Alessio Bro (e il figlio)

by azione azione
8 Dicembre 2025

Sono in libreria. Sto scandagliando lo scaffale di poesia.
«Lei ama la poesia?», dice una voce maschile dietro la mia spalla sinistra.
Mi giro. Vedo un ometto che potrebbe avere la mia età – io ne ho 65 –, con addosso un cappotto blu e sulla testa dei capelli neri neri che sembrano finti.
«Sono un lettore di poesia», dico.
«E che genere di poesia legge?», dice l’ometto.
«Seguo la poesia italiana, principalmente», dico.
«La poesia italiana», dice l’ometto.
«Sì», dico.
Cerco di non guardargli con troppa insistenza i capelli.
«E le sembra che questo sia un buon momento per la poesia italiana?», dice l’ometto.
«Mah», dico. «La maggior parte dei libri di poesia che si pubblicano sono brutti, ma era così anche trent’anni fa o cent’anni fa. Quando trovo un libro all’anno che mi sembri buono, veramente buono, sono contento. Mi pare già tanto».
«E ne trova, uno, all’anno?», dice l’ometto.
«Ma sì», dico.
«Lei conosce il poeta Alessio Bro?», dice l’ometto.
«È lei?», dico.
L’ometto sorride.
«No», dice. «È mio figlio».
«Non l’ho mai sentito nominare», dico.
«Posso recitarle una sua poesia?», dice Bro.
«Prego», dico.
Bro si drizza, si mette in posa. Ho l’impressione che il movimento produca un infinitesimale scivolamento verso destra della sua massa capelluta.
«Papà», dice con enfasi, «se anche tu non fossi il mio papà, io ugualmente ti amerei, così come sei, per quello che sei—».
«È Sbarbaro», dico.
«Prego?», dice Bro.
«È una poesia di Camillo Sbarbaro, questa», dico.
«E chi è Camillo Sbarbaro?», dice Bro.
Mi giro, prendo dallo scaffale il Meridiano Mondadori con tutte le poesie di Sbarbaro. Cerco la pagina.
«Ecco», dico. «Padre, se anche tu non fossi il mio Padre, se anche fossi a me un estraneo, per te stesso, ugualmente t’amerei».
«Non è proprio uguale», dice Bro.
«Insomma», dico.
«Potrebbe anche essere stato questo… questo Sbarbaro a copiare da mio figlio», dice Bro. «Il libro è uscito un anno fa».
«Sbarbaro è morto da quasi sessant’anni», dico. «Il libro che contiene questa poesia è del quattordici. Mille e novecento».
«Può essere una coincidenza», dice Bro.
«I suoi capelli sono finti?», dico.
«Come si permette?», dice Bro.
«Secondo me sono finti», dico.
Bro diventa rosso rosso.
«Sì, sono finti», dice. «Lei ha qualcosa da ridire?».
«No», dico. «Saprebbe recitarmi un’altra poesia di suo figlio?».
«Sì», dice Bro: «Di questi tempi l’amore è ancora praticabile? Sicuramente sì; io lo pratico, lo vedi, con te, papà; nella vita quotidiana lo pratico; nella vita di ogni giorno».
«Questo è Sanguineti», dico.
Bro sbuffa. «E chi è, questo Sanguineti?», dice.
Di nuovo mi giro, prendo il tascabile Feltrinelli con l’antologia delle poesie di Edoardo Sanguineti; leggo: «la poesia è ancora praticabile, probabilmente: io me la pratico, lo vedi, in ogni caso, praticamente così: con questa poesia molto quotidiana –».
«Basta!», dice Bro.
Rimetto a posto il libro.
«Gli hanno anche pubblicato un libro!», dice Bro. «Un libro intero!».
Ormai è paonazzo. Si sbottona il cappotto.
«E io gli ho dato fiducia», dice Bro. «Io ho creduto in lui, in lui come poeta».
«Quanto ha pagato?», dico.
«Quanto ha pagato chi?», dice Bro.
«Suo figlio», dico. «Per il libro».
«Ho pagato tutto io», dice Bro.
«Quanto?», dico.
«Tremilacinquecento», dice Bro.
«Poteva andare peggio», dico.
«Lei non capisce», dice Bro.
«Che cosa non capisco?», dico.
«I soldi non contano», dice Bro. «Sa come si intitola il libro?».
«Papà», dico.
«Ma allora lo conosce!», dice Bro.
«Ho tirato a indovinare», dico.
«E ha indovinato», dice Bro. Allarga le braccia. «Tutto finto». Lascia cadere le braccia. «Finte le poesie. Finto il libro. Finti il suo affetto e la sua ammirazione per me».
«Non drammatizziamo», dico.
«Adesso, quando torno a casa, mi sente», dice Bro. «La ringrazio. Lei mi ha aperto gli occhi».
Si gira. Fa due passi. Si volta ancora a guardarmi.
«Comunque questi», dice, e si mette una mano nei capelli, li tira. «Questi, come vede, sono veri!».
Se ne va.