereditÃ
Ma noi, come detto, siamo in Grecia: Karpathos, la seconda isola più grande del Dodecaneso che custodisce una peculiarità sociale e storica unica in Europa, il villaggio montano di Òlympos. Arroccato sulle pendici del monte Profitis Elias, Òlympos fu fondato intorno al 1420 dagli abitanti delle città costiere di Karpathos. La sua posizione isolata non fu casuale: essa rappresentava la conclusione di un processo plurisecolare di ritiro dall’Egeo, iniziato già nel VI secolo d.C. con le popolazioni locali messe in fuga dalle minacce marittime, tra cui i devastanti raid iconoclasti dell’impero bizantino e gli attacchi dei Saraceni. La fondazione di Òlympos fu dunque la definitiva fortificazione per trovare rifugio dalle incessanti incursioni piratesche che ancora affliggevano le coste. Tale necessità difensiva plasmò la conformazione del villaggio conferendogli un aspetto compatto, con case ammassate le une sulle altre, ma l’isolamento profondo dato dall’assenza di acqua corrente, elettricità e strade asfaltate si protrasse fino agli anni Ottanta.
Proprio da questo isolamento e da una serie di specifiche leggi di successione nacque una delle ultime società a forte impronta matriarcale del Continente. A differenza del sistema patriarcale prevalente nella Grecia continentale, a Òlympos la gestione economica e la proprietà terriera erano storicamente affidate alle donne. Il sistema di eredità , concepito per preservare l’integrità dei limitati appezzamenti di terra, stabiliva che la figlia primogenita ereditasse per intero la proprietà della madre. Gli uomini che sposavano le primogenite si trasferivano nelle case delle mogli, riaffermando in questo modo l’autorità femminile.
Il sistema garantì alle donne un ruolo fondamentale di leadership economica e sociale. Quando, a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta, le migrazioni di massa spinsero gli uomini a lasciare l’isola in cerca di lavoro specialmente negli Stati Uniti e in Australia, le donne rimaste indietro divennero le responsabili de facto della comunità : custodi del focolare, amministratrici delle finanze e gestrici delle attività agricole e commerciali. Oggi tale realtà si manifesta nel paesaggio quotidiano del villaggio. Come si arriva a notare già dopo poche ore di permanenza, il paese sembra quasi del tutto in mano alle donne che reggono il commercio. Le donne sono le matrone che gestiscono i ristoranti, le botteghe artigianali e le pensioni. Gli uomini, al contrario, sono spesso visti in taverna o seduti al kafeneio a oziare, un’osservazione che riflette il ribaltamento (o consolidamento) dei ruoli.
Le donne sono custodi di un patrimonio culturale che traspare anche dal loro modo di vestire. Molte donne anziane continuano a portare la kavái, l’elaborato abito tradizionale che riflette l’identità della famiglia, del villaggio, ed è motivo di orgoglio. Non è raro incontrarle così abbigliate anche a Pigadia, la città principale dell’isola, a testimonianza che l’abito è indossato nella vita (e negli affari) di ogni giorno e non solo per la scena turistica di Òlympos. Gli uomini tendono invece a vestire abiti moderni. Le donne di Òlympos sono le principali depositarie anche di un dialetto greco arcaico con forti influenze doriche. Il viaggiatore inglese James Theodor Bent, che visitò Karpathos con la moglie Mabel alla fine dell’Ottocento, sostenne che per comprenderlo al meglio era consigliabile affidarsi al dizionario di greco antico, un dettaglio che sottolinea la profondità del lungo isolamento culturale di Òlympos.
Bivio esistenziale
Anche la creatività femminile è legata all’economia. Sono le donne a realizzare l’artigianato locale (tessiture, ricami, le caratteristiche ciabatte con il pon-pon), e sono loro a custodire le ricette ancestrali. I piatti più noti della cucina locale, come le makarounes (pasta fatta a mano condita con formaggio di pecora o capra e cipolle caramellate), sono state tramandate dalle donne del posto. Oggi Òlympos si trova a un bivio esistenziale. Nonostante la tenacia, la popolazione residente è precipitata da circa 1200 abitanti del 1947 ad alcune centinaia di residenti permanenti del 2021. Per i residenti più anziani, figli e nipoti sono spesso simili a turisti di passaggio che ritornano solo d’estate. Il rischio più grave è la chiusura della scuola locale, che conta solo una manciata di studenti. A causa del calo demografico, entro la fine del 2025 chiuderanno circa 766 delle oltre 14mila scuole presenti in Grecia, non raggiungendo il requisito minimo di 15 alunni. I residenti di Òlympos sanno che una chiusura definitiva segnerebbe la fine di questa comunità così unica. In tale contesto di crisi, il turismo è diventato una questione di sopravvivenza e le donne sono le pioniere del cambiamento in corso. Figure come Evangelia Agapiou, fondatrice di Ecotourism Karpathos, guidano programmi di ecoturismo controllato, con l’obiettivo di attrarre piccoli gruppi che partecipino ad attività come lezioni di cucina e visite guidate a beneficio diretto dei locali.
La questione per Òlympos non è dunque ideologica, ma ha che fare con la sopravvivenza della cultura tradizionale: il turismo è un «demone» che trasforma le donne in comparse in costume, o la panacea che permette al villaggio di non estinguersi? In un contesto di spopolamento, la scommessa di Òlympos è sulla sopravvivenza dell’intera comunità . Riconoscendo l’iniziativa delle sue donne, custodi del patrimonio culturale e al tempo stesso pioniere dell’ecoturismo, il villaggio cercherà di preservare l’unicità della sua tradizione dalla marea montante della modernità . Il suo successo sarà la storia di una delle ultime grandi resistenze culturali del Mediterraneo.

